La fuga delle quarantenni
-Il difficile rapporto delle donne con la Chiesa
(Problemi aperti) [Libro in brossura]EAN 9788849832211
Questo nuovo saggio di don Armando Matteo sulla «questione femminile » nella chiesa si collega idealmente agli altri due, sempre pubblicati nell’interessante collana «Problemi aperti» della Rubettino (cf. Id., Come forestieri. Perché il cristianesimo è diventato estraneo agli uomini e alle donne del nostro tempo [2008]; Id., La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra giovani e fede [2010]). Dal primo volume di carattere generale, l’analisi dell’A. diventa sempre più mirata sui soggetti, prima i giovani e ora le donne. I dati sociologici sono letti in vista del loro significato teologico e pastorale. Il punto di partenza di quest’ultimo saggio è una constatazione molto facile da fare per chiunque abbia consuetudine con gli ambienti delle parrocchie italiane: «Il tradizionale scarto di una maggiore adesione alle credenze e alle pratiche di fede che ha sempre connotato le donne rispetto agli uomini [...] tende ad azzerarsi con il comparire delle nuove generazioni di donne» (p. 19). Che la religione in genere e il cristianesimo in particolare fossero considerate «cose di donne» è risaputo.
Luigi Meneghello, nel suo famoso Libera nos a Malo (1964), ha una pagina che merita di essere riletta nella situazione attuale: «Il matrimonio cristiano è una specie di missione in partibus: il maschio è naturalmente pagano e tocca alla sposa cristiana non tanto convertirlo, quanto salvargli l’anima. [...] La fede si trasmette principalmente così, per linee ginecologiche: [...] finché c’è donne, c’è speranza» (ed. BUR, Milano 2006, p. 118). Certo, oggi le donne non si considerano più missionarie in partibus infidelium che cercano di salvare i loro rozzi mariti dalla dannazione eterna. Che anche le donne non siano più così religiose come un tempo, è un dato quasi scontato, sarebbe da meravigliarsi se nel clima di una società secolarizzata le donne fossero rimaste immuni dal contagio di un’ideologia che imposta la vita a prescindere da Dio. Ciò che importa è studiare le conseguenze di questo dato di fatto sulla trasmissione della fede da una generazione all’altra, come ormai da più parti si sta facendo (cf., ad esempio, sul ruolo determinante delle donne nell’educazione religiosa della prole la ricerca ormai datata, ma ancora valida sul piano storico, diretta da J. Delumeau [ed.], La religion de ma mère: le rôle des femmes dans la transmission de la foi, Cerf, Paris 1992).
L’analisi di A. Matteo, mette in rilievo che la posizione della donna nella chiesa risente di molti fattori: lo stato sociale di minorità della donna è stato recepito anche all’interno della chiesa come cosa ovvia. Molteplici sono i servizi che le donne svolgono nella chiesa, ma sempre come subordinate ed esecutrici. Inoltre, un’interpretazione semplicistica del peccato di Eva ha contribuito nei secoli a considerare le donne come seduttrici, come pericolose per i buoni cristiani, pur se alcune figure femminili sono state esaltate, poste come modello da imitare, ma in un’ottica di sacrificio di sé, di mistica del servizio. Sembra quasi che queste siano virtù femminili e non invece virtù universali, modelli e ideali di vita che vanno condivisi da entrambi i sessi. Questione di potere o tabù del sesso? È difficile dirimere nettamente i due problemi. Anche oggi l’adesione delle donne alla fede, pur se in calo, sarebbe più forte di quella degli uomini. Ma l’impressione è che per molte giovani donne di oggi la fede, o meglio l’appartenenza alla chiesa, sia percepita come una sottomissione, un piegarsi a un potere che non viene più considerato «sacro» o quanto meno non più conforme al Cristo servitore, che lava i piedi dei suoi discepoli.
Fintanto che la donna vede nella chiesa istituzionale un ostacolo alla propria emancipazione e alla conquista dell’effettiva parità con l’uomo, esisterà un «difficile» o ambiguo rapporto con la chiesa stessa. Solo il richiamo costante al modo evangelico e liberante con cui Cristo ha agito verso le donne può dare un nuovo impulso a verifiche e cambiamenti nello stile pastorale delle comunità cristiane. È l’augurio che ci viene da questo volume che merita di essere seriamente meditato da chi vuol bene alla chiesa e alle donne.
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n. 4 del 2012
(http://www.credereoggi.it)
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maria il 12 giugno 2012 alle 18:46 ha scritto:
Quel tipo di donna fugge dalla chiesa e da tutto il resto solo per affermare se stessa. Un egoismo distruttivo, che fa male alla famiglia cristiana. Donne di poca fede.