La fede e l'amore di sé. F. Fenelon e la coscienza religiosa nell'età cartesiana
(Dissertatio. Series mediolanensis)EAN 9788871051536
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DETTAGLI DI «La fede e l'amore di sé. F. Fenelon e la coscienza religiosa nell'età cartesiana»
Tipo
Libro
Titolo
La fede e l'amore di sé. F. Fenelon e la coscienza religiosa nell'età cartesiana
Autore
Cappa Francesco
Editore
Glossa Edizioni
EAN
9788871051536
Pagine
365
Data
2003
Collana
Dissertatio. Series mediolanensis
COMMENTI DEI LETTORI A «La fede e l'amore di sé. F. Fenelon e la coscienza religiosa nell'età cartesiana»
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Recensioni di riviste specialistiche su «La fede e l'amore di sé. F. Fenelon e la coscienza religiosa nell'età cartesiana»
Recensione di Francesco De Carolis della rivista Studia Patavina
La pregevole ricerca sul Fénelon, corredata da ampia bibliografia sull’epoca e sull’autore , è un’interessante analisi di un pensatore e uomo di fede non sempre pienamente compreso; ciò nonostante i molti riferimenti a quanto egli scrisse ed espresse in tante sue opere di vario argomento, tutte mai del tutto prive di novità da conoscere e rimarcare.
Riflettere su Fénelon significa interrogarsi sulla spiritualità moderna e sui problemi che egli dovette affrontare in un’epoca complessa che, sotto l’influenza della filosofia cartesiana e del nuovo razionalismo, richiedeva nuove sintesi originali dal punto di vista filosofico, critico e della teologia cristiana.
Nell’introduzione al lavoro, P.A. Sequeri sottolinea la poliedricità , talora inesplorata , di Fénelon, che seppe appunto dare contributi attualissimi dalla mi-stica alla letteratura e alla pedagogia: «il fatto è che Fénelon si trova proprio in quella zona di transizione in cui si comincia ad abbozzare una nuova figura dell’intellettuale ecclesiastico e dell’intelligenza cristiana, dove il rilievo di questa separazione è percepito come insufficiente anche per le esigenze culturali del nuovo intellectus fidei richiesto dal mutamento dell’epoca» (pag. XII). Proprio ricollegandosi a questo bisogno di una ricerca ancora inedita, l’autore ha descritto validamente l’opera di Fénelon in riferimento a due pensatori emblematici della sua epoca, Spinoza e Malebranche. Ad esempio, parlando di Spinoza e dando le coordinate del suo pensiero, l’autore si richiama al concetto, così discusso, della visione o conoscenza intellettuale di un Dio impersonale. Egli rimarca il bisogno, più o meno realizzato da Spinoza, di riconnettere ontologia e antropologia e prospettare un orizzonte di salvezza e di eternità per la mente umana. Se l’immanentismo spinoziano è profondamente discutibile, l’esigenza di un rapporto più profondo tra uomo e Dio è avvertita in termini nuovi nel cristianesimo del Fénelon: superando, nota l’autore, le proprie presupposizioni ed attese, l’uomo, secondo Fénelon, si scopre capace di cooperare più profondamente al piano divino e di avvertire liberamente la forza della Grazia che opera in lui.
Fénelon prospetta un’antropologia, non solo filosofica, che porta l’uomo a ritrovarsi oltre l’egoismo e l’egocentrismo e a cogliere la sua spiritualità come fiduciosa apertura al divino. L’interesse della tematica nella spiritualità cristiana dell’oggi è indubbio; su questa base va anche inteso tutto il discorso del Fénelon sull’amore e sulla crescita spirituale e progressiva che porta a quella fede matura che la modernità giustamente esige proprio perché avverte i suoi stessi limiti e le sue stesse unilateralità. Su questa base, l’autore costruisce un discorso che potrà essere utile per quanti ricercano, anche nella storia, punti di vista nuovi e originali per la formulazione di un’antropologia filosofica e teologica orientata, nel contesto dell’oggi, a riproporre i motivi di fondo del messaggio cristiano.
