Pia desideria. Il «Manifesto» del pietismo tedesco (1675)
(Riforma protestante nei secoli)EAN 9788870160390
Esaurito
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Tipo
Libro
Titolo
Pia desideria. Il «Manifesto» del pietismo tedesco (1675)
Autore
Spener Philipp J.
Editore
Claudiana
EAN
9788870160390
Pagine
148
Data
1986
Collana
Riforma protestante nei secoli
COMMENTI DEI LETTORI A «Pia desideria. Il «Manifesto» del pietismo tedesco (1675)»
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Umberto Masperi il 28 aprile 2012 alle 20:47 ha scritto:
Che cosa può spingere,oggi, un “frequentatore” di libri ( forse all’eccesso) a leggere un testo come “Pia desideria” di Ph. J. Spener (1675) , considerato il “manifesto del pietismo” ( anche se tale espressione, come osserva P.Ricca, è contestata da alcuni studiosi come Ruhbach)?
Dopo aver premesso che il sottoscritto non è un protestante, ma un cattolico la cui formazione (Bildung) dagli anni giovanili è quella del Vaticano II, la risposta è immediata: uno scrupolo di coscienza.
Mi spiego.
Per anni, consapevole ( anzi: più che convinto) dell’influenza che il pietismo ha avuto sulla cultura tedesca nel ‘700-‘800 ( a vari livelli,non solo quello religioso) e su grandi pensatori del tempo, quando iniziavo le lezioni di filosofia per introdurre lo studio di Kant ( non dimentichiamo che la madre era seguace della comunità pietista della città),dopo il razionalismo wolffiano illustravo le “caratteristiche” del pietismo. Allora c’era solo la conoscenza manualistica ad orientare,oggi (ecco lo scrupolo) la precisa esigenza, della lettura diretta (tanto desiderata) del testo dello Spener.
L’occasione da non perdere mi è offerta dalla Libreria del Santo che ha reperito il testo (ormai esaurito) tra l’usato.
Grazie.
Non affronto le tematiche, i contenuti, dell’opera e del movimento ( combattendo contro la tentazione,che è grande, di esprimere il mio pensiero in merito). Mi limito ad osservare che questa edizione (del 1986) fu la prima pubblicazione in lingua italiana, merito del prof. Roberto Osculati che, oltre alla fatica di tradurre un testo linguisticamente impegnativo e talora ostico, offre una “Introduzione” che è … veramente tale (utile e necessaria,mentre quante “introduzioni” ,anche per opere di alto livello,sono tendenzialmente chiacchiere , che infastidiscono e deludono il paziente lettore).
Segnalo,poi,la “postfazione” di Paolo Ricca, che avrei preferito come “PRE-fazione” in quanto è un altro piccolo gioiello per l’approfondimento, pur nella sua brevità, che si articola in due punti: 1) il problema teologico centrale del pietismo ( l’ “uomo nuovo”) con, a mio modesto avviso, opportuni rilievi critici alla … critica in negativo di K. Barth ( sia nella sua “Roemerbrief” del 1919 che nella “Storia della teologia protestante del XIX secolo”); 2) alcuni tratti caratteristici del pietismo; precisamente quattro: è “cristianesimo pratico”, ecclesiale e non settario, individuale (valorizzazione del singolo), ecumenico ( come intendere correttamente le dispute nella cristianità).
Concludo con una “nota” personale: deposte le vesti dello studioso solitario (diversamente dal Machiavelli umanista che le indossava, rientrato nel suo studio ) confesso che nel corso della lettura mi sono più volte tornati in mente alcuni aspetti del clima di rinnovamento di noi cattolici ( “papisti”!!) degli anni conciliari; anni, per me, della “ mia” infanzia-giovinezza, mai più dimenticati ( formidabili “ QUEGLI “ anni, mister Capanna ! ).
Perché non augurare che l’opera possa essere riedita ( accanto a quelle di mistici, dalla “Teologia tedesca” all’ “Imitazione di Cristo”, ai sermoni,opuscoli,trattati, di …un Meister Eckhart, di un Suso, un Taulero, per rimanere solo in ambito tedesco)?