Rompere gli ormeggi
-Perché nessuno al Sud sia senza speranza
(Oasi)EAN 9788861242449
Questo vol. nasce dalla riflessione di due comunità religiose, quella delle suore Orsoline e quella dei padri Sacramentini, presenti da tempo nel territorio casertano, sul rapporto tra Chiesa e Mezzogiorno. Provocato da una difficile situazione politica, sociale e ambientale, il dialogo dà voce alla speranza di far crescere una Chiesa esemplare nella lotta alla corruzione, all’omertà e alla criminalità.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2011 n. 16
(http://www.ilregno.it)
Il presente volume si propone come uno strumento di condivisione culturale del documento CEI Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno (2010), e ha lo scopo di «intravedere luci nuove in grado di dare vigore e slancio» (5) ai passi della fede, dei singoli e delle comunità meridionali. La premessa del vescovo emerito di Caserta, Raffaele Nogaro, è una dichiarazione di analisi del proprio territorio sia civile che ecclesiale. In riferimento alla storia ecclesiastica nei confronti della mentalità mafiosa e dell’organizzazione criminale, Nogaro ricorda come «le chiese del Sud non hanno voluto combattere questo male. Si sono rassegnate a forme di convivenza e di opportunismo (62).
Citando però la lettera inviata ai genitori di don Diana nel 16° anniversario dell’assassinio, Nogaro aggiunge: «La Chiesa, che celebra i suoi "martiri di giustizia", diventa la garanzia della vittoria sulla camorra» (64). S. Tanzarella, nel suo contributo: “Un invito a rompere gli ormeggi”, che diviene titolo del libro, cita il vescovo attuale di Locri G. Morosini, che sul documento CEI si esprime con nettezza: «forse bisognava essere più chiari, anche nelle responsabilità di una Chiesa a volte troppo timida» (21). L’A. però richiama l’adesione della CEI a un federalismo solidale, realistico e unitario agli antipodi da quello proposto con linguaggio scurrile e violento dal leghismo nordico, legittimato imprudentemente da qualche ecclesiastico. Tanzarella rileva la novità dei Vescovi di incoraggiare la critica e la denuncia . a scopo migliorativo . verso la politica governativa, e scongiura una Chiesa che ha rapporti accomodanti con il potere, perdendo di vista la sua natura evangelica di strumento di liberazione-salvezza. Si ricorda la forte espressione del documento CEI del 1989, Chiesa italiana e Mezzogiorno: sviluppo nella solidarietà, che auspicava una chiesa povera e profeticamente libera per essere testimonianza credibile.
L’A. si sofferma poi sulla dimensione istruttivo-educativa meridionale che può essere «un laboratorio in cui esercitare un modo di pensare diverso rispetto ai modelli che i processi di modernizzazione spesso hanno prodotto», e chiede di approfondire le responsabilità per poter avviare un processo di superamento dell’aziendalizzazione della scuola «affidata a un manipolo di burocrati scolastici e direttori amministrativi ai quali preme soltanto il principio del contenimento della spesa a qualsiasi costo» (35). Da questo punto di vista si potrebbe anche aggiungere il fenomeno diffuso soprattutto nelle istituzione scolastiche destinatarie di finanziamenti pubblici notevoli nelle regioni deboli individuate dall’Unione Europea, senza ricaduta positiva sulla comunità scolastica, neanche come offerta formativa e didattica. Un altro punto toccato dall’A. riguarda la questione delle mafie. A tal proposito si cita sempre il documento CEI: «C’è bisogno di un preciso intervento educativo sin dai primi anni di età, per evitare che il mafioso sia visto come un modello da imitare» (n. 9). Di converso però Tanzarella rileva il fenomeno ormai consolidato dei «professionisti dell’antimafia, molto attivi nel Meridione nel raccogliere finanziamenti pubblici per associazioni locali e nazionali», ma che «si guardano bene dall’operare» (37); per questo l’A. conclude affermando che «la questione meridionale è un’emergenza ambientale e morale assoluta e mortale» (39-40). L’A. apprezza l’autocritica dei vescovi, e il riconoscimento di tanti testimoni di liberazione meridionale come don Pino Puglisi, don Peppino Diana, il giudice Livatino (41), e termina con la metafora del “rompere gli ormeggi” per dirigersi verso il “mare aperto“ della storia della salvezza, che configura una Chiesa credibile ed evangelica libera dalla capacità seduttiva del potere (44-45).
L’altro contributo rilevante è di G. Martirani, sul tema “Dalla cultura del mi è dovuto alla cultura del mi è donato”. L’A. pone la domanda su quale stile di vita costruire per uno sviluppo autentico e solidale tra nord e sud. Attingendo alla testimonianza di don Tonino Bello, al pensiero meridiano di F. Cassano, al documento CEI, alle teorie di progresso di J. Rifkin e J. Galtung, l’A. propone un nuovo modello di sviluppo: dalla concorrenzialità alla cooperatività. Si tratterebbe cioè di superare il modello del trickle down (sgocciolamento): l’immagine del colapasta da cui ai ceti più alti restano i maccheroni e ai ceti più bassi arriva solo l’acqua di cottura. In sintesi il volumetto invita la Chiesa e i cristiani a rompere gli ormeggi nei porti del potere, dei privilegi, di ingiusti onori, e ad ascoltare la storia illuminante dei profeti della libertà civile e cristiana.
Tratto dalla rivista "Rassegna di Teologia" n. 2/2013
(www.rassegnaditeologia.it)
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The secret of the king il 21 gennaio 2011 alle 03:11 ha scritto:
Alla luce del documento dei vescovi italiani "Per un paese solidale. Chiesa italiana e mezzogiorno" (Febbraio 2010) due comunità religiose - Suore Orsoline e Padri Sacramentini - si sono interrogate sul senso della propria presenza a Caserta in una delle province più difficili del Sud dell'Italia tra camorra criminale e politica, con un inquinamento ambientale sistemico forse irreversibile. Hanno accompagnato la loro riflessione il vescovo Raffaele Nogaro, Giuliana Martirani dell'università "Federico II" e Sergio Tanzella della Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale. Ne è scaturita la speranza che la Chiesa rompa gli ormeggi che la trattengono sotto protezione nei porti del potere affrontando senza paura il mare aperto della vita dove l'orizzonte unisce la terra con il cielo e condividendo la condizione della gente comune.
Acque certo più pericolose di quelle stagnanti della diplomazia, dei privilegi, degli onori e dove perfino ai naufraghi in cerca di vita e di speranza è vietato l'accesso. Rompere gli ormeggi a Sud aiuterà forse le Chiese del Nord a distinguere i nuovi idoli leghisti ispirati a una religione civile solo illusoriamente cristiana, ma fondata sui principi della discriminazione, dell'egoismo e della persecuzione degli esseri umani.
Rompere gli ormeggi quindi per porsi sulla scia del giudice Livatino, di don Diana, di don Puglisi: i nuovi martiri di un Sud libero ed esemplare.
http://www.ilsegretodelre.com/1/chi_cerca_trova_1827826.html