Metafisica come orizzonte
-In dialogo con Saturnino Muratore Sj
(Ai crocevia)EAN 9788861245068
Interrogare metafisico e coscienza storica: è possibile coniugare queste due istanze o il pensiero è qui posto di fronte a un ineludibile aut-aut? Questa è la domanda di fondo, mi pare, che pulsa lungo le pagine di Metafisica come orizzonte e il principale nodo teoretico attorno a cui ruota l’itinerario proposto, nel quale si opta decisamente per la prima delle due alternative sopra evidenziate. Rifiutando un esclusivismo di principio, infatti, il testo intende rendere ragione della possibilità, ritenuta “inattuale” dal pensiero contemporaneo, che la ricerca del fondamento e la consapevolezza della relatività storica del nostro giudicare si diano in un rapporto inclusivo, evitando che una delle due prospettive abolisca l’altra.
E proprio dall’attualità o inattualità del pensare metafisico nell’odierno contesto culturale prende avvio l’intervista filosofica a Saturnino Muratore s.j., docente emerito di Filosofia Teoretica presso la Sezione San Luigi della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, che apre il volume ed è il primo dei quattro contributi che lo compongono. Una riproposizione della filosofia dell’essere è plausibile, sostiene Muratore, a condizione che col termine “metafisica” non ci si riferisca più a quel sapere deduttivistico ed essenzialistico che vuole costruire una conoscenza dell’essere sulla base di primi principi dai quali far discendere le conclusione per logica conseguenza. Di quella stagione filosofica e della sua impostazione dei problemi dell’ontologia, le narrazioni contemporanee – figlie della svolta critica e della coscienza storica del pensiero moderno – si sono incaricate di mostrare tutti i limiti, e con non poche ragioni (insieme a qualche approssimazione storiografica, come quella di cui è rimasta vittima l’epistemologia di Tommaso d’Aquino, cui si fa cenno nel testo).
In linea col pensiero del suo maestro Bernard Lonergan, Muratore ripropone un discorso metafisico che assume come punto di partenza proprio la principale acquisizione del pensiero moderno: la svolta al soggetto e la consapevolezza della sua dimensione storica. L’analisi stessa della soggettività, però, evidenzia come l’uomo sia un pre-sapere dell’essere e lo sia in forza della costitutiva apertura alla trascendenza del suo interrogare. Il rilievo posto sulla “scoperta” del dinamismo intenzionale (la metafisica latente) e sulla struttura operazionale del soggetto conoscente permette a Muratore di ripresentare la metafisica quale discorso della totalità, intesa quest’ultima come la dimensione cui il soggetto è sempre rimandato dal dinamismo in- terno del suo stesso non ristretto domandare. Proprio in quanto discorso aperto all’orizzonte del tutto, la metafisica può accreditarsi quale integrazione dei saperi specialistici. Questa impostazione – lo accennavamo – non dimentica l’altro termine contenuto nel titolo del libro: “orizzonte”. Il domandare del soggetto è sempre situato, intriso perciò di precomprensioni e condizionato storicamente. La molteplicità delle prospettive non sancisce necessariamente la caduta nel relativismo: se ogni giudizio si dà entro un orizzonte, se l’opera della conoscenza è perciò un ridefinirne continuamente i confini, è pur vero che la struttura intenzionale del soggetto conoscente con la sua costitutiva apertura sull’universo dell’essere rappresenta la condizione meta-storica di ogni giudizio intra-storico.
Gli altri contributi del volume si presentano come approfondimenti e sviluppi dei temi fin qui messi in luce. Il secondo saggio ripresenta una riflessione di Muratore sulla crisi della neoscolastica. A partire da una ricostruzione storico-filosofica dei motivi principali della scolastica medievale, della seconda scolastica e della neoscolastica, Muratore evidenzia la crescente inadeguatezza storica dell’approccio teoretico soggiacente a una certa scolastica, viziato da un’impostazione culturale marcatamente fissista e classicista (che riduce la differenza a mero accidente) e da un conseguente metodo improntato al controllo logico-deduttivo degli asserti, ben rappresentato, ad esempio, dalla metafisica wolffiana. Di contro, il saggio ripropone, sulla scia dell’insegnamento di Lonergan, la necessità di ricategorizzare il pensiero di Tom- maso (della cui ricchezza proprio la neoscolastica – denuncia Muratore – è stata dimentica, a causa di una fedeltà all’Aquinate talvolta poco pensosa) che tenga conto delle epocali trasformazioni culturali intervenute con la modernità filosofico-scientifica.
