"Il rito del matrimonio non è una realtà statica e predefinita, collocata sopra la storia delle persone e la loro vicenda affettiva. Rappresenta piuttosto la grammatica indispensabile per comprendere la singolare e irripetibile vicenda d´amore che caratterizza il cammino di ciascuna coppia nella prospettiva dell´amore di Dio. Ed è proprio Dio ad avere pensato e voluto per ciascuna coppia una peculiare attuazione di quel "mistero grande" di cui i primi interpreti sono il Cristo sposo e la Chiesa sposa. Nulla di ciò che è autenticamente umano nell´esperienza affettiva resta escluso dal cammino sacramentale, di cui il rito è il culmine. I sentimenti nelle più diverse forme e modulazioni, i desideri e le attese nella loro multiforme espressione, l´integralità del dono (a partire dalla sessualità come compimento dell´unione e della fecondità dell´amore), la valenza spirituale che accompagna ogni autentico dialogo d´amore di chi accoglie il progetto di Dio sulla propria vita: tutto trova posto e senso pieno nella ricchezza della celebrazione liturgica, che diviene così punto di arrivo del fidanzamento, ma anche punto di partenza per una vita familiare ricca di grazia e orientata alla santità"(CEI, Celebrare il mistero grande » dell´amore, 4).
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE DEL LIBRO
UN NUOVO RITO PER CELEBRARE IL MATRIMONIO CRISTIANO
di Pietro Sorci
"Quando la cultura attraversa fasi di rapida trasformazione, anche le istituzioni più tradizionali e consolidate soffrono di forti problemi di ridefinizione. Questo vale anche per l'istituto familiare e per il patto che lo fonda e sorregge, il matrimonio; compreso quello cristiano che, pur basato su un ideale che ha attraversato con successo diverse e tormentate temperie culturali, vive oggi di una profonda sofferenza". Così scrive Afonso Colzani qualche anno addietro sulla Rivista del Clero italiano.
È divenuto un luogo comune dire che il matrimonio attraversa oggi una crisi profonda. Assumendo il senso positivo del concetto di crisi, in una prospettiva di fede cristiana sembra più esatto parlare di un accelerato processo di trasformazione.
Si tratta - dice il Direttorio di pastorale familiare - di "trasformazioni che si situano a livello strutturale e culturale e che investono anche il vissuto religioso e cristiano di tante famiglie. In ogni caso si tratta di trasformazioni ambivalenti, quando non addirittura ambigue, che chiedono una continua e attenta opera di discernimento evangelico. Luci e ombre, valori e non valori, aspetti positivi ed elementi problematici o negativi, infatti, coesistono tra loro'''.
Tra i principali aspetti positivi il Direttorio di pastorale familiare indica: una visione più positiva e serena della sessualità umana; una più forte coscienza della libertà personale, da cui nasce più nitida l'esigenza di rispettare la dignità di ogni persona, sia nei rapporti coniugali sia in quelli familiari; un più diffuso riconoscimento della dignità della donna e dei suoi ruoli nella vita privata, familiare e pubblica; una maggiore sottolineatura del valore della relazione personale; un più consapevole atteggiamento di rispetto per i diritti dei più deboli nello stesso ambito familiare; una accresciuta consapevolezza delle responsabilità proprie dei genitori nel procreare e nell'educare i figli; una rinnovata percezione della necessità di sviluppare confronti, rapporti e relazioni di amicizia e di mutuo sostegno tra famiglie; una più chiara sottolineatura e riscoperta della missione ecclesiale e della responsabilità sociale di ogni famiglia; una sorprendente persistenza del significato della famiglia come luogo di umanizzazione: sia della coppia, attraverso l'esperienza dell'amore reciproco, esclusivo, indissolubile e fecondo, sia del figlio, mediante la generazione e l'intera opera educativa. Valori tutti che chiedono di essere esplicitati, accolti, incoraggiati, sostenuti e orientati.
