Il ritorno delle Virtù
-Temi salienti della Virtue Ethics
(Le frecce) [Libro in brossura]EAN 9788870947281
L’ampiezza delle ricerche e del dibattito sulle virtù negli ultimi cinquant’anni ha raggiunto tale importanza, che suscita stupore il fatto che siano assai pochi gli studiosi che ne fanno una rassegna critica. Alcune sono state fatte, ma in modo molto selettivo e sommario, sia quanto all’area linguistica sia quanto all’area disciplinare (filosofia, teologia, psicologia). Il giovane Autore del volumetto che sto recensendo è ricercatore in filosofia morale presso l’Università Cattolica di Milano, ed ha al suo attivo due volumi: La felicità del bene. Una rilettura di Tommaso d’Aquino (Milano, Vita e Pensiero 2002) e L’utilità del bene. Jeremy Bentham e il conseguenzialismo (Milano, Vita e Pensiero 2004).
Ora sta preparando un volume sull’etica delle virtù, dopo che, nel volumetto che presento, ha fatto una rassegna sulla Virtue Ethics coltivata nella filosofia di lingua inglese. Anche in questo ambito, già limitato, la sua attenzione va solo ad alcuni temi salienti e più interessanti, ch’egli espone in tre capitoli. Nel primo capitolo considera alcune critiche alle etiche moderne, deontologiche o conseguenzialiste: viene notata la loro enfasi sul dovere, la trascuranza dell’amore e dell’amicizia, l’insufficienza delle norme, la trascuranza sul ruolo delle emozioni, la prospettiva della terza persona anziché della prima persona. Nel secondo capitolo egli esamina i contributi costruttivi della Virtue Ethics sulla natura delle virtù, sulla non relatività delle virtù, sulla funzione della narrazione e dell’imitazione nella formazione delle virtù, sulla funzione della ragione pratica e della phronesis nella prassi virtuosa, sul benefico influsso delle virtù etiche nell’esercizio delle virtù dianoetiche, sulla virtù nella vita intersoggettiva e nell’amore per le persone. Nel terzo capitolo si sofferma su alcuni problemi ch’egli nota nella Virtue Ethics, per la soluzione dei quali le etiche delle virtù di Aristotele e di Tommaso d’Aquino gli sembrano più convincenti: essi riguardano l’individuazione delle azioni virtuose, l’identificazione degli atti intrinsecamente malvagi, la considerazione delle conseguenze dell’agire, l’ordinamento a Dio dell’azione virtuosa. Il mio resoconto sul libro procede per temi perché è il libro stesso che procede in questo modo. L’Autore infatti non intende delineare lo sviluppo storico della Virtue Ethics, né identificare varie teorie delle virtù, né verificare la recezione della Virtue Ethics nella filosofia morale recente. Si è concentrato su questi temi, perché gli servono come materiale per il saggio più sistematico che egli sta redigendo e che sicuramente richiede un impegno maggiore.
Da questa rassegna infatti dovrebbe emergere poi il filo conduttore d’una filosofia morale delle virtù che integri in modo coerente questi ed altri temi concernenti le virtù. Principale mi sembra il compito di spiegare in quale modo procedere per l’identificazione e la definizione delle specie delle virtù. Questo compito mi sembra trascurato nella storia dell’etica delle virtù, e mi sembra necessario per dare alla regola morale un’articolazione che la distingua da quella dei doveri e delle norme. A questo compito del resto mi applico anch’io per proseguire col volume terzo delle mie ricerche di filosofia morale, dopo il primo volume: Quale impostazione per la filosofia morale? (Roma, LAS 1996) ed il secondo volume: Costituzione epistemica della filosofia morale (Roma, LAS 2009). Sono pertanto lieto che un giovane ricercatore rilevi lo stesso compito.
