«C'è campo?». Giovani, spiritualità, religione
(Riflessione - Prassi)EAN 9788865120989
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Sbaglierebbe chi circoscrivesse questo corposo volume alla presentazione dei risultati di una specifica ricerca: un’indagine sociologica di tipo qualitativo condotta dall’Osservatorio socio-religioso triveneto su 72 ragazze e ragazzi dai 18 ai 29 anni della diocesi di Vicenza e avente per oggetto la vita spirituale dei giovani e il loro (difficile) rapporto con la religione. Come sottolinea il responsabile della ricerca e curatore del volume, A. Castegnaro, la ricerca è «all’origine» del libro, ma il libro va oltre: vi concorrono, oltre all’ampia letteratura in materia, le precedenti indagini di tipo campionario sulla religiosità nel Triveneto condotte dall’Osservatorio stesso, la realizzazione previa di quattro focus group e ancor più una fortissima motivazione, nei ricercatori che l’hanno progettata e condotta, ad andare in profondità nella comprensione dell’universo giovanile e del rapporto giovani-religione, così da poter affermare, a lavoro ultimato, di aver compiuto «un passo avanti».
In questo senso, la scelta metodologica dell’indagine qualitativa attraverso interviste semi-strutturate, così lungamente motivata nel primo capitolo, dice anche la volontà di perseguire, evitando il «filtro» del questionario, una reale situazione di ascolto degli intervistati, essendo i ricercatori più interessati ai significati piuttosto che ai comportamenti e avendo «l’ambizione di ricostruire il punto di vista delle persone studiate» (33). Dalle cinque aree che costituivano i fuochi dell’intervista, pur senza prestabilire l’ordine e la forma delle domande, sono scaturiti così i sette capitoli centrali del libro, che dunque insistono sulla morale (regole e valori: c. 2); sull’esperienza religiosa (cc. 3 e 4), sulle credenze (cc. 5 e 6), sulle pratiche religiose (c. 7) e su senso di appartenenza e immagini della Chiesa cattolica (c. 8).
La ricchezza dei risultati raggiunti in ciascuno di questi ambiti è indubbia e giustifica non solo la soddisfazione degli autori, ma anche quel motivato ottimismo sulla spiritualità dell’attuale generazione dei ventenni – in un contesto di passaggio da un cristianesimo sociologico alla modernità religiosa e di «individualizzazione del credere» – che il vol. non fa nulla per nascondere, a partire dal titolo. «C’è campo, allora? Forse più di quanto a uno sguardo superficiale verrebbe da pensare », scrive Castegnaro nelle ultime pagine (599-600) del c. 9, quello conclusivo. «I ricevitori sono aperti, l’interesse spirituale è presente o disponibile a essere risvegliato, se gli si offre l’occasione» (e a dire dei ricercatori, l’intervista stessa si è trasformata, per alcuni dei giovani che ne erano oggetto, in un’occasione per affrontare, o riaffrontare, con libertà e senza condizionamenti alcune domande cruciali sulla propria vita religiosa). «La domanda spirituale è però cambiata. È una domanda individuale, anarchica, molto soggettiva ». Pur respingendo l’identificazione della religione con la produzione di obblighi morali, «potrebbe essere interessata a interloquire con orizzonti e sollecitazioni spirituali che possano accompagnare la produzione di senso». Vive la sensazione di condurre una vita piatta, e perciò ha bisogno «di condurre esperienze che, per la ricchezza delle emozioni vissute, facciano intravvedere almeno di lontano una possibile sovrabbondanza di significati e invitino a uscire da sé stessi, almeno qualche volta». Rispetto al credere, «vive su un crinale esposto a venti che soffiano in direzioni opposte (…) e perciò è tentata di occultare la rilevanza delle domande ultime».
E la Chiesa cattolica, riconosciuta nella sua capacità di proporre valori significativi per la vita delle persone, appare però una risorsa «più sul piano etico-culturale che su quello salvifico, della ricerca religiosa»; si prosciuga, lavorando con i fanciulli e i ragazzi, nella riproduzione del cristianesimo sociologico, ma «non è attrezzata per interloquire con le domande di giovani che si apprestano a diventare adulti, non è abituata a pensare il rapporto con chi sta “fuori” se non come un “riportare i giovani nella Chiesa”». Mentre la preoccupazione primaria – che ci pare sia stata al fondo di questo lavoro – «non dovrebbe essere quella di non perdere i giovani, ma che essi non si perdano; lo scopo essenziale non dovrebbe essere che essi ritrovino la Chiesa, ma che trovino sé stessi»: siamo infatti incamminati «verso un cristianesimo scelto» (602-603).
Tratto dalla rivista Il Regno n. 14/2010
(http://www.ilregno.it)