A fronte di questi valori, permangono, anzi si aggravano, fenomeni problematici e negativi che possono sconvolgere l'ordinata convivenza coniugale e familiare: una generalizzata privatizzazione ed enfatizzazione della sessualità, spesso ridotta alla sua dimensione genitale; la paura, la disistima o addirittura il rifiuto del figlio, a causa delle non poche difficoltà incontrate dagli sposi; la piaga dell'aborto, la diffusione di una mentalità o di un vissuto contraccettivi; l'aumento della pratica della sterilizzazione; il disinvolto ricorso alle diverse forme di fecondazione artificiale o assistita; la diffusione di una cultura gay cui fa da riscontro la rivendicazione dei cosìdetti diritti degli omosessuali; un'ambigua concezione teorica e pratica dei rapporti tra coniugi e tra genitori e figli; il crescente numero, già nei primi anni di matrimonio, dei fallimenti coniugali, dei divorzi e delle situazioni matrimoniali irregolari; una precoce abdicazione da parte dei genitori alla proprie responsabilità educative, o all'opposto, un rapporto educativo caratterizzato dalla possessività esasperata che soffoca la libertà dei figli anche ostacolando le loro scelte vocazionali; una disistima o addirittura un rifiuto, diversamente motivati, della dimensione istituzionale del matrimonio con la conseguente diffusione della convivenza al di fuori del matririmonio; un'ignoranza o dimenticanza, o voluta noncuranza, del valore propriamente soprannaturale, cristiano ed ecclesiale del matrimonio; l'insufficienza o anche l'assenza di un adeguato impegno sociale e politico delle famiglie e per le famiglie.
Il divorzio, in un modo o nell'altro è sempre esistito, in tutte le culture, ma mai in proporzioni così vaste, e mai i matrimoni hanno avuto mediamente una così breve durata.
Ciò che viene rifiutato spesso non è la vita di coppia - che anzi viene mitizzata al punto da rivendicarla anche per persone del medesimo sesso - ma il matrimonio come istituzione stabile pubblicamente riconosciuta e regolata dalla società civile e religiosa.
In ambito ecclesiale poi, spesso i fidanzati stessi che chiedono il matrimonio cristiano si presentano con un vuoto enorme non solo di formazione cristiana, ma anche con gravi immaturità dal punto di vista affettivo: è mancato un cammino nell'adolescenza che li abbia aiutati a crescere nella vita affettiva e nella maturità all'amore, come pure è mancata la continuità di formazione nella fede e nella capacità sessuale/affettiva in un progetto globale della persona.
Ugualmente delicati sono i primi anni di matrimonio. Si tratta di un tempo di frequenti fragilità, di fallimenti anche precoci, che non sempre risparmiano coppie anche ben preparate e che si sono sposate con convinzione ed entusiasmo. È un tempo di forte rischio, ma anche di opportunità straordinarie che non torneranno più: nei primi anni si pongono i fondamenti della crescita di amore che resterà nella storia futura, anni in cui si fondano le motivazioni dello stare insieme, anni della ricerca di una casa propria, anni di distacco dalla famiglia di origine, anni in cui i giovani sposi passano dall'innamoramento all'amore sponsale.
A questi motivi di preoccupazione - scrive Alfonso Colzani - si aggiunge una certa tensione tra il linguaggio ecclesiale sul matrimonio e la realtà concretamente vissuta dalle famiglie, che accentua il divario tra l'ideale prospettato e la realtà vissuta, con il conseguente dilemma tra la riduzione dell'ideale e la disistima di sé.
Soprattutto i coniugi cristiani chiedono il riconoscimento, non solo teorico, della coppia in quanto tale come soggetto ecclesiale, chiesa domestica, non solo oggetto, ma soggetto di pastorale, capace di dare alla Chiesa un volto e uno stile meno burocratico, manageriale, più familiare e umano, attento alle persone, ai loro bisogni e alle piccole cose'.
