Donna e Bibbia nel Medioevo (secoli XII-XV). Tra ricezione e interpretazione
(la Bibbia e le donne)EAN 9788861243071
Interessante ricostruzione storica, è un testo della collana «La Bibbia e le donne», che si articola in nove parti e in più volumi, ed è pubblicato in quattro lingue.
Tratto dalla rivista Concilium n. 1/2012
(http://www.queriniana.it/rivista/concilium/991)
Il volume fa parte della collana, diretta da A. Valerio, I. Fischer, M. Navarro Puerto, J. 0kland, La Bibbia e le donne. Collana di Esegesi, Cultura e Storia, che comprende 21 titoli che spaziano dalla Bibbia ebraica fino all'esegesi femminista del XX secolo e alle ultime tendenze, attraversandone l'intero arco cronologico. Si tratta di un'opera che vede la luce in più lingue (italiano, spagnolo, tedesco e inglese) e che costituisce un progetto internazionale e interconfessionale che vuole gettare luce sul modo in cui le donne si sono accostate nel tempo alla Bibbia e su come il rapporto tra il testo biblico e le donne sia stato considerato nei secoli. Non solo esegesi, dunque, ma anche, più in generale, cultura biblica connessa all'universo femminile. Della stessa collana ha già visto la luce il volume curato da I. Fischer M. Navarro Puerto, La Torah, per i tipi dello stesso editore nel 2009. Il testo, con la prefazione di mons.
G. Ravasi, presenta un'ampia introduzione curata da A. Valerio, «La Bibbia al centro. La renovatio ecclesiae e l'emergere della soggettività femminile (sec. XII-XV)», (15-43) ed è diviso in tre parti: «La Bibbia e le donne: ricezione e strumentalizzazione»; «Le donne e la Bibbia: studio e coscienza creativa»; «Arti e rappresentazioni». In totale risulta composto da ventuno contributi presentati da ventiquattro studiose.
Una considerazione a mo' di premessa riguarda l'oggetto di questo volume, ossia la storia delle donne, che non coincide con la cosiddetta storia di genere, e il suo statuto scientifico. Il volume si presenta come un poderoso repertorio: sono riuniti in esso moltissimi rimandi a una vasta letteratura scientifica e ciò dimostra che nonostante le apparenze certi studi, infatti, non guadagnano le vetrine storiografiche ciò che in questo libro viene indagato è un ambito vivo della ricerca storica e non riguarda solo "le donne che si occupano di donne", secondo una sorta di "paradigma del ghetto": un pregiudizio discretamente diffuso per il quale se si vuole compromettere la propria reputazione scientifica bisogna occuparsi di storia delle donne.
Se si legge il libro a partire dalle note, gli stereotipi e i pregiudizi cadono rapidamente, perché ci si accorge che la bibliografia citata rimanda tanto ad autori femminili quanto ad autori maschili, ma non solo: gli studi che riguardano il mondo femminile non sono ascrivibili alla sola storia di genere e risulta evidente che ci si può occupare di donne anche quando non ci si occupa specificamente di esse. Insomma, occuparsi di beghine, di Eloisa, di Ildegarda di Bingen o dell'Hortus deliciarum vuol dire fare storia, senza ulteriori determinazioni. Un valore conoscitivo che va, dunque, al di là della storia di genere, la cui problematicità come ambito storiografico non può dirsi cancellata. Se è legittimo, infatti, parlare di "storia di..." (delle istituzioni, della mentalità, dell'economia, della gastronomia), quando si parla di storia di genere talvolta si introducono concetti che vanno ben oltre la definizione di ambito e questo sembra essere uno degli aspetti più caduchi, dal punto di vista epistemologico, di certi studi. In ogni caso,le possibili riserve storiografiche sulla storia di genere non possono riversarsi sulla storia delle donne. Una storia spesso passata sotto silenzio anche nell'insegnamento universitario. Per fare un esempio, accade che si parli del periodo avignonese e non di Brigida di Svezia o di Caterina da Siena: e in questo caso, si badi bene, non è in questione in primo luogo l'efficacia del loro intervento, ma il fatto che esse intervengano presso i pontefici e le modalità e la peculiarità del loro intervento.