Il terzo contributo è un saggio di Antonio Trupiano sul rapporto tra meta- fisica ed ermeneutica. L’accostamento di questi due termini, suggerisce Trupiano, diventa problematico soltanto nell’ottica di una impostazione metafisica data nei termini della neoscolastica (o di una sua parte). Ed è a questo punto del volume che il termine “orizzonte” acquista ulteriori motivi di rilevanza. «Orizzonte – scrive Trupiano nell’Introduzione – non dice semplicemente storicità, ma anche relazione e apertura a ciò che trascende i limiti umani. È così che metafisica ed ermeneutica smettono di essere i due ter- mini contrapposti di una impossibile mediazione e si svela la profonda comunanza dei due ambiti di riflessione». La verità non è insomma né oggetto di un sapere assoluto e definitivo (inattuale e inattuabile) né chimera diluibile nel gioco della realtà illimitatamente interpretabile, come vorrebbero alcune letture, alquanto parziali, dell’ermeneutica gadameriana: essa si dà nel nostro conoscere in un’adeguazione della cosa e del giudizio mai perfettamente compiuta e sempre rivedibile.
Il quarto ed ultimo scritto, infine, porta la firma del teologo Piero Coda. Il testo, molto denso, intende proporre spunti «per una rilettura in prospettiva trinitaria della logica che si sprigiona dalla verità cristologica». La grammatica della relazione trinitaria invero – questa è la tesi principale – può offrire un essenziale contributo di illuminazione per la comprensione del reale. Scrive, infatti, Coda: «si tratta d’introiettare la dinamica della relazione – non di una qualunque relazione, ma di quella ritmata trinitariamente – nella determina- zione dell’essere». In tale prospettiva, allora, siamo sollecitati a riconoscere la dimensione relazionale come modalità originaria dell’esistenza e della costituzione di qualsiasi forma di sapere. La valorizzazione del carattere dialogico della verità e l’apertura al pluralismo non appare come un’opzione culturale tra le altre, ma si dà quale esigenza che parte dal cuore stesso della rivelazione e, allo stesso tempo, offre alla teologia una via efficace di pensiero e annuncio all’altezza delle sfide dell’attuale assetto culturale. Da questa prospettiva, allora, si può notare come quest’ultimo saggio ben si inserisce nel quadro del volume: come per la metafisica, così anche per la teologia si tratta di superare con coraggio vecchi modelli culturali e rispondere alle questioni epocali della contemporaneità, le quali impongono anzitutto di ridefinire i paradigmi di pensiero e di gestione dell’esistenza.
Il volume si chiude con una nota bio-bibliografica che ricostruisce i momenti salienti della formazione e delle attività accademico-culturali di p. Saturnino Muratore.
Tratto dalla rivista Aquinas n. 1/2014
(http://www.pul.it)
La vicenda esistenziale, didattica e scientifica di padre Saturnino Muratore («nato al Nord, ma sotto molto aspetti mi sento un uomo del Sud»: p. 44), oggi emerito di Metafisica ed Epistemologia nella Sezione S. Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, è emblematica di quanto è accaduto, a seguito del Concilio Vaticano II, alle discipline filosofiche nei due anni iniziali di studio per il conseguimento del baccellierato in teologia. Muratore stesso, nella lunga e interessate Intervista (pp. 17-46) rilasciata al curatore del volume (chiamato all’assistentato da Muratore fin dal 1987: cf p. 14 dell’Introduzione), ricorda di essere stato, da alunno a Gallarate (dove il primo anno, 1963, prevedeva ancora le lezioni in lingua latina), uno dei testimoni del vero e proprio disagio di un’intera generazione di studiosi e docenti delle Facoltà di Teologia. Essi, di fronte alla evidente “crisi della neoscolastica” e al recupero della “centralità del soggetto”, si sentivano provocati o a chiudere con la filosofia moderna («Per Busa», dice Muratore che ne era compagno di classe, «la filosofia moderna era tutta da buttare nel cestino»:. 28); o a interrompere i corsi di fronte alle nuove domande poste dagli studenti (questo è il caso di Salvino Biolo, su certe posizioni ancora legato alla neoscolastica tradizionale, il quale fu messo talmente in difficoltà dal gruppo-classe di Muratore da decidere «di interrompere il corso di psicologia tradizionale»: p. 29); oppure ad aprirsi alle novità moderne, alla storicità del pensiero, alla razionalità di tipo scientifico-empirico, alla soggettività nel modo stesso di formulare le domande di una metafisica inizialmente implicita in ogni essere umano. «Noi studenti», racconta Muratore, «avevamo dato origine ad una rivista interna, dal titolo intrigante: Apertura. La rivista mise in allarme parecchi e finì anche sul tavolo di Paolo VI. Vivevamo una sorta di primavera […]» (p. 29).
