Greci e latini al Concilio di Ferrara (Firenze, 1438-39)
(Storia e cultura) [Libro in brossura]EAN 9788870944778
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DETTAGLI DI «Greci e latini al Concilio di Ferrara (Firenze, 1438-39)»
Tipo
Libro
Titolo
Greci e latini al Concilio di Ferrara (Firenze, 1438-39)
Autore
Chitarin Luigi
Editore
ESD Edizioni Studio Domenicano
EAN
9788870944778
Pagine
224
Data
settembre 2002
Peso
275 grammi
Altezza
21 cm
Larghezza
14 cm
Profondità
1,3 cm
Collana
Storia e cultura
COMMENTI DEI LETTORI A «Greci e latini al Concilio di Ferrara (Firenze, 1438-39)»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Greci e latini al Concilio di Ferrara (Firenze, 1438-39)»
Recensione di Giorgio Fedalto della rivista Studia Patavina
Chi ha la costanza di leggere le centinaia di pagine che Alois Grillmeier ha dedicato a Gesú nel dibattito dei primi concili (Gesú il Cristo nella fede della Chiesa, 5 tomi, Paideia, Brescia 1982-2001) può rendersi conto di come sia stata tribolata l’elaborazione teologica di termini e di concetti, nei quali la Chiesa di quei secoli veniva coinvolta. La caratteristica infatti degli eretici era di ricorrere a termini non contenuti nella Scrittura per ridurre il mistero dell’Incarnazione a fenomeno praticamente misurabile dalla ragione umana. Ario, ad esempio, sosteneva come Gesú non fosse della “stessa sostanza” del Padre; non poteva essere certamente eterno come il Padre e a Lui consostanziale. I Padri del concilio di Nicea furono allora indotti ad impiegare un termine, “omoousios”, non presente nella Sacra Scrittura, per definire la natura del Figlio di Dio, a Lui consostanziale ed eterno. Le diverse formule introdotte dai semi-ariani che si succedettero tentavano di trovare vie intermedie per accontentare favorevoli e contrari al dogma, ma in realtà distanziandosi dalla verità definita appunto in quel concilio.
Lo stesso si verificò negli altri concili dei primi secoli, dove il percorso di eresia-verità seguiva la stessa traiettoria del primo. Diverso invece fu il caso del concilio di Ferrara-Firenze, di cui si tratta ora in un recente lavoro, in quanto il problema sollevato dai Greci ortodossi era di non poter accettare l’aggiunta “Filioque”, inserita dai latini ormai da secoli nel Credo senza il comune accordo. L’“aggiunta”, come venne chiamata la formula in questione, aveva peraltro già una lunga storia alle spalle, ma solo in Occidente. Infatti al concilio di Francoforte del 794, Paolino, patriarca di Aquileia, per fermare l’espansione degli adozionisti spagnoli, che dicevano Gesú solamente “adottato” dal Padre, e per accentuarne l’importanza, ritenne che nel Credo si potesse aggiungere come lo Spirito Santo procedesse “anche dal Figlio”, ristabilendo un equilibrio creduto doveroso negli ambienti teologici di Carlo Magno. A Gerusalemme si cantò il Credo con l’aggiunta del “Filioque”, e così nel patriarcato di Aquileia, dove appunto l’imperatore Carlo aveva inviato come patriarca il grammatico e teologo Paolino, di origine aquileiese e filo-carolingio.
In seguito, vi furono proteste da parte del patriarca Fozio e non solo da lui, per cui nel “cahier des doléances” della Chiesa orientale nei confronti di quella occidentale, la questione ebbe da allora una posizione preminente, sostanzialmente perché nell’intangibile formula della fede, il Credo, si era introdotta una nuova aggiunta non concordata, né approvata in un qualche concilio coi Padri e le Chiese orientali.
Il volumetto qui ricordato cerca di riprendere il filo del dibattito accesosi durante il concilio di Ferrara-Firenze sui principali temi in discussione: il purgatorio e, specialmente, la processione dello Spirito Santo “anche dal Figlio”. È noto come durante quei lavori l’argomento ebbe una posizione di rilievo tra le obiezioni ortodosse contro le tesi latine, in par-ticolare sul senso da dare alle particelle greche “ek” e “dia” per quanto riguarda il modo di derivazione dello Spirito dal Figlio. Il metropolita greco Marco Eugenico accusava i latini che la loro dottrina sulla processione dello Spirito Santo introduceva una dualità di principi nella Trinità: si discusse a lungo. Il Bessarione, d’altro lato, ribadiva che lo Spirito Santo deve procedere necessariamente dal Padre, tramite il Figlio e dal Figlio, e che Figlio e Spirito Santo risultano sufficientemente distinti sulla base del diverso modo con cui derivano dal Padre, per generazione l’uno, per processione l’altro, senza peraltro che si tratti di due principi, giungen-do a dire che lo Spirito Santo non si distinguerebbe dal Figlio se, come il Figlio, provenisse unicamente dal Padre.
