Anche i cagnolini
EAN 9788860992390
La professoressa Cloe Taddei Ferretti ha vissuto il suo lungo e intenso percorso scientifico tra l’interesse per le Neuroscienze, come ricercatrice del CNR, e la passione per la Teologia, alla ricerca di un continuo dialogo tra le complesse teorie della mente e gli affascinanti sentieri del pensare filosofico teologico, in particolare come responsabile del gruppo di studio in Scienza cognitiva nel Seminario di Epistemologia presso la Sezione S. Luigi della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Ha coltivato, inoltre, una costante attenzione di studio per il tema della donna con interessanti contributi in ambito antropologico e biblico-teologico: Progetto di Dio per l’uomo/a-donna/o (in La donna nella chiesa e nel mondo, Napoli 1988, 353-395); La donna e l’autorità: Figure bibliche (in Le donne si interrogano, Napoli 1999, 65-106); Persona e neuroscienze (in L’identità di genere tra istanze neuroscientifiche e prospettive antropologiche, Bologna 2014).
Dentro quest’orizzonte di studio, Taddei Ferretti si è interessata anche alla questione dell’ordinazione delle donne nella Chiesa cattolica. Nel 1999 pubblicò in merito un interessante articolo: In margine agli antichi riti di ordinazione delle diaconesse, in Studium (1999) 225-272. Ora, nel libro che qui presentiamo, ha voluto ristampare quel saggio, con l’aggiunta di un nuovo studio dal titolo Le cose che riguardano Dio, che «continua il discorso dopo quindici anni, concentrandosi sulla ipotetica possibilità di ordinazione presbiterale della donna» (p. 10). Completano il volume, una bella prefazione di monsignor Raffaele Nogaro, un’ampia bibliografia e l’indice dei nomi.
Il saggio del 1999, a dispetto del titolo, abbraccia un orizzonte più ampio di ricerca sui Ministeri femminili delle origini (pp. 15-22) e insegue, in particolare, le possibili Tracce di un ministero sacerdotale femminile (pp. 22-36), a partire dalla volontà di Gesù nel contesto dell’ultima cena, all’analisi del termine presbyteros nel Nuovo Testamento, alle varie funzioni delle donne nella chiesa antica, fino alla controversa questione dell’ordinazione sacerdotale di alcune donne nella Chiesa clandestina cecoslovacca.
Ma qui preferiamo soffermarci sulla riflessione circa il Ministero diaconale femminile nella prospettiva della “reciprocità tra donna e uomo” (pp. 36-58), che acquista ora nuova attualità, dopo l’istituzione da parte di papa Francesco di una Commissione di studio sul diaconato delle donne (2 agosto 2016), che annovera sei donne su dodici membri. «Credo che farà bene alla chiesa chiarire questo punto», aveva detto il papa il 12 maggio, durante l’incontro con l’Unione delle Superiore Generali (12-5-2016): «mi sembra utile una commissione che chiarisca bene questo, soprattutto riguardo ai primi tempi della chiesa».
Lo studio di Taddei Ferretti si sviluppava, infatti, proprio sui “dati storici”, riconoscendo, attraverso numerose testimonianze (puntualmente recensite nell’ampio apparato scientifico), la presenza delle diaconesse nella chiesa «in varie epoche e in varie sedi» (p. 23), ma sottolineando che il problema «riguarda piuttosto il significato da dare al loro ministero, se è quello di un ministero ordinato oppure istituito, se cioè le diaconesse erano incluse nel clero oppure no» (p. 38). È evidente che la questione riveste grande importanza nell’eventualità di una restaurazione del diaconato femminile nella Chiesa cattolica. Si tratta, infatti, di capire se – considerando proprio «l’evoluzione subita nei secoli dai riti di ordinazione e dalle funzioni delle diaconesse» – si debba pensare a «un diaconato maschile e un diaconato femminile» che siano «diversi tra loro quanto ad alcuni particolari dei riti di ordinazione e quanto a funzioni», oppure possa essere auspicato «un unico diaconato per persone di ambedue i sessi» (p. 43).
L’analisi sinottica dei riti di ordinazione del diacono e della diaconessa nella Chiesa bizantina sembrerebbero confermare un rituale sostanzialmente simile per tutti e due, almeno per l’imposizione dell’horarion o stola diaconale, che dovrebbe indicare «il pari valore delle ordinazioni e la pari dignità dell’ordinato/a» (p. 45). D’altra parte, il rito presenta anche delle differenze rilevanti: «la formulazione delle orazioni è diversa»; e inoltre «solo la diaconessa non distribuisce a nessuno il santo Sangue dal calice che ha ricevuto» (ivi).
Tuttavia, per Taddei Ferretti, tali differenze avevano un senso nel quadro dei modelli antropologici del tempo, che imponevano di associare ruoli e funzioni in modo rigido e precostituito all’uomo e alla donna. Mentre l’attuale contesto, che considera la persona in un orizzonte relazionale, di “reciprocità dinamica”, permette di superare la logica di un’«intrinseca diversità tra strutture a incastro» in favore di un’originaria «capacità relazionale della persona nelle sue molteplici dinamiche articolazioni» (p. 49): esso potrebbe perciò aiutarci a interpretare in una prospettiva “unificante” le ambiguità presenti negli antichi riti di ordinazione. In ogni caso l’esistenza di distinti diaconati storici maschile e femminile non dovrebbe essere considerato un ostacolo per l’unificazione del ministero diaconale. Tale unificazione, anzi, «sarebbe un atto diaconale della chiesa tutta verso l’umanità, in quanto avrebbe carattere profetico verso quegli strati dell’umanità in cui la coscienza del valore della persona, della relazionalità e della reciprocità non è ancora maturata» (p. 57).