Il volume può essere esplorato secondo un doppio profilo: le donne per il Libro quindi storia dell'esegesi e dell'ermeneutica biblica: il rapporto "colto" delle donne con la Scrittura e il Libro per le donne, ossia il contributo del testo biblico alla vita delle donne. Per quanto riguarda il primo profilo, ossia il contributo delle donne alla lettura del testo, il volume rompe una sorta di "presuntuoso silenzio": di prodotto dalle donne non c'è nulla o quasi; invece nel medioevo le donne hanno scritto di Bibbia. Certo, l'esegesi medioevale è lontanissima dal concetto attuale di esegesi biblica, ma questo vale per gli uomini come per le donne; resta dunque un approccio monco alla storia dell'esegesi quello che esclude dall'indagine il contributo femminile. Il volume dimostra che esso non è stato privo di originalità e di apporti significativi. Quali sono questi apporti? Un primo modo di guardare alla questione è quello che pone in primo piano la prospettiva femminile nel senso di individuare quanto di specificamente femminile questa esegesi racchiude e non solo, dunque, di semplicemente prodotto da donne, ma da donne in quanto donne. Ecco allora l'interesse per l'area vasta della femminilizzazione di Dio (cf ad es. i saggi di K.E. B0rresen, «Metafore femminili dalla Scrittura alle Rivelazioni di Julian da Norwich», [171-183] e V. Ferrari Schiefer E. Gossmann, «Interpretazioni bibliche nell'opera di Ildegarda di Bingen», [205-218]). Su questo tema, sebbene sia privilegiata talora l'ottica storiografica, emerge che, anche senza volerla forzatamente ricercare, una specificità, non aprioristicamente supposta, esiste. Il volume, però, mette anche in evidenza un contributo che non è segnato da marcate caratteristiche di genere. In particolare risulta come la Bibbia sia stata, in vari e significativi casi, la parola delle donne, come esse abbiano espresso attraverso la parola biblica le loro parole: la Bibbia ha offerto alle donne nel medioevo le "parole per dirlo", per dare, cioè, voce al loro mondo. Per quanto riguarda il secondo profilo, il volume studia il ruolo della Bibbia nella vita delle donne medioevali. Anche per questo secondo aspetto non si può isolare ciò che essa rappresentava per le donne da ciò che essa rappresentava per gli uomini del medioevo in generale. Dunque la Bibbia per religiose e religiosi, per chierici, per laiche e laici. E per quanto riguarda le donne non si può parlare in generale ma considerando le differenze tra donne colte e ignoranti, tra classi sociali, tra donne integrate nella Chiesa e marginali; doppiamente liminali queste ultime, come evidenzia M. Benedetti, «"Iuravit ad Sancta Dei Evangelia, tactis corporaliter Scripturis". La Bibbia, le eretiche, gli Inquisitori», (93-108).
Inoltre, vari contributi mettono bene in evidenza come non si possa prescindere da aspetti quali l'accessibilità del testo biblico per le donne e le forme della mediazione attraverso le quali si poteva e di fatto si accedeva alla Bibbia.
A fronte di un rapporto "colto" con la Bibbia, si rivela un vissuto in cui la Bibbia è presente: essa ispira, guida, contribuisce alla formazione di un universo di senso e forgia l'immaginario delle donne e degli uomini del tempo, ma anche l'immaginario sulle donne sia da parte maschile sia femminile. Si pensi, ad esempio, a come la Bibbia sia stata usata nella costruzione dell'immagine della strega, ed è quanto fa emergere nel suo saggio D. Corsi, «Le donne, la Bibbia e la demonologia del Quattrocento», (109-129).
Il volume esplora casi noti sotto profili a volte nuovi (cf ad es. C.J. Mews - C. Posa, «L'impegno di Eloisa con la Bibbia: un viaggio che continua» [133152]), ma apre anche squarci su realtà abbondantemente sconosciute, come ad esempio la poesia femminile a contenuto biblico di Ava (cf M. Motté, «Bibbia e poesia. Epica biblica di una donna [Ava] epica biblica su una donna [Giuditta]», [153-170]).
Nell'opera si esplora la pluralità dei rapporti delle donne con il testo biblico nel periodo considerato, non esclusa la fisicità di questo rapporto come per le copiste bizantine di cui si occupa R.M. Parriniello, «Teodora Paleologina e le altre: erudite, copiste ed esegete a Bisanzio» (185-202).
Certo, le donne medievali la cui traccia ha attraversato la storia non sono donne comuni. Le donne ordinarie non hanno lasciato segni di sé. Sembrerebbero condannate al silenzio della storia. Provare ad andare oltre questo silenzio potrebbe costituire l'oltre delle ricerche attuali. E forse uno spunto in tal senso proviene dallo stesso volume in questione; l'ultima parte di esso esplora l'ambito della musica e dell'iconografia. Se non altro, ciò permette di gettare un po' di luce su ciò che veniva dato a vedere alle donne (cf M.L. Sanchez Hernandez, «La Bibbia e le donne: iconografia di un rapporto nei sec. XIV e XC», [365-386]): un'euristica potenzialmente fertile del già noto tema della biblia pauperum.
Tratto dalla rivista "Rassegna di Teologia" n. 4/2013
(http://www.rassegnaditeologia.it)