Da molti anni ormai mi sono convinto che gli angeli esistono. Questa convinzione non viene da un'impostazione teologica, ma si è andata formando in me lentamente, dal basso, per così dire, osservando la vita e gli esseri umani. Ignoravo che sugli angeli esistesse una letteratura sterminata, religiosa e filosofica, anche contemporanea. Sono rimasto colpito quando ho visto che «The Economist» del 20 dicembre 2008 pubblica un articolo di ben tre fitte pagine intitolato: Angels, con sottotitolo: Angels are notable for their trespassing into the modern world. (...) La riflessione sull'esistenza degli angeli nasce dalla mera osservazione di quante persone cattive, corrotte, amorali, distruttrici, incapaci e idiote mi capita di incontrare ogni giorno, e dalla connessa, spontanea domanda: ma come è possibile che nonostante tanto male, il mondo vada avanti e, talora, anche abbastanza bene? (...) C'era però ancora un punto importante che dovevo sistemare. Per la tradizione cristiana, ebraica e musulmana, gli angeli sono creature invisibili, immortali, di natura spirituale e non corporale. Invece gli angeli che io vedevo erano uomini e donne in carne ed ossa, concrete, ordinarie, anche se in essi si notava qualcos'altro di non visibile. La conferma alle mie idee l'ho poi trovata. Dunque la via è aperta.Marco Vitale Ci voleva un economista, nel solco della più nobile e autentica tradizione di questa scienza fatta per l'uomo, con l'autorevolezza di chi sa affrontare la realtà in modo pragmatico, per ridarci un po' di respiro in quest'epoca in cui il mito del più forte si sta imponendo anche nelle forme estreme del bullismo e della sopraffazione. Marco Vitale raccoglie i ricordi di alcuni "angeli" incarnati in persone vere e reali che ha incontrato nella sua vita e li descrive con tratti semplici e struggenti. (...) Gli Angeli nella Città dà sostanza ad una verità incontrovertibile - che invano si tenta di nascondere esaltando la dimensione oggettiva di un mercato senza volto e senz'anima, che conta solo sull'onnipotenza della tecnica -. E cioè che la forza per andare avanti, per andare "oltre", sta nella persona umana, nella soggettività interiore, nelle qualità di uno spirito generoso, sensibile, solidale con l'altro, in cui competenze e umanità si fondono. Gli angeli raccontati da Marco Vitale sanno cogliere l'essenziale, rifiutano i formalismi, trasformano le minacce in opportunità, le preoccupazioni in contesti sereni, le fragilità in energia benefica. Prendono a cuore le esigenze dell'altro, gli infondono fiducia, lo accompagnano con naturalezza nel superare i limiti della paura, della disperazione, della sofferenza, della solitudine, dell'insicurezza. Gli stanno vicino. Stanno con lui. E questo "stare con" è l'architrave di tutto.Dalla Prefazione di Angelo Ferro
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Giuseppe Davide Mirabella, giusemira@gmail.com il 29 ottobre 2010 alle 09:25 ha scritto:
Scorrendo l’ampio curriculum dell’Autore di questo agile volumetto, posto alla fine del libro, si rimane impressionati dai tanti incarichi di responsabilità in campo finanziario e accademico (non ultima la co-fondazione della Libera Università Carlo Cattaneo di Varese); la sua sensibilità unita alle capacità dirigenziali lo hanno condotto alla nomina di Commissario Unico per gli aiuti umanitari in Kosovo (Missione Arcobaleno) e ad istituire un fondo di microcredito con il Nobel M. Yunus. Cattolico, è studioso di Dottrina Sociale della Chiesa; le sue attività sono molteplici (da ricordare la partecipazione al Consiglio della Fondazione FAI) e le pubblicazioni su temi economici all’attivo sono svariate.
Il libro di Marco Vitale, originalissimo per quanto intimo, contiene quadri di vita vissuta, episodi, storie, che hanno spinto l’Autore a dire che sì, gli angeli esistono, anche nelle forme di “uomini e donne in carne e ossa, concrete, ordinarie”.Il testo si inserisce in un contesto tutto da delineare: teologia in chiave personale per neofiti?, oppure, libro biografico?, pamphlet per tutti coloro che credono ancora in un mercato con un’anima e un volto? Esso è un po’ tutto questo, dove il lemma più importante e presente è “stare con”, con i sofferenti, i disperati, i soli e dimenticati. Una critica: l’aneddotica è per introdotti in certa letteratura della buona borghesia cattolica del Nord, fin troppo circostanziata e forse un taglio più cosmopolita avrebbe conferito al libro più importanza e rilevanza: insomma l’Autore, bresciano di nascita, ha fin troppo Milano nel cuore! Ma chi gliene può fare un torto?!