L’indagine si sposta, quindi, sul versante teologico, alla ricerca di un significato della configurazione a Cristo Servo, propria del ministero diaconale, che possa esprimersi e compiersi pienamente anche per la donna. Taddei Ferretti propone a riguardo una riflessione di carattere simbolico-sacramentale molto suggestiva: «Come conseguenza del modo di Gesù di essere Capo facendosi Servo, il vero soggetto idoneo a rappresentare sacramentalmente Cristo Servo e ad agire in Persona Christi Servi nella diaconia […], che esprime il senso stesso della chiesa, sarebbe proprio la donna, in quanto la donna per secoli è stata ritenuta naturaliter subiecta e storicamente è stata posta in condizione subiectionis e lo è tuttora in gran parte del mondo con esiti anche tragici» (p. 55).
Passiamo ora al nuovo studio, Le cose che riguardano Dio (pp. 59-122), che presenta un’ampia e precisa ricognizione delle ragioni a favore o contrarie per un’“ipotetica ordinazione presbiterale delle donne”, un bilancio critico riassuntivo, considerato, però, solo come «una premessa – in un certo senso abbandonabile in toto – per una proposta di tutt’altro genere», centrata sulla preghiera (p. 111).
Il bilancio-premessa si articola in nove punti: il motivo della subordinazione; il simbolismo sponsale Cristo-chiesa; la figura di Maria; identità femminile e persona; persona e reciprocità; il valore teologico della “maschilità” di Cristo; il motivo della “vocazione”; il valore della dottrina esposta da Inter insigniores (1976) e Ordinatio sacerdotalis (1994); il motivo del rapporto tra segno e sostanza del sacramento. Ognuno di questi punti, ovviamente, è stato oggetto nel tempo di un’elaborazione storica e teorica estremamente ricca e complessa, per cui risulta denso di molteplici possibilità ermeneutiche, disponibile a risolute soluzioni di sbarramento, ma anche a promettenti prospettive di apertura e di nuove possibilità. Taddei Ferretti s’inoltra in questo difficile, affascinante percorso cercando di far emergere ovunque le ragioni positive della possibilità, con rigore critico, mai con la pretesa di rivendicazione, ma sempre con il garbo del suggerimento e della proposta.
Sarebbe difficile e forse anche inopportuno ripercorrere tutti i punti qui presentati. Tuttavia, si deve sottolineare che nell’esplorazione di alcuni di essi la riflessione dell’autrice appare particolarmente originale e profonda, in particolare per quei punti che chiamano in gioco le sue competenze specifiche nel campo delle neuroscienze, come, ad esempio, circa il complesso motivo dell’identità femminile nel quadro di una visione relazionale della persona. Qui Taddei Ferretti rigetta con decisione il “determinismo neurogenetico”, che interpreta le differenze tra uomini e donne in termini di “differenze complementari” per natura, sostenendo una visione della persona inserita nel «processo evolutivo di una natura, la quale non va considerata come un sistema statico già dato e di per sé normativo», ma come «un sistema aperto alla complessità e alla novità» (p. 87).
Ugualmente, pagine molto belle e profonde si leggono sul tema della “reciprocità”, che apre la via verso una visione antropologica in cui la persona (quindi anche la donna) è colta «nella sua potenzialità di trascendersi, di relazionarsi al diverso/a da sé, superando l’alienazione dall’altro/a, sempre in agguato, e sostituendola con l’identificazione con l’altro/a, con la compassione e con quella condivisione nella quale possiamo riconoscere il nucleo del movimento di incarnazione» (p. 90).
Ma veniamo ora alla sezione più originale e interessante dello studio, che propone un “approccio differente” alla questione, quello della “preghiera”, dal quale deriva il titolo del libro: Anche i cagnolini. Esso sta molto a cuore all’autrice, che lo ritiene «l’intendimento principale» di questo studio, non certo per un atto di sfiducia nella riflessione critica e nella teologia, ma semplicemente perché le difficoltà e gli ostacoli della situazione attuale, in particolare il «“no” autoritativo della Ordinatio sacerdotalis» (p. 112), invitano ad aprire uno spazio d’invocazione nel cuore di tanti: «una preghiera al Signore, affinché ciò che è impossibile possa divenire possibile» (cf. Mt 18,19-20). Una preghiera brevissima, essenziale, di impronta biblica, formulata nei termini dell’invocazione della donna cananea (cf. Mt 15, 21-28) e di Eb 5,1-4: Sì, o Signore, ma possono anche i cagnolini essere chiamati, per il bene degli esseri umani, alle cose che riguardano Dio (p. 121).
Taddei Ferretti chiarisce subito che tale preghiera non è formulata «per appoggiare un principio al posto di un altro», ma solo per amore della bellezza di Dio. La bellezza delle sue opere e del suo sogno di salvezza, che «include anche e si manifesta in ogni fiorire di comunione fra diversi». La bellezza della parola e della prassi di Gesù, che, «nella sua sponsalità di universale amore, non ha discriminato alcuna categoria di persona» (p. 114). In essa risalta in particolare l’atteggiamento della donna, che agisce «senza violenza, senza orgoglio, senza paura, senza incertezza» e con la sua fiera umiltà, la sua fede profonda quasi «libera la libertà di Gesù».
Da parte nostra auguriamo che questa preghiera possa diventare veramente la preghiera di tanti nella chiesa, e che il Signore possa esaudirla come e quando lui vorrà, secondo la sua benevolenza.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-4/2016
(http://www.pftim.it)
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