Luci e ombre, valori e disvalori, aspetti positivi e negativi costituiscono per la Chiesa un autentico kairòs, un momento di grazia e una sfida alla sua creatività non soltanto in ordine al matrimonio ma in ordine a tutta la sua missione tra gli uomini e nella storia.
La liturgia non può certo rispondere a tutte queste problematiche che investono l'intera vita della Chiesa e le sue molteplici attività: missionaria, catechetica, pastorale, magisteriale, canonica, la riflessione teologica, la spiritualità e soprattutto la testimonianza cristiana degli sposi e delle famiglie, ed esigono la collaborazione di tutte le attività della Chiesa.
Tuttavia, per il suo ruolo riconosciuto di fons et culmen della vita della Chiesa, da cui promana tutta la sua vitalità e a cui sono finalizzate tutte le sue attività, essa può offrire un valido contributo ad orientarsi in tutto questo groviglio di problemi. Anzi, insieme alla Parola di Dio che ne è parte costitutiva, essa può contribuire a dare un afflato spirituale alla teologia del matrimonio, che per troppi secoli è rimasta quasi soffocata dal diritto canonico e dalla teologia morale.
Infatti, come afferma il Direttorio di pastorale familiare, la celebrazione del matrimonio per sua natura è realtà eminentemente evangelizzante: in essa il matrimonio dei battezzati, diventando segno e fonte di salvezza, si fa annuncio della parola che salva ed eleva l'amore umano, arricchisce il popolo di Dio di nuove chiese domestiche e costituisce la famiglia cristiana immagine dell'insondabile comunione di amore che esiste nel mistero trinitario della stessa vita divina.
È realtà evangelizzante perché celebrazione sacramentale, segno che costituisce anche nella sua realtà esteriore una proclamazione della Parola di Dio e una professione di fede della comunità dei credenti: luogo nel quale appare manifesto che i coniugi significano e partecipano al mistero di unione e di amore fecondo tra Cristo e la Chiesa. Con la celebrazione eucaristica, nella quale si inserisce normalmente la celebrazione del matrimonio, inoltre, viene messo in risalto l'intimo legame che intercorre tra il matrimonio e l'Eucaristia, sacrificio della nuova alleanza nel quale i coniugi cristiani trovano la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale.
Proprio perché sacramento della Chiesa, la celebrazione del matrimonio si qualifica come realtà ecclesiale nella quale gli sposi sono inseriti e alla cui vita e missione prendono parte, tanto da fare di tale comunità il luogo normale della celebrazione delle nozze. Essa richiede anche la partecipazione piena, attiva e responsabile di tutti i presenti e dell'intera comunità, secondo il posto e il compito di ciascuno: degli sposi anzitutto come ministri e soggetti della grazia del sacramento; del sacerdote in quanto presidente dell'assemblea liturgica e teste qualificato della Chiesa; dei testimoni, non solo garanti di una atto giuridico, ma rappresentanti qualificati della comunità cristiana; dei parenti, amici e altri fedeli, membri di un'assemblea che manifesta e vive il mistero di Cristo e della Chiesa.
Il 27 novembre 2004, prima domenica di Avvento, com'è noto, è entrata in vigore la nuova edizione del rito del matrimonio, riveduto e ampliato rispetto all'edizione del 1969 sulla base della seconda edizione tipica latina del 1990, e adattato alla situazione delle Chiese che sono in Italia. Esso presenta parecchie novità rispetto al rito precedente, come l'accoglienza degli sposi all'inizio della celebrazione, la memoria del battesimo con l'aspersione al posto dell'atto penitenziale, il Lezionario più che raddoppiato rispetto a quello precedente, le nuove formule dell'interrogazione e del consenso degli sposi, della benedizione degli anelli, della benedizione nuziale con una esplicita epiclesi, la litania dei santi coniugi a conclusione della preghiera universale, svariate possibilità di scelta, nuovi gesti facoltativi come la velazione, l'incoronazione, la consegna della Bibbia.