Dal canto suo, il collega e amico Muratore, come si leggeva in un suo saggio già pubblicato nel 1990, e in questo volume opportunamente riproposto (La crisi della neoscolastica, pp. 47-74), si convince – anche grazie a Bernard J. F. Lonergan (di cui ascoltò una conferenza a Gallarate: cf p. 31 e di cui, insieme con Natalino Spaccapelo diventerà l’editore dell’Opera omnia presso l’editrice Città Nuova) – che ormai occorra «superare l’identificazione del pensiero metafisico con il fissismo e l’essenzialismo dominanti nella tradizione neoscolastica» (p. 33). Per cui, non potendo comunque mai «rinunciare alla filosofia» (p. 39), si può/si deve insegnare la metafisica in rapporto, non più in antitesi «con la modernità filosofica e scientifica» (p. 34; è questo il punto saliente del percorso del gesuita canadese Lonergan). La filosofia, che quindi Muratore propone nei circa quarant’anni d’insegnamento, «non è più la neoscolastica ma una filosofia profondamente rinnovata» (p. 41), anche se, della neoscolastica ottocentesca, egli presenta solamente alcuni aspetti tendenzialmente essenzialisti (peraltro ascrivendone la genesi a Vincenzo Buzzetti e non, com’è stato ampiamente dimostrato da Pasquale Orlando, a Gaetano Sanseverino e ai Compilatori de La Scienza e la Fede, un periodico che vede la luce nel 1841: cf p. 55, n. 20). In particolare, del cosiddetto, da Muratore, neotomismo classico (cf p. 57), il nostro critica, giustamente, la sua completa disarticolazione dalla dottrine teologiche; ma altresì lo «schema blandamente deduttivo della filosofia wolffiana» (p. 58) che, a ben vedere, è solamente uno dei profili del neotomismo ottocentesco, come mostra il Circolo partenopeo collegato alla Facoltà teologica del Seminario arcivescovile di Napoli. La critica al depotenziamento della filosofia dell’essere di Tommaso, che Muratore condivide, ha infatti la sua genesi solamente in alcuni settori della neoscolastica e del neotomismo del XIX secolo, mentre in altri s’insisteva, come poi farà Lonergan e, sulla sua scia, Muratore stesso, su «un accostamento diretto alle opere di Tommaso, autore rispettoso della tradizione, ma anche profondamente originale» (p. 71). Il ritorno alle fonti tommasiane mostra come il genuino tomismo, derivante dall’Angelico e dai suoi scritti criticamente editi, sia particolarmente aperto a tutte le tradizioni culturali e dia largo spazio all’apporto della soggettività del pensatore nella rielaborazione dei problemi e nella loro ricategorizzazione. Del resto, lo stesso discepolo e continuatore delle linea metafisica di Muratore, Antonio Trupiano, mostra – nel suo bel saggio (Metafisica ed ermeneutica: una possibile fusione di orizzonti, pp. 75-111) – che la metafisica secondo Tommaso non è quella criticata da Kant con la sua «pretesa di raggiungere una conoscenza assoluta dell’essere, dimentica della dimensione di storicità e di relatività dell’umana esperienza del mondo, nonché in totale sordità rispetto alle istanze avanzate dalle indagini dei saperi scientifici» (p. 75). Questo profilo teoretico consente di non ritenere mai contradditori i termini “metafisica” e “orizzonte ermeneutico” e, dunque, di dar luogo a una fondazione critica della metafisica, capace di riscoprire il dinamismo intenzionale, quindi anche il circolo ermeneutico che il soggetto attiva e nel quale si trova, nonché il mondo delle scienze empiriche. Si ricorderà che, fin dal titolo (La Scienza e la Fede), anche la rivista ottocentesca dei neotomisti partenopei, già citata, non poneva, da un lato, il fissismo e le generalità ontologiche e, dall’altro, le nuove teorie antropologiche e scientifiche (soprattutto, all’epoca, il nascente darwinismo), ma, mediante la et, correlava e confrontava i saperi metafisico-teologici e i saperi scientifici, alla ricerca di come stiano veramente le cose. Metafisica ed ermeneutica possono avere un orizzonte in comune. Anche Trupiano, rivisitando oggi criticamente i testi gadameriani, ne conclude per «la non riducibilità della sua posizione né a quella della distruzione di Heidegger né a quella della decostruzione di Derrida» (p. 97). In questo senso, la filosofia metafisica – correttamente intesa come filosofia generale o dell’essere in atto – può ben ritenere, oggi, che si dia un orizzonte il quale «precede il significato delle affermazioni e consente di riflettere sulla relazione tra il polo soggettivo, ossia l’interrogante, e il polo oggettivo, cioè il campo illimitato a cui si rivolge l’interrogante» (cf. Introduzione, pp. 9-15, qui 10).
