Ermeneutica tra Europa e America Latina
(Voci dall'America)EAN 9788860813312
La riflessione sull’ermeneutica di questo studio, che vede nel dialogo interculturale il punto di partenza per un’analisi più matura e più aperta verso una ragionevole esperienza di confronto tra culture diverse, propone numerosi saggi concernenti un’interessante comparazione tra la cultura europea e la cultura dell’America Latina. Ciascun saggio, in armonia con gli altri, sottolinea e difende l’approccio interculturale e interdisciplinare dell’ermeneutica e considera possibile e grandemente fruttuoso l’utilizzo delle riflessioni e dei risultati provenienti da alcune scienze umanistiche, soprattutto dalle cosiddette “filosofie seconde” le cui riflessioni sono fortemente legate all’osservazione della realtà da cui traggono origine, come la filosofia delle religioni, del diritto, della politica, dell’estetica, dell’etica e, alla bisogna, anche di alcune discipline più propriamente mediche come la psichiatria. Nel saggio di Giuseppe Cacciatore, Ermeneutica e interculturalità, per esempio, si afferma con forza che l’approccio ermeneutico è irrinunciabile e fondamentale per la comprensione della cultura di un dato paese. Tuttavia, va anche detto che questa opzione filosofica non è in sé e per sé rigida e dà il meglio di sé se si propone come “filosofia interculturale” e interdisciplinare. A tal proposito, l’autore scrive che «il compito che una filosofia interculturale può oggi assumere è quello di una discussione ad ampio raggio tesa a riformulare o a rinnovare categorie che devono recuperare tutto il loro valore critico rispetto alla dimensione totalizzante dell’ideologia del pensiero unico e della globalizzazione. Penso alle idee di democrazia, al concetto di sovranità, ai concetti di libertà, giustizia, solidarietà, dignità umana, identità, sviluppo diritti umani, etc., che sono, proprio perché storicamente determinati e legati ai contesti sociali e culturali, continuamente esposti alla crisi e alla consumazione, ma non per questo diventano ferri vecchi da lasciare nello scantinato ad arrugginire» (p. 49). Dunque, il pensiero occidentale ed il pensiero ispano-americano, sebbene singolarmente seguano un itinerario culturale che è diverso fin dalle proprie origini, insieme si danno come un dialogo unitario che tende a dare al lettore uno sguardo comprensivo delle due civiltà, sia dal punto di vista ermeneutico che da quello culturale. Ci sono lineamenti che si intersecano tra loro e ci sono anche altri che, pur non avendo alcun punto in comune, percorrono vie parallele. La diversa nazionalità e formazione filosofica degli autori dei saggi riuniti in questo volume si coglie sì, ma solo marginalmente. Il termine “ermeneutica” si presenta nella storia del pensiero filosofico contemporaneo come un termine già maturo che si emancipa dal riduzionismo di una cultura che lo aveva legato e relegato al significato di “testo” o che, comunque, lo aveva limitato all’ambito di una realtà da sottoporre necessariamente ad interpretazione. A partire da Hans Georg Gadamer e da Paul Ricoeur, il concetto di “ermeneutica” guadagna un significato aggiuntivo ed un’applicazione più mirata alla comprensione fondativa dell’esistenza mondana e della storia, sia sotto il profilo teorico che pratico. Infatti, come si legge nella presentazione, «lo stesso spazio ermeneutico della storicità – alla luce dell’elaborazione filosofica di Heidegger, almeno fino a Sein und Zeit – si amplia e si slarga (fino talvolta a perdere la sua stessa consistenza fattuale-empirica) per diventare assoluta pre-comprensione linguistica di ogni esistenza mondana» (p. 7). Quindi, l’ermeneutica, che pur rimane geneticamente legata all’evoluzione del concetto (di metodo), non deve cedere alla tentazione di caratterizzarsi meramente come una filosofia dell’interpretazione (pre)determinata dalle coordinate storiche e culturali della realtà ontica. Infatti, gli autori di codesto volume sottolineano la ricchezza e la fecondità dell’applicazione dell’ermeneutica in tutti i campi del sapere. Il senso più profondo del suo concetto supera la necessità interpretativa del sistema di criteri cui, finora, ha dovuto obbedire la cosiddetta realtà testuale. In realtà, l’ambito dell’ermeneutica indica, nel suo insieme, dei percorsi interessanti di studio, legati anch’essi, in