Io sono, legato poetico che chiude il Canto generale, ricostruisce le varie stagioni della vita di Pablo Neruda, a partire dai giorni dell’infanzia fino a lambire l’attualità del presente. Al contrario dell’altra autobiografia poetica Memoriale di Isla Negra, segnata dal dubbio e dal ripiegamento, Io sono rivela una struttura compatta che afferma uno sviluppo organico e unitario, in cui l’autore si accampa sul testo nella piena coscienza di se stesso e della sua poesia. I primi componimenti ricostruiscono il periodo dell’infanzia trascorsa nella casa familiare del padre ferroviere, unita al ricordo della pioggia australe nel vasto paesaggio della selva. Le liriche successive registrano i primi assalti del cuore del ragazzo innamorato: amore timido e incerto, unito all’odore della madre selva nelle giornate vuote di solitudine. Poi il trasferimento e gli studi a Santiago, e ancora nuovi incontri sentimentali e viaggi lontani, fino al soggiorno nella Spagna lacerata dalla guerra civile, dove nasce il grande amore per Delia del Carril. La storia privata si salda continuamente con l’evento sociale, fino a comprenderne il canto collettivo e l’epica dell’antico Messico, instaurando un processo che lega mito e storia, e in cui l’io polarizza il messaggio con la sua voce attualizzante.
Io sono è dunque l’autoritratto di un’esperienza umano-poetica fondata su una visione positiva, che accoglie e fonde l’istanza privata, il motivo sociale con la nascita della vocazione letteraria; il canto, nella sua profonda unità e autonomia, risponde a un requisito più volte invocato da Neruda: la necessità per il poeta di essere, almeno in parte, “cronista della sua epoca”. Ma se ciò è vero per l’opera Confesso che ho vissuto, nel caso di Io sono la cronaca denuncia tutti i segni di un viaggio iniziatico che pone al centro dell’autoesegesi la nascita e la rivelazione della parola poetica (Gabriele Morelli).