Karl Löwith: la questione antropologica. Analisi e prospettive sulla menschenfrage
(Temi del nostro tempo)EAN 9788860814753
Segnaliamo volentieri nella nostra rivista quest’opera di un giovane ricercatore italiano (classe 1979), che dal 2005 vive a Freiburg in Germania, dove svolge attività di ricerca presso la Albert-Ludwigs-Universität. È un esempio di quella «fuga di cervelli» dall’Italia, lamentata da molti come un danno, ma che può essere vista anche come una realtà positiva, come la promessa di un dialogo sempre più fecondo tra studiosi di varie nazionalità. Studiare all’estero aiuta a farsi una mentalità aperta, innovativa, a relativizzare i problemi locali, a guardare in avanti con fiducia. L’opera che presentiamo va in questa direzione. Analizza con profondità e precisione un tema centrale per chiunque si occupi di filosofia e di teologia: «Che cos’è l’uomo? In che cosa si distingue dall’animale? Qual è la sua essenza specifica?». Nel compiere la sua ricerca, Rossini mostra che Löwith vuole filosofare senza ricorrere all’ipotesi Dio e perciò imposta il suo pensiero sul binomio uomo-mondo. L’essere umano fa parte della natura, e quindi è provvisorio su questa terra; nulla fa supporre che la stirpe umana sia eterna, potrebbe scomparire come si sono estinte molte altre specie. Con la semplice ragione quindi non si riesce a concepire un futuro di salvezza, perché solo chi fa il «salto nella fede» e si abbandona fiducioso in un Dio provvidente può trovare un senso certo alla propria vita e alla storia. Ma ciò va oltre la ragione.
Per Löwith il dubbio, la skepsi, è la caratteristica del filosofare, e quindi egli sottopone a critica i filosofi del passato e del presente, reagendo al mito del progresso illimitato e dell’onnipotenza dell’uomo. È noto che M. Heidegger non amava molto il suo antico allievo e la più aspra critica che sia mai stata rivolta a K. Löwith si trova proprio in una sua lettera del 1954: «Non sa pensare, ma sa solo illustrare il pensiero altrui». Questa critica è vera solo in apparenza: come mostra Rossini, è vero che le varie opere di Löwith sono sempre in dialogo con gli altri pensatori del sec. XX e che la sua critica non risparmia nessun mostro sacro dell’Occidente: da M. Weber a S. Kierkegaard, da K. Marx a F.W. Nietzsche. Lo stesso Heidegger è giudicato senza mezzi termini, come un pensatore che non tiene conto della fisicità dell’uomo, del suo essere corpo, un organismo condizionato come gli altri esseri del cosmo. L’uomo infatti non è più il centro del cosmo, ma un essere accanto agli altri. In realtà si vede che l’antropologia di Löwith mira a superare il dilemma tra il nichilismo di Nietzsche, visto come l’esito sconfortante della modernità, e il decisionismo pragmatico, che di volta in volta assume il volto marxista, nazista, del progresso tecnologico, ecc., ma che egualmente non soddisfa la domanda incessante su chi è l’uomo.
Löwith ha coniato una formula che sintetizza bene il suo pensiero: l’uomo è un «fragendes Wesen», un essere che continua a porsi domande su tutto: su se stesso, sul mondo, sulla natura, sulla tecnica su Dio. Un essere che entra in relazione cosciente con il mondo che lo circonda. Ciò lo distingue dall’animale e dalle cose. Ma nello stesso tempo indica il suo limite. La ragione umana non riesce a spiegare tutto il reale, e neppure può dare una risposta definitiva alla storia e alla sua esistenza. Continuare a cercare è una ripresa di temi cari ad Agostino e a Pascal: «Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato... Cerchiamo per trovare e troviamo per cercare ancora!». La grandezza e la miseria dell’uomo consiste in questa sua «natura» che va oltre la natura fisica, ed è l’imperativo etico a cui nessuno può sottrarsi. Forse, secondo Rossini (p. 155), è questa la lezione di Löwith: egli pone molte domande in modo preciso, ma non dà una risposta e la sua filosofia assume sempre più la forma di un messaggio e di un compito (una Aufgabe) che spetta a noi tentare di risolvere.
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n. 169 (1/2009)
(http://www.credereoggi.it)