Come scrive Manlio Sodi nell'editoriale dell'interessante fascicolo n. 6 di Rivista Liturgica del 2004 dedicato al nuovo rito del matrimonio e al suo adattamento per le Chiese che sono in Italia «l'entrata in vigore del Rito rinnovato costituisce stimolo per cogliere lo specifico di questo sacramento, fare chiarezza cioè sulla natura di esso - la sua dimensione antropologica, il suo significato trinitario, cristologico, ecclesiologico, il rapporto con i sacramenti dell'iniziazione cristiana e con gli altri sacramenti, le problematiche riguardanti il ministro o i ministri della celebrazione - stimolo per stabilirne il fondamento nella Parola di Dio e nella prassi della Chiesa; per rilanciare una spiritualità della vita coniugale che non debba cercare al di fuori della coppia le fonti della propria santificazione e missione; per rimotivare una prassi pastorale di accompagnamento mistagogico sia prima che dopo la celebrazione del sacramento; per guardare realisticamente le sfide che oggi vengono poste da una società multireligiosa oltre che multiculturale; per osservare alla luce del sacramento i nuovi rapporti tra famiglia e società; per venire incontro ad una situazione di diffusa fragilità nel rapporto di coppia; e dunque, in definitiva, per riattivare strategie nuove - sicuramente più complesse e articolate di quelle finora attuate - che aiutino gli sposi a passare dalla preparazione e dalla celebrazione del sacramento ad una vita coniugale improntata alla realtà e alle esigenze dell'alleanza.
Allo studio del nuovo rito e delle sue potenzialità la nostra Facoltà ha voluto dedicare il suo nono convegno liturgico-pastorale, di cui il presente volume nella sostanza riproduce le varie relazioni.
Esso affronta l'argomento con il taglio interdisciplinare, l'intento pastorale e l'attenzione agli aspetti ecumenici, che caratterizzano gli otto convegni che lo hanno preceduto: su l'assemblea, gli spazi della celebrazione rituale, il Rito dell'iniziazione degli adulti a vent'anni dalla promulgazione, la Settimana Santa tra liturgia e pietà popolare, il soggetto della celebrazione, il Lezionario biblico della messa, il Messale del Vaticano II, il presbitero nella Chiesa dopo il Vaticano II.
Troviamo in apertura una relazione del prof. Silvano Maggiani, preside della Facoltà teologica Marianum di Roma e presidente dell'APL che ha seguito il lungo e travagliato iter della nuova edizione italiana, che presenta il nuovo rito adattato per le Chiese che sono in Italia nelle sue motivazioni teologiche antropologiche ed ecclesiologiche, nei suoi contenuti a confronto con il dettato della SC e con l'edizione del 1969 (1975) e nelle prospettive liturgiche e pastorali che apre in ordine alla mistagogia e al post-celebrazione. Esso, raccogliendo e interpretando le istanze del recente magistero, vuole essere una risposta alle sfide che vengono dalla cultura del nostro tempo.
Le due relazioni che seguono intendono situare il rito nel contesto della situazione culturale e sociale odierna nel nostro paese, con le sue opportunità e con i fattori di crisi; e all'interno del Magistero della Chiesa, che mai come negli anni del dopo Concilio ha prestato tanta attenzione al matrimonio e alla famiglia, sicuramente mossa non soltanto dalla crisi che si trovano ad affrontare, ma anche e soprattutto dalla nuova sensibilità antropologica, biblica e teologica.
Ci guidano in questa duplice lettura la prof. Ignazia Siviglia felicemente sposata, e nota per la sua sofferta e appassionata esperienza di madre, e il prof. Carmelo Dotolo, della Pontificia Università Urbaniana di Roma, anch'egli laico, felicemente sposato e genitore.