In definitiva, per altra via rispetto al Circolo neotomista partenopeo, Muratore, e nella sua scia Trupiano, attribuiscono «un nuovo compito al filosofo dell’essere, quello del filosofo generalista» (p. 107) il quale, pur non potendo compiere le ricerche settoriali e specialistiche, mantiene comunque il suo interesse per la totalità. Come mostra anche il saggio di Piero Coda, ospitato alla fine del volume (Sulla logica trinitaria della verità, pp. 113-133), alla «via del compromesso e della resa», o a quella «della difesa a oltranza di paradigmi di pensiero e di prassi ormai desueti» (p. 113), si può ben sostituire una via cristica, attenta particolarmente alla categorizzazione giovannea. Una via intesa come capace di orientare, a partire dal Vangelo, il futuro della famiglia umana nel suo farsi incontro all’avvento della verità. Siamo, così, di fronte al nodo speculativo di ogni tentativo (come quelli di Lonergan e di Muratore) di continuare a dire la verità di sempre nel variare e fluttuare dei contesti socioculturali, senza mai pretendere di accomodare ai tempi fluttuanti qualcosa di astratto e di statico, di deduttivistico e di essenzialistico (su ciò insiste anche Sergio Bastianel, nelle due paginette di Presentazione: pp. 5-7), bensì tenendo conto della «centralità della coscienza storica che caratterizza la cultura contemporanea […] in ascolto dei saperi scientifici e della teologia» (p. 10). Per la teologia, in particolare, in costante dialogo con la filosofia, ciò comporta il difficile compito di coniugare insieme la permanenza del dogma nella sua immutabilità e la trasmissione culturale che di per sé è sempre “relativa-a”.
La proposta di Muratore (la cui filosofia in corso ora si apre ai cantieri delle neuroscienze e della bioetica) è quella di riscoprire la metafisica come filosofia tout court (p. 18), di configurarla come un domandare, anzi come capacità di riformulare e ricategorizzare domande implicite, di aprirla più coraggiosamente agli apporti di una modernità, anche scientifica, che non può esser mai ridotta al «trionfo di una soggettività autoreferenziale» e di una post-modernità, che non è soltanto «la fine della metafisica» (p. 19). Questo percorso, tuttavia, richiederebbe di prendere atto della crisi irreversibile della tradizione neoscolastica (cf. p. 21) e di aprire le domande della filosofia alla soggettività, al pluralismo delle culture (in maniera non eurocentrica: p. 21). Il punto di partenza «è la scoperta di una metafisica latente» (p. 22, di cui il nostro domandare è segno), la via è quella della fondazione critica, avendo come guida i testi di Tommaso d’Aquino, ma in modo – come domanda Trupiano nell’Intervista – da «proporre un ritorno al suo pensiero che non sia sterile ripetizione di una modello passato ma trasposizione nella complessità della cultura contemporanea» (p. 25).
In conclusione, il curatore rende opportunamente disponibile una Nota bio-bigliografica con Notizie biografiche, profilo culturale, principali attività e pubblicazioni di S. Muratore sj (pp. 135-176). Purtroppo manca un Indice dei nomi.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 4/2015
(http://www.pftim.it)
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