La bellezza del crocifisso
(Tra arte e teologia)EAN 9788851404260
Sedici sono le opere raccolte in questo vol. che rappresentano la crocifissione di artisti come Giotto, Masaccio, Jan van Eyck, Diego Velázquez, Picasso, Dalí e altri. Un percorso di evoluzione della teologia della croce che va dall’VIII al XX secolo. L’intento degli aa. è quello di cercare di «tenere in vista i due aspetti della bellezza della croce: quello della rappresentazione e quello dello sguardo». «Alla luce dei due aspetti – sostengono – possiamo rivisitare alcuni momenti maggiori della contemplazione della croce nella storia del cristianesimo ». In fondo al vol. si trovano un c. sui temi legati all’iconografia della crocifissione, le referenze fotografiche e la bibliografia essenziale.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2010 n. 20
(http://www.ilregno.it)
A prima vista potrebbe ingannare questo libro dedicato all’icona del Crocifisso, poiché si è proiettati a credere che si tratti del solito centone di libro illustrato a soggetto sacro. Gradevole se si vuole agli occhi, ma di scarso contenuto. Leggendo l’impegnata introduzione di Alberto Cozzi, pp. 5-39, si cambia subito parere. Viene prospettata la sequenza delle interpretazioni storiche del Crocifisso, che inizialmente durò fatica per passare dalla situazione del nudo realismo del patibolo alla simbologia del mistero di salvezza nei riguardi di tutti gli uomini. Ma lungo la storia anche la simbologia andò via via attenuandosi, quando dalla pittura si venne ad amare la rappresentazione del figurato: ai piedi della Croce ci sono le pie donne, san Giovanni Evangelista e gli strumenti della passione.
A parte la secolare interdizione delle immagini, la iconoclastia del cesaropapismo, che faceva «tabula rasa» di ogni raffigurazione simbolica nella Chiesa Orientale, al punto da costringere tanti monaci a rifugiarsi in Occidente per salvare la rappresentazione pittorica del Divino crocifisso; l’icona non doveva essere adorata in sé, ma venerato il simbolo a cui essa rimanda, quale prototipo trascendente.
Una tappa importante la si ebbe con san Francesco che trasforma lo strazio della croce in un dono di letizia per gli uomini. Il Poverello gusta la bellezza di Dio nelle piaghe, tanto da avere le stigmate nel suo corpo. Per Urs von Balthasar la croce è un simbolo che rimanda ad altri più elevati simboli, al mistero delle persone trinitarie di Padre, Figlio e Spirito Santo.
Dalle molte e suggestive esegesi del crocifisso emerge la metafisica di questa realtà simbolo, che si può esplicare con Dio che va verso l’uomo, e con l’uomo che si consegna totalmente a Dio nella finitudine corporale della morte. Dipende dallo «sguardo», cioè da come si interpreta questa «rappresentazione», che non finisce mai di scandalizzare, anche ai nostri giorni. Si tratta da una parte della logica divina con l’amore che riscatta; e dall’altra, della logica dell’amore sacrificale che riscatta le sconfitte «a nostro salvamento». Le due visioni partono dal cuore di colui che ha assunto il ruolo, in ossequio al volere del Padre, di salvare: «Guarderanno a Colui che hanno trafitto» (Gv 19,37).
Le schede sui crocifissi articolate con i più rilevanti pittori sono corredate con commenti, preghiere, risonanze, brani di santi padri tanto da renderle avvincenti e ben selezionate con una «via pulchritudinis in Deum». Il risultato finale è che si illustra questo simbolo del cristianesimo in una sintesi felice di teologia e di bellezza.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2010, nr. 2
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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