Da una delle mille periferie dell'Italia del sud suor Rita Giaretta discute e riflette con Sergio Tanzarella sulla condizione e sul futuro della vita religiosa femminile. Dinnanzi alla distruzione ambientale e morale di terre come la Campania, sfigurate da camorra e da mentalità camorristica diffusa che pervade tutta la società, che senso ha essere una suora? E quanto costa la fedeltà al Vangelo? Domande stringenti e risposte problematiche e convincenti che mostrano come schierarsi dalla parte delle vittime della tratta degli esseri umani, degli esclusi, dei senza permesso di soggiorno è l'unico modo per avere cura del presente, per riconoscere il volto dell'altro e per comprendere il senso della storia.Un dialogo aperto che non si accontenta delle denunce, ma che dallo stesso Sud di morte dimostra che la speranza va osata perché poggia su quanto ciascuno di noi è disposto ad offrire e a rinunciare come dono gratuito di sé per una liberazione comunitaria.In Appendice la testimonianza di Titti Malorni vice presidente della cooperativa neWope.
INTRODUZIONE
L'ora del mondo
«Nei nostri conventi gli orologi segnano un'ora diversa rispetto a quelli del mondo» mi confessava sconsolato un frate che aveva compiti di responsabilità di governo di numerose comunità religiose - «per questo siamo sempre in ritardo con la storia e non capiamo bene cosa ci accade attorno». Infatti, per chi frequenta conventi e curie non è difficile percepire quanto il tempo in alcuni di questi luoghi sia in realtà fermo e che l'affannarsi di un certo attivismo (piani pastorali, anni sociali, progetti culturali, organizzazione di raduni e solenni liturgie) si realizzi come in un acquario, in una condizione artificiale nella quale nessun imprevisto è possibile: né tempeste, né correnti, né tanto meno naufragi.
Non è il caso di generalizzare, vi sono certo tante comunità che - con modalità diverse - vivono una vita religiosa esemplare di servizio e preghiera tuttavia la crisi che attraversano talune istituzioni deve porre de- gli interrogativi seri.
Anche i suoni - quando arrivano - giungono ovattati e inoffensivi, attutiti spesso dagli immensi giardini che circondano alcune comunità religiose e dalle alte "mura" che sorgono a difesa degli edifici dove esse vivono in strutture, anche artisticamente di valore, che talvolta sono il segno di una pratica di pietà antica ed esemplare, ma che nei secoli ha progressivamente smarrito un concreto legame con la realtà della vita e che appaiono oggi monumenti alla sicurezza, cancelli chiusi e impenetrabili, barriere insormontabili dove la vita nella sua provvisorietà non riesce a penetrare. Altre volte, alcune di queste strutture, nella loro algida magnificenza sono testimonianza e metafora di uno stretto legame con il potere, un legame capace di condizionare la vita religiosa rendendola - a prescindere dalla volontà dei singoli, dalla loro abnegazione e dedizione - funzionale allo stesso potere che non faceva mancare, in passato come nel presente, elargizioni e benefici. Si resta quindi sorpresi nell'osservare, nell'appartamento dove vivono le suore Orsoline a Caserta, quanto il tempo lì sia in realtà già tutto consumato; gli orari programmati e protettivi di molte comunità religiose qui appaiono stravolti dalla vita che bussa alla porta di continuo, e spesso - senza nemmeno bussare o annunciarsi - si presenta con un carico di sofferenze, di violenze e di disperazione.
I corridoi silenziosi dove la vita religiosa rischia sempre di contemplare appagata se stessa qui sono attraversati dai pianti, dalle risa e dalle corse di bambini e bambine; le lingue si sovrappongono senza però produrre una nuova Babele, perché il linguaggio dell'amore, gratuito e incarnato, sembra superare l'ostacolo delle incomprensioni. Casa Rut non è un asilo, non è una scuola, non è un convitto, non è un pensionato, è semplicemente una famiglia di famiglie e di persone. Le finestre semichiuse di non poche comunità religiose qui sono spalancate sulla strada, inondando di luce le stanze e le vite che hanno fatto naufragio, mentre da un balcone il vento agita i colori della bandiera della pace. E tuttavia, nonostante i naufragi, si avverte forte qui la sensazione che non è il male ad avere ancora vinto. Le suore dinanzi a tanta violenza e a tanto dolore non sono ripiegate su se stesse, né appaiono inacidite dalla generica condanna dei mali del mondo, ma danno prova che il Vangelo rende sempre possibile la vita, anche nelle condizioni più estreme, in territori dove non sono solo le associazioni criminali ad esercitare un dominio assoluto, ma dove lo Stato si manifesta con l'assuefazione alla illegalità pervasiva e diffusa, e dove la mentalità camorristica (del ceto dei professionisti, dei politici e delle istituzioni) dimostra ogni giorno di essere più pericolosa e invincibile della stessa camorra. Una mentalità in grado di produrre il contrario della speranza: la rassegnazione.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
Continuare a scegliere il Sud
Ci volle, quindi, non poco coraggio a decidere per una piccola congregazione religiosa vicentina di scendere verso il Sud e scegliere un Sud più a Sud come la provincia di Caserta. Ma ci è voluta ancora più forza a restarci, a non farsi sopraffare non solo dal male e dal dolore, ma anche dalle mille tentazioni che rendono il servizio sociale redditizio attraverso la miriade di progetti finanziati che riversano su associazioni e gruppi ingenti risorse. Si tratta spesso di progetti che non hanno a cuore i soggetti del servizio, quanto i finanziamenti che grazie ad essi si possono ottenere. Ma soprattutto ci è voluto coraggio a rimanere libere dalle elargizioni che la politica è prodiga a concedere in cambio di consenso e di silenzio. Si fa presto a cadere nella rete delle complicità giustificandosi che il fine è buono e pertanto occorre accettare mezzi cattivi.
La piccola comunità delle suore Orsoline di casa Rut in quella rete non solo non è caduta, ma le suore sono diventate per molti maestre di libertà e di autonomia. Un ruolo che, se si considera l'essere donna e religiosa in una comunità ecclesiale ancora tendenzialmente maschilista, è qualcosa di rivoluzionario e impensabile.