Ignazia Siviglia situa la crisi del matrimonio e della famiglia, documentata dalla diminuzione dei matrimoni non soltanto religiosi ma anche civili e dalla evidente difficoltà della scelta del matrimonio da parte dei giovani, in una società edonistica, nel contesto culturale caratterizzato dalla crescente coscienza della soggettualità, dall'emancipazione della donna e dal femminismo, dalla globalizzazione, dalla sfida bioetica, dalla rivoluzione tecnologica, dalla transizione dalla famiglia patriarcale a quella nucleare, enucleandone le problematiche antropologiche e le linee di tendenza con le opportunità che offrono.
Carmelo Dotolo, esaminando criticamente i documenti del Magistero post-conciliare, evidenzia in mezzo alle oscillazioni osservabili, la nascente consapevolezza di una teologia della famiglia che non sia apologetica e difensiva e non poggi soltanto sulla creazione dell'uomo e della donna ad immagine di Dio, ma li fondi sull'alleanza pasquale di Cristo, e quindi del matrimonio come autentica vocazione cristiana e laboratorio di esperienza ecclesiale.
Situato così il rito, quattro relazioni sono dedicate al suo studio. Il matrimonio e la famiglia hanno il proprio fondamento sulla salda roccia della Parola di Dio che ne illumina l'origine, la vocazione e la missione e lo inserisce nella storia salvifica.
La prof. Maria Armida Nicolaci presenta le tematiche antropologiche e teologiche del Lezionario biblico, notevolmente accresciuto rispetto al vecchio e anche a quello della seconda edizione tipica latina, non soltanto quantitativamente, ma anche qualitativamente e tematicamente. Ella propone una tipologia dei testi, mettendo in luce la tematica dell'alleanza, la dimensione cristica del matrimonio, la positiva tensione tra l'ideale e la debolezza umana e abbozza una suggestiva esegesi di Ef 5,31-32, testo principe del matrimonio cristiano, nel quale sono riconoscibili tutte le tematiche riscontrate nei testi del Lezionario.
Pietro Sorci tratta del ricco linguaggio non verbale nella celebrazione del matrimonio nella tradizione e nel nuovo rito, solitamente poco considerato. E invece la liturgia, quella nuziale come ogni altra, prima che parola è azione; anzi la stessa parola, proclamata e pregata, si configura come evento sacramentale. Come ha affermato Louis Chauvet, un teologo che oggi va per la maggiore in ambito liturgico sacramentale, essa non dice quel che fa, ma fa quel che dice, dice facendo.
Se il canto è segno di festa, e cantare è di chi ama - come afferma sant'Agostino - il canto non può mancare nella celebrazione del matrimonio. Il problema allora non è tanto perché cantare, ma chi deve cantare e che cosa e come cantare in una celebrazione nuziale. La prof. Valeria Trapani, sposa e madre, evidenzia l'urgenza di una conversione di mentalità in cui il canto non sia considerato una cornice ma parte della celebrazione, la necessità di un repertorio, di una nuova musica - alla cui nascita l'entrata in vigore del nuovo rito potrebbe dare un decisivo impulso - l'esigenza di una formazione musicale dei ministri e degli animatori.
Questa sezione di contributi si conclude con la relazione del prof. di Teologia sacramentaria Cosimo Scordato che, a partire dall'eucologia e particolarmente dalla benedizione nuziale, principale luogo teologico del matrimonio, propone una riflessione teologica sul sacramento. Egli presenta il sacramento come passaggio dalla berakaheuloghia all'Eucaristia, anamnesi della benedizione originaria della prima coppia e quindi delle nozze tra Cristo e la Chiesa, ed epiclesi dello Spirito perché attui negli sposi quella benedizione che deve tradursi e prolungarsi nell'esistenza.