un modo o nell’altro, ad una interdisciplinarietà certa. Per esempio, il saggio di Giuseppe Cantillo, La logica del comprendere nel pensiero psicopatologico di Karl Jaspers, introduce al fatto che proprio uno studio su testi di carattere psichiatrico mostra che, secondo le analisi jaspersiane, ogni individuo debba essere considerato nella sua umanità e non solo come un caso patologico, pronto ad essere classificato astrattamente come fattispecie di una certa, approssimativa e certamente non esaustiva nomenclatura scientifica. È vero che non è possibile, per lo specialista, arrivare ad una comprensione totale ed assoluta degli atti psichici, ma è necessario, proprio a partire dalla coscienza di questo limite, iniziare a concepire un’ermeneutica reale veramente applicabile al settore riguardante la psicopatologia. Cantillo, nel ricordo di Dilthey e di Husserl, in riferimento al «delirio di gelosia», fa notare come Jaspers abbia suggerito rilevanti indicazioni metodologiche per gli studi di psicopatologia. Infatti, «in primo luogo egli giustifica e perfeziona il metodo biografico già seguito nella dissertazione, ampliando le storie delle malattie in vere e proprie storie di vita raccontate con ricchezza di particolari. Il che significa che la psichiatria ha a che fare non tanto o non soltanto con le astratte entità o unità morbose, con le classificazioni delle malattie, quanto con i pazienti come individualità, come singole personalità, soggetti di esperienze vissute. In secondo luogo Jaspers introduce la distinzione tra due vie della conoscenza psicologica e psico-patologica: la via del “comprendere” [verstehen] e quella del “concepire” [begreifen] o dello “spiegare” [erklären]» (pp. 63-64). Si registra, nel Novecento, un’altra necessità che è in relazione intrinseca con la presenza dell’ermeneutica tra i temi maggiormente trattati dai filosofi. Essa è stata oggetto di attenzione, e non sempre secondaria, da parte di studiosi quali Dilthey, Cassirer e Ricoeur. Pensiamo alle diverse formulazioni critico-letterarie del postmodernismo del secolo scorso che hanno potuto fare a meno di unirsi alle proposte metodologiche di un’ermeneutica che, di volta in volta, trova la sua applicazione nel rispetto di un contenuto cui deve dare forma e che rifletta sull’adeguatezza delle strategie e delle metodiche da applicare alla realtà empirica oggetto di studio. Ed è proprio questo concetto rinnovato di ermeneutica che unisce i singoli saggi del presente volume. Ma questo aspetto comune non distoglie ogni singolo studioso dall’affrontare il molteplice nella sua realtà storica e nei suoi aspetti particolari, anche se all’apparenza poco significativi. La problematicità ermeneutica, nell’unire le esigenze dell’ampio “spazio ermeneutico della storicità” con i singoli peculiari contenuti fattuali dell’esperienza, riflette, in questa caso, primariamente su se stessa, sulla propria relazione con il molteplice, con l’alterità di un certo determinismo della storia che non sempre si presenta immediatamente leggibile. E non è sufficiente affermare che l’uomo è il soggetto interpretante e, allo stesso tempo, l’oggetto interpretabile ed interpretato. L’ermeneutica è costitutiva della condizione esistenziale dell’uomo a causa di un vero approccio e di un approccio vero al reale, approccio che non è necessariamente decodificabile in termini chiari ed immediatamente evidenti dallo stesso soggetto interpretante. E, tuttavia, la comunicazione dell’interpretante, all’interno di una comunità di interpretanti e di interpretati, avviene sia sul piano del pensiero che sul piano dell’azione. Il senso dell’ermeneutica presente in questo volume sottolinea la problematicità esistenziale e filosofica del “mondo della vita”. L’aspetto sostanzialmente problematico si esprime nel “testo”, storico, geografico e religioso, che racchiude, sulla base di un codice linguistico preesistente, il senso nucleare dell’esistenza mondana e storica. Codesto senso può richiedere, secondo un’ammissione razionale dell’alterità, una rifondazione del molteplice, che non esclude affatto l’Assoluto. Quindi, l’ermeneutica, in questo senso, si fa carico di interrogarsi sull’uomo e sui problemi principali della sua condizione storica. L’azione dell’interpretante non deve chiudersi entro i soli confini testuali in quanto l’affermazione del testo in sé