Religione come pensiero e come azione. Prospezioni filosofiche (La)
(Biblioteca di studi filosofici) [Libro in brossura]EAN 9788849827842
Una serie di contributi, occasionati da varie circostanze, di un pensatore la cui produzione, vasta e qualificata, ha trovato un puntuale riscontro nell’ambito della critica specialistica. La fatica più meritevole, che l’ha imposto all’attenzione della comunità dei filosofi, è stata l’edizione critica in traduzione italiana di Tutti gli scritti di Paul Yorck Von Wartenburg (Milano, Bompiani, 2006, pp. 1931), figura notevole della filosofia tedesca del secondo Ottocento.
D’ora in poi, lo studioso che vorrà conoscere il conte Yorck e, attraverso lui, indagare quell’intreccio di fermenti e di intuizioni che hanno segnato la coscienza europea tra Otto e Novecento, troverà in quest’edizione una base documentaria insostituibile e una miniera di suggestioni filosofiche di alto valore teoretico. Sfogliando gli undici capitoli del volume in esame non è arduo rendersi conto del tentativo, fatto da angolazioni diverse, di integrare l’ermeneutica del dato religioso nella concretezza del fluire della vita. Infatti, una delle idee-guida della raccolta dei saggi è costituita dalla persuasione che il momento noetico dell’essere, ereditato dalla filosofia greca, sia da lasciare in ombra, a favore di «una diversa forma di intenzionalità: l’intenzionarsi dell’essere da e a partire dalla volontà (Scoto), con cui ripensare la stessa dottrina della creazione» (p. 19).
A fondamento di quest’indirizzo filosofico è da richiamare la radice della persona, e cioè la dimensione simbolica, il cui statuto di costitutiva libertà e di atto creativo la rende traccia vivente di trascendenza e dialogicità, apertura all’infinito come presenza e dono. Siamo oltre la clausura del mondo antico, con il suo ordinamento statico e “naturistico”. Tra l’uomo e Dio non vi è solo un rapporto di pura somiglianza, che è pur sempre un rapporto di distanza e di estraneità. Il rapporto che qui si ritiene qualificante è il rapporto di appartenenza, che rinvia a «un’osmosi dinamica, una condizione essenziale per la fondazione di una reale esperienza di storicità» (p. 103). Si impone come davvero originale il richiamo al volontarismo scotista, come a un percorso di grande fecondità.
Tra i molti motivi, uno viene particolarmente messo in luce, e cioè il fatto che l’attenzione è prevalentemente concentrata intorno al piano etico, che è il piano della ragion pratica o meglio della responsabilità, il cui privilegiamento è da riporre nel ruolo qualificante della “libertà”, quale concetto che permette di non uscir fuori di noi per trovare l’Incondizionato, ma di restare in noi e in noi sentire l’eco della libertà di quel Dio, al quale “apparteniamo”. Assieme a Hans Jonas l’autore osserva che, a differenza dell’interpretazione tradizionale, che individuava nella “facoltà teoretica” dell’uomo il suo primario punto di congiunzione con l’intelletto divino, con Kant, e prima con Scoto, l’uomo è sollecitato a ricercare questa fondazione all’interno della sua “ragion pratica”, cioè della volontà, in cui risiede il suo potenziale di perfezione morale. Riflessioni storiografi che che “danno da pensare” per una rilettura “francescana” della storia della filosofia.
Tratto dalla rivista "Miscellanea Francescana" n. I-II/2011
(www.seraphicum.com)
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