Il lettore non specialista può trovare difficoltà ad inseguire tutti gli aspetti e le argomentazioni del problema, anche perché gli stessi Padri avevano usato termini non decisamente consolidati nel linguaggio teologico e suscettibili di interpretazioni diverse. Al di là dello scontro interpretativo l’autore ritiene che da parte bizantina soggiacesse il timore di cadere entro la seria questione del palamismo, che un secolo prima aveva diviso gli animi nella capitale bizantina, questione che riguardava l’essenza stessa di Dio e il rapporto con le sue “energie”. Sarebbe stato lo stesso imperatore ad accantonare il problema, conscio delle conseguenze che avrebbe potuto avere nel dibattito coi latini. Diversi autori moderni ripropongono tale tesi. Quale ne sia la risposta, resta che le due navi con i 700 vescovi e dotti bizantini, compreso imperatore e patriarca, che giunsero in Italia per quel concilio, più che da volontà “unionistica”, come oggi si direbbe, erano mossi dalla paura del Turco e dalla speranza di ottenere aiuti dall’Occidente, magari una nuova crociata, che in realtà non poté partire. Restano agli atti gli sforzi delle due parti per salvare la dignità dello Spirito Santo e del Figlio nell’ambito delle rispettive prerogative, e perché ambedue continuino ad essere invocati, col Padre, nella loro eternità.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Lo stesso si verificò negli altri concili dei primi secoli, dove il percorso di eresia-verità seguiva la stessa traiettoria del primo. Diverso invece fu il caso del concilio di Ferrara-Firenze, di cui si tratta ora in un recente lavoro, in quanto il problema sollevato dai Greci ortodossi era di non poter accettare l’aggiunta “Filioque”, inserita dai latini ormai da secoli nel Credo senza il comune accordo. L’“aggiunta”, come venne chiamata la formula in questione, aveva peraltro già una lunga storia alle spalle, ma solo in Occidente. Infatti al concilio di Francoforte del 794, Paolino, patriarca di Aquileia, per fermare l’espansione degli adozionisti spagnoli, che dicevano Gesú solamente “adottato” dal Padre, e per accentuarne l’importanza, ritenne che nel Credo si potesse aggiungere come lo Spirito Santo procedesse “anche dal Figlio”, ristabilendo un equilibrio creduto doveroso negli ambienti teologici di Carlo Magno. A Gerusalemme si cantò il Credo con l’aggiunta del “Filioque”, e così nel patriarcato di Aquileia, dove appunto l’imperatore Carlo aveva inviato come patriarca il grammatico e teologo Paolino, di origine aquileiese e filo-carolingio.
In seguito, vi furono proteste da parte del patriarca Fozio e non solo da lui, per cui nel “cahier des doléances” della Chiesa orientale nei confronti di quella occidentale, la questione ebbe da allora una posizione preminente, sostanzialmente perché nell’intangibile formula della fede, il Credo, si era introdotta una nuova aggiunta non concordata, né approvata in un qualche concilio coi Padri e le Chiese orientali.
Il volumetto qui ricordato cerca di riprendere il filo del dibattito accesosi durante il concilio di Ferrara-Firenze sui principali temi in discussione: il purgatorio e, specialmente, la processione dello Spirito Santo “anche dal Figlio”. È noto come durante quei lavori l’argomento ebbe una posizione di rilievo tra le obiezioni ortodosse contro le tesi latine, in par-ticolare sul senso da dare alle particelle greche “ek” e “dia” per quanto riguarda il modo di derivazione dello Spirito dal Figlio. Il metropolita greco Marco Eugenico accusava i latini che la loro dottrina sulla processione dello Spirito Santo introduceva una dualità di principi nella Trinità: si discusse a lungo. Il Bessarione, d’altro lato, ribadiva che lo Spirito Santo deve procedere necessariamente dal Padre, tramite il Figlio e dal Figlio, e che Figlio e Spirito Santo risultano sufficientemente distinti sulla base del diverso modo con cui derivano dal Padre, per generazione l’uno, per processione l’altro, senza peraltro che si tratti di due principi, giungen-do a dire che lo Spirito Santo non si distinguerebbe dal Figlio se, come il Figlio, provenisse unicamente dal Padre.
Il lettore non specialista può trovare difficoltà ad inseguire tutti gli aspetti e le argomentazioni del problema, anche perché gli stessi Padri avevano usato termini non decisamente consolidati nel linguaggio teologico e suscettibili di interpretazioni diverse. Al di là dello scontro interpretativo l’autore ritiene che da parte bizantina soggiacesse il timore di cadere entro la seria questione del palamismo, che un secolo prima aveva diviso gli animi nella capitale bizantina, questione che riguardava l’essenza stessa di Dio e il rapporto con le sue “energie”. Sarebbe stato lo stesso imperatore ad accantonare il problema, conscio delle conseguenze che avrebbe potuto avere nel dibattito coi latini. Diversi autori moderni ripropongono tale tesi. Quale ne sia la risposta, resta che le due navi con i 700 vescovi e dotti bizantini, compreso imperatore e patriarca, che giunsero in Italia per quel concilio, più che da volontà “unionistica”, come oggi si direbbe, erano mossi dalla paura del Turco e dalla speranza di ottenere aiuti dall’Occidente, magari una nuova crociata, che in realtà non poté partire. Restano agli atti gli sforzi delle due parti per salvare la dignità dello Spirito Santo e del Figlio nell’ambito delle rispettive prerogative, e perché ambedue continuino ad essere invocati, col Padre, nella loro eternità.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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