e per sé coincide con l’affermazione della sua realtà fattuale-empirica e storica. Codesta coincidenza non comporta però, necessariamente, un’identità tra “testo” e realtà. Dunque, bisogna fare attenzione a non confondere il processo storico, individuato e decodificato dall’ermeneutica, con la Storia, intesa come Principio assoluto. Il metodo ermeneutico, correttamente applicato, attualizza nel sincronico esperienziale del presente il diacronico del passato e trova nell’attualità dell’oggi una “logica” che giustifica l’esito attuale di un singolo essere umano o della storia stessa che così si fa via razionale e fonte inesauribile di ricerca ermeneutica. La trattazione storica della realtà non è, però, acritica e mantiene il dialogo come momento radicale, non indifferente, della ricerca interpretativa. Alcuni studi, contenuti nel presente volume, si occupano dello sviluppo della riflessione ermeneutica in relazione ad una coscienza storica che deve essere sempre pronta ad accogliere la memoria come momento di costruzione, di “archeologia” dell’esistenza. Per esempio, il saggio di María Eugenia Borsani, Aproxximaciones a una hermenéutica analógica, sottolinea il fatto che la memoria ha un valore prioritario per la “coscienza storico-effettuale”. Si tratta di una coscienza implicante il tema fenomenologico dell’intersoggettività, intersoggettività che rafforza l’ermeneutica dell’io e del suo vissuto. L’autrice, che ricorda Verità e Metodo di Gadamer, non dimentica di citare il filosofo tedesco quando scrive che «nuestro autor sostiene che “la conciencia histórica tiene noticia de la alteridad del otro y de la alteridad del pasado, igual que la comprensión del tú tiene noticia del carácter personal de éste. En lo otro del pasado non busca casos de una regularidad general, sino algo históricamente único”» (p. 43). La volontà di rifiutare qualsiasi modalità solipsistica all’interno delle metodologie ermeneutiche porta a riconsiderare nuovamente la presenza di un io interpretante nella storia. In questo senso, si fa maggiormente evidente l’aspetto dell’incontro, del dialogo, del “dire attraverso”, all’interno di un quadro antropologico complesso, fatto di analogie e di differenze. L’ermeneutica “scopre” il mondo e lo comprende proprio attraverso lo strumento dialogico fortemente caratterizzato in senso razionale e critico. Ed il riferimento alle filosofie dell’America Latina illustra, laddove è necessaria una riscoperta mentale del mondo, proprio questo aspetto. L’ermeneutica è fatta propria da quelle culture dove emerge l’esigenza di un rinnovamento del concetto di praxis sul piano etico e su quello politico. Va anche detto, tuttavia, che, nei casi in cui le libertà e i diritti della persona non sono pienamente rispettati, il dialogo è ugualmente presente, ma sotto forma di finzione, sotto la forma in un gioco linguistico, le cui regole sono immediatamente applicabili alla sfera religiosa, etica e politica. Qui, l’ermeneutica è utilizzata proprio nel momento fondamentale del dialogo, ma secondo una finzione di dialogo, che, in realtà, è semplicemente un monologo dell’interpretante. Si deve tenere presente, però, che la finzione del dialogo, sotto l’aspetto più decisamente negativo, è anch’essa soggetta ad interpretazione, oltre che essere un’argomentazione che convalida un’apparente trasparenza religiosa, etica e politica. Tra l’Europa e l’America Latina, il dialogo ermeneutico permette di individuare un utile confronto culturale tra due culture diverse e portatrici di significati e di significanti differenti. Esso porta inevitabilmente la ricerca al disoccultamento della verità dell’altro, costruendo un approccio che prende il proprio alimento dalla realtà empirica in cui si consuma il destino dell’uomo. Dunque, le diverse proposte ermeneutiche raccolte nel presente volume non solo si caratterizzano per il loro contenuto, ma anche per un filo conduttore che fa convergere le singole analisi verso un pensiero aperto e dinamico che dischiuda allo studioso la possibilità di ricercare l’essenza della dimensione esistenziale nel dialogo. Il metodo dell’ermeneutica si esprime, così, in una filosofia del dialogo che si completa con l’ammissione concettuale e storica dell’alterità.
Tratto dalla rivista Aquinas n. 3/2009
(http://www.pul.it)
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