Non poteva mancare l'apporto del canonista. Il prof. Vincenzo Murgano illustra le complesse problematiche canoniche, pastorali e liturgiche che si presentano nei casi sempre più frequenti di matrimonio tra un battezzato e un catecumeno o un non cristiano, a cui si riferisce il capitolo terzo del Rito, ne esplicita le motivazioni ecclesiologiche, documenta l'evoluzione della disciplina, e indica le linee di soluzione.
Due relazioni ci permettono di allargare gli orizzonti sul vasto campo ecumenico, presentandoci la liturgia e la teologia delle Chiese orientali e delle Chiese della riforma e permettendoci di confrontarci con esse. Il compito è affidato a due specialisti del settore: il prof. di Teologia orientale Filippo Cucinotta e il Pastore della Chiesa valdese di Palermo Giuseppe Ficara.
Il primo mette a confronto la tradizione orientale e quella occidentale fondate su differenti visioni teologiche, la cui misconoscenza è stata lungo i secoli causa di dolorose incomprensioni. Premesso che nella tradizione orientale dogma e liturgia sono inscindibili, spiega che l'esegesi orientale vede in Gn 1,26-38 l'unione nuziale di Dio con l'umanità e la storia della salvezza come storia di queste nozze, preparate, infrante, ricostruite, e quindi il principio dell' oikonomia, spesso frainteso nella teologia occidentale, come affermazione dell'indissolubilità del matrimonio e della misericordia verso coloro che hanno fatto l'esperienza del naufragio.
Il Pastore presenta il matrimonio e la sua celebrazione nella teologia delle Chiese della Riforma. Dopo aver riassunto brevemente la concezione dei padri della Riforma Lutero e Calvino, per i quali il matrimonio non è sacramento - segno cioè a cui la parola di Cristo avrebbe legato una peculiare promessa di grazia - ma dono grandissimo di Dio, nobilissimo stato di vita, e luogo in cui l'uomo e la donna esercitano la virtù, l'amore e si onorano reciprocamente, si sofferma sull'esegesi barthiana di Gn 1,26-28: l'immagine di Dio secondo la quale l'uomo e la donna sono creati e la loro capacità di entrate in relazione con Dio. L'uomo e la donna sono fatti capaci di una relazione simile. Per la teologia della Riforma non esiste il matrimonio, ma i matrimoni, in quanto l'istituzione si evolve con la storia: ciò che permane è il suo essere richiamo al patto tra Dio e l'essere umano. Spiega quindi la problematica del divorzio che nelle Chiese della Riforma è riconoscimento della possibilità dell'incapacità del perdono e della riconciliazione. Infine trattando della celebrazione nella Chiesa mostra, come sua caratteristica, la centralità della Parola del Signore.
Gli ultimi contributi sono di taglio pastorale. Il prof. Basilio Petrà di origine greca, docente di Teologia morale preso la Facoltà Teologica di Firenze, conoscitore della prassi e della teologia tanto orientale che occidentale, ed esperto nelle problematiche matrimoniali, offre piste di riflessione per affrontare il problema che pongono alla comunità cristiana le convivenze di fatto e il matrimonio di divorziati risposati, problema angustiante per gli interessati e le loro rispettive famiglie, per i Pastori e per tutta la comunità ecclesiale, presentando le varie soluzioni prospettate dai teologi e proponendo un'originale soluzione rispettosa dei dati biblici e magisteriali.
Infine i proff. Danese e Di Nicola, che da anni lavorano con competenza in questo ambito, offrono una relazione a due voci sugli itinerari formativi in vista della celebrazione e le linee di spiritualità coniugale a partire dalla celebrazione del matrimonio. Registrando la sete di spiritualità, essi insistono sulla necessità della formazione umana, di rimotivare cioè la scelta del matrimonio aiutando a scoprirlo come vocazione prendendo le distanze dallo spiritualismo, dall'intellettualismo e dall'elitismo ereditato dai secoli passati, e abbozzano i tratti di una spiritualità familiare che si riconosca dai fatti. Rispondendo alla domanda "a che cosa formare?", affermano che si devono formare i fidanzati e gli sposi a scoprire il tu come vicario di Dio, all'obbedienza reciproca di cui parla Ef 5,21, alla gioia della fedeltà, alla gloria del corpo.
