Tre famosi giornalisti e tre diverse storie di conversione: da un’altra religione, l’islam (Magdi Allam); dall’ateismo “scientifico” e militante (Jean-Claude Guillebaud); dal cattolicesimo vissuto pigramente (Carlo Nesti). In tutti e tre i casi, la scoperta (o riscoperta) di Cristo porta ad una vita nuova. La storia più nota è quella di Magdi Allam, che ha assunto come nome da convertito quello di Cristiano, per rendere il più esplicita possibile la propria nuova convinzione. Il famoso giornalista, battezzato dal Santo Padre durante le cerimonie pasquali dell’anno scorso, ha poi scoperto come il nome che si era scelto era appartenuto ad un monaco cistercense, che nel XIII secolo divenne il primo vescovo della Prussia e che si batté per l’evangelizzazione della sua gente, senza però rinunciare all’idea che questa non dovesse essere forzata, talvolta in contrasto con le pressioni dei cavalieri dell’Ordine Teutonico. «Esattamente l’opposto dell’islam – sottolinea Allam – che non si preoccupa della qualità libertaria della conversione e considera il proselitismo come una crescita quantitativa degli aderenti. Invece, anch’io come San Cristiano credo profondamente nel sodalizio tra la testimonianza della fede e la libertà di scelta. Ciò mi affascina e mi ha convinto della verità del cristianesimo, a cui ho aderito volontariamente e responsabilmente». Eppure in Italia ci sono molti che seguono il percorso opposto ad Allam, aderendo all’islam dopo aver abbandonato il cattolicesimo: si parla di circa 10.000 nostri connazionali, la maggior parte dei quali ha fatto tale scelta per venire incontro ai desideri della moglie musulmana, cui la legge islamica impone un marito musulmano affinché i figli, concepiti come proprietà del padre, siano obbligatoriamente educati nella fede islamica.
«È del tutto evidente che si tratta di conversioni ipocrite e fasulle. Come è radicalmente diverso l’approccio del cristianesimo! Ai catecumeni è infatti normalmente prescritto un lungo percorso spirituale, affinché possano avere la certezza della nuova fede cristiana». Questa è una delle tante differenze tra una «religione del libro» quale l’islam (e non solo), come aveva spiegato ad Allam monsignor Fisichella duranti gli incontri per i battezzandi, e la nostra «religione della testimonianza viva di Gesù», tra il “dio incartato” rappresentato dal Corano e la bellezza del Dio vivente, Gesù. Mentre in Italia il vicedirettore del Corriere superava l’islam, in Francia un altro noto giornalista, Jean-Claude Guillebaud, corrispondente del laicista Le Monde, abbandonava l’ateismo per aprirsi alla fede cristiana. La sua testimonianza è interessante proprio perché viene da uno dei maitre-à-penser della sinistra laicista, atea ed anticlericale francese. «Non sono affatto sicuro di essere diventato un “buon cristiano” – scrive umilmente l’autore – ma credo profondamente che il messaggio evangelico conservi un valore fondamentale per gli uomini del nostro tempo, compresi coloro che non credono in Dio». Magari si tratta di parole che appariranno scontate a chi è già credente, ma che comunque scuotono le “sicurezze” di chi fa dell’ateismo e dell’agnosticismo l’unico credo accettabile. E dall’ateismo militante veniamo ad un terzo caso, molto diffuso nel nostro Paese, che riguarda chi, pur continuando professarsi cattolico, in realtà si comporta in maniera non diversa dall’agnostico. È il caso di Carlo Nesti, noto giornalista sportivo, che negli ultimi anni è tornato ad una fede profonda, vissuta non solo formalmente, ma intensamente. Sostituire lo psicologo con un sacerdote, con la preghiera, con la lettura del Vangelo sono i suoi semplici, ma validissimi consigli. Il profondo vuoto esistenziale di Nesti – nonostante il suo indiscutibile successo lavorativo – è stato colmato nell’unica maniera possibile, curato non con i palliativi tanto amati dai nostri contemporanei (per i quali il direttore spirituale è stato sostituito dallo psicanalista o dallo psicologo), ma con il “semplice” ritorno alla spiritualità che la vita moderna tende a relegare in secondo piano (si possono perdere ore ed ore davanti alla televisione, ma non si hanno mai quindici minuti per recitare un rosario…). Tre libri diversi, con tre testimonianze diverse, ma altrettanto importanti, per riprendere la coscienza della necessità di una vera religiosità nella vita quotidiana.
Tratto dalla rivista Radici Cristiane n. 42 - Marzo 2009