Lo scopo del libro, più o meno dichiarato è che l’angelologia, seppur esistente come scienza teologica, non può non notare come uomini e donne in carne ed ossa possano comportarsi come angeli, messaggeri, ausiliari delle nostre umane difficoltà e dimostrare che l’architrave di tutto si trova in quello “stare con” e andare “oltre” trovando la forza nella soggettività interiore. “Gli angeli tratteggiati dall’Autore colgono l’essenziale, rifiutano i formalismi, trasformano le minacce in opportunità, le preoccupazioni in contesti sereni, le fragilità in energia benefica” (dalla Prefazione di Angelo Ferro, Presidente dell’Unione Cristiana degli Imprenditori e dei Dirigenti).
L’incipit del libro parla chiaro e definisce un contesto, quello cristiano: “Da molti anni ormai mi sono convinto che gli angeli esistono”. E poi l’Autore chiarisce che, prendendo le mosse da un articolo di «The Economist» del 20 dicembre 2008 dal titolo “Angeli. Gli angeli sono notevoli per il loro sconfinare nel mondo moderno” (traduzione del recensore), in cui si tratteggiavano figure di perfetti sconosciuti che nell’agitarsi del mondo moderno “Fanno il loro lavoro e portano con sé abbastanza denaro per aiutare uno straniero a uscire dai guai. Poi spariscono.”, egli fu spinto a una seria documentazione sull’argomento scomodando Tommaso d’Aquino e il francescano Francesco Eiximenis; tentando di tratteggiare Gli angeli nella città. Scrive l’Autore, “La mia riflessione sull’esistenza degli angeli nasce dalla semplice osservazione di quante persone cattive, corrotte, amorali, distruttrici, incapaci ed idiote mi capita di incontrare ogni giorno, e della connessa, spontanea domanda: ma come è possibile che, nonostante tanto male, il mondo vada avanti e, talora, anche abbastanza bene? (corsivo mio, pag. 20).
Il libro non ha capitoli, ma quadri di intensa vita vissuta, intervallati da illustrazioni molto delicate e consonanti (di Sonia Maria Luce Possentini): essi cominciano con lo stupore dell’Autore che indica alcuni passi biblici, come quello paolino che invita all’ospitalità (Eb 13,2), per poi dispiegarsi in una serie ben scandita di racconti, aneddoti, vite esemplari che hanno intersecato la vita di colui che, con le sue ferme convinzioni nel cuore, si accorge sempre più che esistono anche angeli in carne ed ossa.
Come quando, nel primo quadro (L’angelo della dogana), nel caos di una dogana pachistana nell’“88, dove erano depositati materiali per una spedizione alpinistica (Vitale è un discreto scalatore), tra l’indifferenza e la noncuranza di svariati addetti, si presentò un uomo bianco vestito e con ampio sorriso che risolse le pratiche velocemente e, in luoghi dove la corruzione è talvolta la regola, emettendo una regolare fattura di dieci dollari.
L’altro angelo (L’angelo del lavoro) era Pietro Peli (1892-1972), instancabile contadino reduce da Libia e Grande Guerra, figura “fondamentale” nella crescita di Marco Vitale bambino. Il racconto si intreccia con gli anni della Resistenza, il cui padre dell’Autore partecipò, affidando il figlio e i suoi giovani compagni alle cure dell’“Arabo” (nomignolo dovuto alla Campagna di Libia) Piero, burbero, saggio e laborioso. “L’era ‘n poeta” la gente mormorava al funerale. Ma il Vitale adulto si ricordò tardi e a malincuore di quell’uomo che lo sgridava quando giocando correva sulla terra arata, rendendo duro e arido il terreno, “antieconomico” scoprirà più tardi. Scrive l’Autore: “Quei maledetti dieci anni in cui non si pensa a nulla se non al lavoro!” Piero l’“Arabo”, ammalato di tumore ritrova l’ormai maturo Marco e fu “al suo letto al momento del sereno distacco”. “Il sentiero dei giusti è come luce che spunta e va via via più risplendendo, finché sia giorno pieno” (Pr 4,18).
Un altro angelo ancora (L’angelo del corridoio) era un anziano ed anonimo signore che in camice bianco e affabile sorriso “metteva ordine nei movimenti dei visitatori” di un corridoio del Policlinico di Milano, guidandoli, consigliandoli, aiutandoli, con “modi da vecchio gentiluomo”, tutto questo volontariamente e gratuitamente. Il racconto di questa piccola opera di volontariato permette all’Autore di parlare in modo smaliziato di malasanità, di meriti e demeriti e, indovinate un po’?, di “demoni, [che] grazie alla politica, dominano di solito i piani alti, dove si comanda e gira il denaro”.