Infatti, hanno scritto recentemente i vescovi d'Italia:
«il rito liturgico non è mai una realtà statica e predefinita, collocata sopra la storia delle persone e la loro vicenda affettiva. Rappresenta piuttosto la grammatica indispensabile per comprendere la singolare e irripetibile vicenda d'amore che caratterizza il cammino di ciascuna coppia nella prospettiva dell'amore di Dio. Ed è proprio Dio ad avere pensato e voluto per ciascuna coppia una peculiare attuazione di quel "mistero grande" di cui i primi interpreti sono il Cristo sposo e la Chiesa sposa. Nulla di ciò che è autenticamente umano nell'esperienza affettiva resta escluso dal cammino sacramentale, di cui il rito è il culmine. I sentimenti nelle più diverse forme e modulazioni, i desideri e le attese nella loro multiforme espressione, l'integralità del dono (a partire dalla sessualità come compimento dell'unione e della fecondità dell'amore), la valenza spirituale che accompagna ogni autentico dialogo d'amore di chi accoglie il progetto di Dio sulla propria vita: tutto trova posto e senso pieno nella ricchezza della celebrazione liturgica del Rito del matrimonio, che diviene così punto di arrivo del fidanzamento, ma anche punto di partenza per una vita familiare ricca di grazia e orientata alla santità».
Il volume vuole offrire un messaggio di speranza ai giovani che si preparano al matrimonio, alle donne e agli uomini sposati, alla Chiesa e alla società civile.
Il matrimonio infatti - come affermano i vescovi della Francia - è l'unico cardine per fondare una famiglia, chiesa domestica, cellula fondamentale della società. È una oppurtunità per l'avvenire degli uomini e le donne del nostro tempo, come pure della società civile.
Esso - dice la benedizione nuziale tramandata dal quinto secolo gode di una benedizione originaria che né il peccato di origine, né la catastrofe del diluvio, né il castigo di Sodoma e Gomorra hanno potuto cancellare. La benedizione nuziale, ogni volta che si celebra un matrimonio, evoca e attualizza quella benedizione.
LA SECONDA EDIZIONE DEL "RITO DEL MATRIMONIO": MOTIVAZIONI, CONTENUTI E PROSPETTIVE
di Silvano Maggiani
"Io N., accolgo te, N., come mio sposo/come mia sposa. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre..."
(Rito del Matrimonio, n. 71)
Premessa
Celebrare il matrimonio cristiano tra la fede nel Dio di Gesù Cristo e l'appartenenza ecclesiale
La "manifestazione del consenso" nella formulazione verbale della prima forma riportata nell'editio typica latina dell'Ordo Celebrandi Matrimonium, prima edizione 1969 (OCM,1969) è identica a quella della seconda edizione dell'Ordo Celebrandi Matrimonium del 1990 (OCM,1990). La formulazione fu tradotta alla lettera nella prima edizione del Rito del Matrimonio in italiano del 1975 (SM, ristampa 1989): "Io N., prendo te N., come mia sposa (come mio sposo) e prometto di esserti fedele sempre nella gioia e nel dolore...".
Nella seconda edizione del Rito del Matrimonio (RM 2004) per la Chiesa in Italia approvato secondo la delibera dell'Episcopato italiano nel 2002, confermato dalla Congregazione per il Culto Divino e la disciplina dei Sacramenti il 29 aprile 2004, il testo della prima forma del consenso è stato adattato e integrato con le ormai note espressioni iniziali: "Io N., accolgo te, N., come mio sposo (come mia sposa). Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore...".