Tratto dalla rivista "Salesianum" 72 (2010) 3, 595-596
(http://las.unisal.it)
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Giuseppe Davide Mirabella, giusemira@gmail.com il 2 novembre 2010 alle 15:22 ha scritto:
“Lo scopo del presente contributo è rendere conto di alcuni (non tutti) dei temi salienti e più interessanti che si possono rinvenire negli scritti degli autori anglofoni contemporanei che hanno rilanciato e rinverdito il tema della virtù”; mai incipit di Introduzione fu così chiaro, o quasi, perché il bel libro di Samek Lodovici si propone un compito arduo, portare in Italia un florilegio di autori che, appunto, hanno rinverdito il tema dell'etica della virtù. In realtà su vari versanti si è assistito ad un fenomeno editoriale (se non culturale) che ha riportato nel dibattito filosofico il tema dei vizi e delle virtù, anche se esso può essere definito una moda passeggera, anche se in germe, ed in specie in alcuni autori (si pensi al poderoso testo di G. Cucci, Il fascino del male. I vizi capitali, Adp, 2008 – con un sovrappiù di indagine psicologica; oppure il divulgativo Azione di M. De Caro per i tipi de il Mulino, 2008, capitolo terzo), la tematica delle Virtù diventa caposaldo di ricerca teorica e pietra miliare di ragion pratica.
Il testo, che non ha “la minima pretesa di esaustività”, può essere considerato una buona introduzione alla cosiddetta Virtue Ethics, anche se a volte sembra cadere in un “mosaico di citazioni”, inevitabili però data la peculiarità del lavoro di Samek Lodovici, ricercatore in Filosofia morale presso l'Università Cattolica di Milano.
Gli autori anglofoni che vengono presentati sono: J. Annas, secondo la quale “Ogni azione ha un passato e un futuro: ha un passato perché è il risultato di un certo modo paradigmatico di ragionare […]; ha un futuro, poiché la conseguenza del suo (di colui che agisce, ndr) comportamento sarà di rafforzare o di indebolire la disposizione” del medesimo che si trova in una circolarità esistenziale e temporale il cui scopo è raggiungere una felicità intesa come bene (eudaimonia o beatitudo secondo Tommaso d'Aquino); P. Foot, altra eticista, propone una Virtue Ethics in cui i dilemmi morali, anche nodali e fondamentali, sono risolvibili, riprendendo il tema dell'ignoranza colpevole (Quale è il bene? Non lo conosco!) senza negligenze. Poi la Anscombe, secondo cui le etiche moderne hanno enfatizzato il dovere, senza spiegare da dove vengono gli imperativi obbliganti (Perché la normatività?).
Speciale attenzione viene dedicata al lavoro di A. MacIntyre, anch'esso critico verso l'eccessiva attenzione riposta nel dovere nelle etiche moderne, e propugnatore della necessità di modelli di eccellenza (i phronimoi, dei saggi prudenti o persone esemplari – Abbiamo bisogno di modelli a cui ispirarci!); interessante anche la declinazione in senso comunitario della virtù, creatrice di “capitale sociale”.
Infine la Nussbaum, filosofa protagonista della renaissance della teoria della Virtue Ethics, ampiamente tradotta e divulgata in Italia che propone una ricerca secondo la quale le emozioni non conoscono confini e che esiste “un utile terreno comune per i concetti di emozioni occidentali e quelli degli eskimesi uktu” (p. 59).
Il testo accompagna il lettore attraverso autori contemporanei che in modo diretto o meno si riferiscono ad autori classici, quali l'Aquinate in primis, Aristotele, Seneca, senza approssimazioni. Il pregio dell'agile testo di Samek Lodovici è quello di rendere chiari concetti e teorie o sfumature di diversità all'interno della stessa teoria proponendo al lettore un lavoro didascalico (nel senso buono del termine), attraverso un uso sobrio del greco e del latino, chiaramente spiegato, e gli elenchi puntati per delineare quadri teorici altrimenti difficoltosi. La bibliografia è essenziale, sintetica e documentata. Questa vuol essere una segnalazione, non certo una recensione, – un commento!