Altra storia, stavolta drammatica ed eroica, è quella di Annalori Gorla Ambrosoli (L’angelo della sofferenza), colpita giovanissima dal lutto dell’adorato fratello, ufficiale di Marina, caduto in una regata, e poi dall’assassinio, avvenuto nel ’79, del marito, il più noto Giorgio Ambrosoli, liquidatore della Società-truffa di Giuffré, il banchiere di Dio, e rigorosissimo osservatore dei movimenti finanziari di Sindona. Incarico scottante in una Italia che qualcuno chiamerà dei misteri, che lo porta alla morte da eroe borghese e rafforza sempre di più l’angelica moglie Annalori, donna paziente, silenziosa, di alta dignità: “Ci sono dei morti che non muoiono mai. Uno di questi è Giorgio Ambrosoli: per Annalori, e non solo per lei. Passano gli anni, passano i decenni, i figli crescono, si sposano, fanno figli, ma Giorgio è sempre al fianco di Annalori: vivo, presente, autentico come allora”. Annalori, secondo l’Autore “É un Giobbe al femminile; ma a differenza di Giobbe, non si è mai lamentata. Ed ogni sventura, invece di indebolirla, la faceva crescere in fortezza e generosità”. L’ultimo colpo è la morte del figlio Filippo. Marco Vitale stavolta ha sentito e si è unito al pianto di Annalori, dopo tutte queste prove affrontate con estrema forza: “agli angeli è concesso piangere”.
Segue al racconto biografico di Annalori Gorla Ambrosoli, quello di Rinaldo Cappella detto “Rini”, L’angelo dell’amicizia e della gioia, scomparso nel 1996 all’età di cinquantaquattro anni, lasciando un vuoto tra i suoi tanti amici, tra cui l’Autore. Il racconto è preceduto da una massima di Dietrich Bonhöffer: “Vivere con gli altri non per dovere, ma per l’abbondanza delle ragioni di vivere.” É proprio l’abbondanza di gesti, talenti, relazioni erano le caratteristiche di Rini, disegnatore e ispettore tecnico-commerciale alla FIAT, responsabile per le attività extra-didattiche dell’Università di Castellanza, ma anche amante della montagna, sportivo autentico, podista che coinvolgeva in questa disciplina lo stesso figlio dell’Autore, Luca. Per Marco Vitale “É stata una fortuna immensa conoscere un angelo dell’amicizia e della gioia”. “Io vengo da Dio e da Dio voglio tornare” (Sinfonia n. 2, Gustav Mahler, Resurrezione), era parte del messaggio comune tra amici per gli auguri del Natale del ’95. Profetica!
Gli angeli della speranza: don Gino Rigoldi, don Antonio Loffredo, don Luigi Ciotti. Milano, Napoli, Torino e non solo, problemi diversi da affrontare e i tre sacerdoti lo fanno stupendamente, angelicamente.
Don Gino con la Comunità Nuova-Onlus, accoglie bambini e minori con problematiche familiari o sociali, recupera dalle tossicodipendenze, fa aggregazione giovanile, previene l’esclusione sociale.
Don Antonio, invece, pozzo di idee, si inventa la cooperativa sociale La Paranza per le visite guidate a Napoli e poi La Casa del Monacone, Bed & Breakfast a ridosso della Basilica di Santa Maria della Sanità – ma anche altre iniziative. Non a caso il cardinal Sepe lo nomina nel 2007 direttore della pastorale sociale e del lavoro dell’Arcidiocesi di Napoli e poi la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra gli affida le Catacombe di Napoli, “con il chiaro mandato di contrastare, col rilancio turistico delle Catacombe, l’atavico degrado socio-economico del Rione Sanità.”
Un altro angelo è don Luigi Ciotti, creatore della associazione Libera, impegnata nel contrasto alla Mafia e nel ricordo delle numerose vittime. L’Autore si augura “che gli angeli della speranza restino a lungo tra noi e che il loro numero aumenti.”
Come detto, l’Autore ha Milano nel cuore, infatti l’ultimo sferzante quadro porta il titolo di Gli angeli qui a Milano: ce ne è per tutti, per quelli che non hanno rilanciato la Metropoli, disapprovando, per quelli che come i City Angels, fanno ronde nonviolente da un quindicennio portando solidarietà e sicurezza, per quelli che usano movimenti ecclesiali come Comunione e Liberazione, indicato come né più, né meno un “gruppo di potere”. Non ha peli sulla lingua Marco Vitale; forse l’osservatorio milanese da cui scrive e in cui opera lo porta a guardare a quell’“oltre” per poi esaminare la coscienza e a portarsi a “stare con”: “respingiamo con vigore e senza timore – gli angeli ci aiuteranno – le ronde, i razzismi, e tutto l’armamentario neofascista e barbaro che nasce dalla Lega (cito testualmente, pag. 128, ndr) e che viene diffuso in città dai demoni, uomini e donne delle tenebre.”
Ultimo pensiero all’Enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI: “Dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore. (…) La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova progettualità.”
Speriamo che ogni prossimo pensiero dell’Autore sia sempre il penultimo. E se fosse anch’egli un angelo?