Siamo sicuri che serva ancora andare a scuola? Paola Mastrocola, non nuova alle imprese letterarie, già Premio Campiello e finalista al Premio Strega, pone provocatoriamente al lettore una grande domanda sul significato dell’istruzione scolastica. “Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare” è infatti un libro amaro che si interroga non solo sulla canalizzazione del sapere ai più giovani, ma sul dove stia andando a finire la nostra società. Conoscenza e sapere dovrebbero essere il fulcro per il miglioramento di sé, ma questi concetti si sgretolano in una vita dove sono il consumo e la carta di credito a predominare. Analiticamente e ironicamente la prof Mastocola, docente di lettere in un liceo scientifico, ci induce a riflettere sulle responsabilità di tutti, scuola e famiglie in primis, sull’abbassamento del livello culturale della scuola pubblica e privata dove i ragazzi non si vergognano più di prendere brutti voti, convinti che lo studio non serva a costruirsi davvero un futuro promettente. L’autrice allora esorta i giovani a scegliere liberamente se studiare oppure no, riflettendo su cosa realmente questa scelta comporti, cercando di ignorare pressioni sociali e familiari. “Togliamo il disturbo” punta il dito soprattutto contro la generazione della scrittrice, ma lo fa senza luoghi comuni o moralismi, semplicemente spronando a una svolta genitori assenti e professori ormai disillusi perché riportino nei più giovani l’interesse allo studio. Siamo forse una società troppo ricca, si chiede la Mastrocola, in cui non si sente più l’urgenza di andare a scuola, di costruirsi un futuro passando ore su un libro, è sicuramente più immediato internet e la chat con gli amici, andare il weekend a sciare con le famiglie piuttosto che leggere Kafka. E se la metà degli studenti di quarta ginnasio fa errori di ortografia e non sa nemmeno come calcolare il minimo comune multiplo questo diventa un problema sociale in cui è necessario chiedersi: davvero tutti devono andare a scuola? La necessità democratica di portare tutti i giovani sui banchi di scuola con il passare del tempo ha fatto sì che si abbassasse il livello medio di insegnamento e scolarizzazione per permettere ai più di comprendere, ma la società è costituita non sola da scienziati e dottori, ma anche da manuali e panettieri. Non obblighiamo i ragazzi a studiare, propone in modo politicamente scorretto “Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare” e stimoliamo chi lo desidera a conservarsi un tempo interiore, in cui parole e conoscenza si fondono e sono chiave di una grande felicità.