Ecco perché l’autore può notare: «La tematica approfondita consente di rinvenire nel legame tra annientamento dell’io e realizzazione di sé il contesto logico di un nucleo di riflessione che, formalmente confermato nella nostra contemporaneità dall’esaurimento del predominio della coscienza razionale e dalla conseguente perdita del carattere vincolante che la tradizione occidentale ha per secoli attribuito alla strumentazione relativa al sapere cui essa faceva ampiamente ricorso, ristabilisce la pertinenza dell’interrogativo circa le forme di sapere non omologabili con questo protocollo» (p. 345).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Riflettere su Fénelon significa interrogarsi sulla spiritualità moderna e sui problemi che egli dovette affrontare in un’epoca complessa che, sotto l’influenza della filosofia cartesiana e del nuovo razionalismo, richiedeva nuove sintesi originali dal punto di vista filosofico, critico e della teologia cristiana.
Nell’introduzione al lavoro, P.A. Sequeri sottolinea la poliedricità , talora inesplorata , di Fénelon, che seppe appunto dare contributi attualissimi dalla mi-stica alla letteratura e alla pedagogia: «il fatto è che Fénelon si trova proprio in quella zona di transizione in cui si comincia ad abbozzare una nuova figura dell’intellettuale ecclesiastico e dell’intelligenza cristiana, dove il rilievo di questa separazione è percepito come insufficiente anche per le esigenze culturali del nuovo intellectus fidei richiesto dal mutamento dell’epoca» (pag. XII). Proprio ricollegandosi a questo bisogno di una ricerca ancora inedita, l’autore ha descritto validamente l’opera di Fénelon in riferimento a due pensatori emblematici della sua epoca, Spinoza e Malebranche. Ad esempio, parlando di Spinoza e dando le coordinate del suo pensiero, l’autore si richiama al concetto, così discusso, della visione o conoscenza intellettuale di un Dio impersonale. Egli rimarca il bisogno, più o meno realizzato da Spinoza, di riconnettere ontologia e antropologia e prospettare un orizzonte di salvezza e di eternità per la mente umana. Se l’immanentismo spinoziano è profondamente discutibile, l’esigenza di un rapporto più profondo tra uomo e Dio è avvertita in termini nuovi nel cristianesimo del Fénelon: superando, nota l’autore, le proprie presupposizioni ed attese, l’uomo, secondo Fénelon, si scopre capace di cooperare più profondamente al piano divino e di avvertire liberamente la forza della Grazia che opera in lui.
Fénelon prospetta un’antropologia, non solo filosofica, che porta l’uomo a ritrovarsi oltre l’egoismo e l’egocentrismo e a cogliere la sua spiritualità come fiduciosa apertura al divino. L’interesse della tematica nella spiritualità cristiana dell’oggi è indubbio; su questa base va anche inteso tutto il discorso del Fénelon sull’amore e sulla crescita spirituale e progressiva che porta a quella fede matura che la modernità giustamente esige proprio perché avverte i suoi stessi limiti e le sue stesse unilateralità. Su questa base, l’autore costruisce un discorso che potrà essere utile per quanti ricercano, anche nella storia, punti di vista nuovi e originali per la formulazione di un’antropologia filosofica e teologica orientata, nel contesto dell’oggi, a riproporre i motivi di fondo del messaggio cristiano.
Ecco perché l’autore può notare: «La tematica approfondita consente di rinvenire nel legame tra annientamento dell’io e realizzazione di sé il contesto logico di un nucleo di riflessione che, formalmente confermato nella nostra contemporaneità dall’esaurimento del predominio della coscienza razionale e dalla conseguente perdita del carattere vincolante che la tradizione occidentale ha per secoli attribuito alla strumentazione relativa al sapere cui essa faceva ampiamente ricorso, ristabilisce la pertinenza dell’interrogativo circa le forme di sapere non omologabili con questo protocollo» (p. 345).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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