I nodi della vita
(Dialoghi oltre il chiostro)EAN 9788849517392
Intento dichiarato del presente testo è riflettere sul tema della vita analizzandolo da un punto di vista squisitamente filosofico, senza con questo disdegnare un sincero dialogo con saperi altri (teologico, bioetico, e nello specifico etico-morale, antropologico, ontologico, ma anche scienza e tecnica), mostrandone in tal modo la complessità intrinseca e rifuggendo da facili e frequenti riduzionismi.
Il tema della vita, infatti, è divenuto negli ultimi decenni centrale nel dibattito contemporaneo, non solo specialistico (sia esso filosofico, sociologico, giuridico), ma anche massmediatico (si pensi soltanto a quale e a quanta esposizione mediatica sono state sottoposte le recenti vicende di Terry Schiavo o di Luana Englaro, per esempio), cosicché possiamo ben dire che siamo nell’epoca del bios (si parla di bio-politica, ma anche di bio-filosofia, bio-giuridica, bio-etica…). Tuttavia, a questa centralità non sempre corrisponde una riflessione che sappia evidenziarne la specificità rifuggendo dalla tentazione di ridurla alle categorie del pensiero scientifico (sia esso biologico o fisico o chimico).
Nel primo capitolo del testo sono presi in esame quattro paradigmi etici: il primo al confine tra metaetica e ontologia dei principi, che tende a individuare dei criteri etici validi in prima istanza ma senza pretesa di assolutezza ontologica; il secondo è quello della vita buona, con espliciti riferimenti alla concezione aristotelico-tomista delle virtù; il terzo è quello neo-utilitarista, incentrato soprattutto sui criteri del consequenzialismo e della qualità della vita; il quarto è quello dell’etica liberale, incentrato sul concetto di giustizia sociale. Analizzata, seppur sinteticamente, la “forma” di vita soggiacente a tali paradigmi, Gallinaro sottolinea la problematicità della vita stessa, conseguente alla sua struttura dinamica e complessa.
Nel secondo capitolo si cerca di individuare anzitutto l’origine e i criteri di sviluppo di tale struttura, in dialogo soprattutto con il pensiero scientifico. Inevitabile è il confronto con il paradigma evoluzionistico, analizzato nella sua versione postdarwiniana, di cui si sottolineano aspetti fertili e potenziali esiti riduzionistici, in particolare in rapporto al pensiero complesso, inteso come sguardo sul vivente che ne mette in evidenza contingenza, relazionalità e singolarità. A partire da queste premesse teoriche, Gallinaro affronta la questione della vita in riferimento al sapere tecnoscientifico, sviluppando quello che lui chiama il “quadrato noetico”, ossia la biofilosofia della complessità di Morin, la biofilosofia fra soggetto e comunità di MacIntyre, il rapporto tra biofilosofia e libertà proposto da Jonas, la biofilosofia della persona di Spaemann.
Le premesse poste nei primi tre capitoli sembrano trovare compiuta elaborazione a partire dal capitolo quarto, il cui titolo, Salvare la vita?, è significativo delle intenzioni speculative dell’autore: far interagire la vita con il suo opposto, la morte, svelandone la connessione intima e ambigua, nel senso che essa può divenire via di salvezza per il vivente o causa di annichilimento. La riflessione, dunque, si concentra sull’aspetto soteriologico e, per così dire, escatologico della questione vita, rappresentando, in tal modo, senz’altro uno degli aspetti potenzialmente più fertili e interessanti dell’intero testo. In ottica cristiana, l’essere del mondo è creato da Dio ex nihilo, tratto fuori dal nulla, ed è finalizzato al compimento escatologico nella parusìa: ancora una volta il tempo assume centralità nell’ermeneutica della vita.
In modo chiaro ed esaustivo, Gallinaro confronta il paradigma escatologico cristiano con tre modelli assunti come icone della sensibilità contemporanea: il pensiero neopagano, la filosofia concentrata sulla dimensione patetica dell’essere, la prospettiva post-secolare. La domanda di base che sostiene il confronto è: come è possibile salvare il tempo della vita da una declinazione sostanzialmente nichilistica, che lo intende come semplice trascorrere dell’esistenza in direzione della morte, intesa come totale e definitivo annientamento della vita? Con grande lucidità, Gallinaro prende atto del fatto che «l’ethos contemporaneo sembra pericolosamente concordare sul fatto che piuttosto che trasformare il “pianto” della vita in “gioia”, impossibile al di fuori dell’onirico e dell’immaginario, occorrerebbe, invece, assumere pienamente un’altra verità: fuori del tempo dell’esistenza della vita umana, non s’intravede nessun altro fondamento, se non la vita stessa in quanto eccezione cosmica, transeunte, e destinata, infine, a consumarsi» (p. 181). Il capitolo quinto segna una svolta argomentativa del libro, nel senso che si passa da una prospettiva storico-teroretica a una ermeneutica, la quale, tramite la ripresa, anche in dialogo con la cosmologia e la biologia contemporanee, delle categorie classiche di causalità, contingenza e analogia, sembra delineare la controproposta di Gallinaro all’inflessione nichilista contemporanea di cui sopra. In particolare, è proposta un’interpretazione della creazione come rapporto analogico fra originante e originato, narrato tramite la metafora mitica dell’immagine e somiglianza.
L’analogia è letta come carattere dinamico della creazione, la quale non è creata dal Creatore come oggetto definito, ma come soggetto di una dinamica che dice la sua libertà: riprendendo la tommasiana creatio continua, Gallinaro sottolinea che la creazione è un concetto aperto, perfettamente in grado di esprimere il carattere dinamico della realtà creata, cosicché viene disinnescato alla base ogni rischio di cortocircuito con il paradigma evoluzionistico. La stessa interpretazione trinitaria della creazione, pur analizzata nel testo, sfugge a qualsiasi rischio di formalismo essenzialista, che in quanto tale inchioda la realtà a un’identità fissa e definitiva.
Dopo questo fecondo confronto tra razionalità teologica e razionalità scientifica, il capitolo sesto si concentra su I nodi della persona umana, proponendo tre categorie fondamentali per una proposta antropologica: individuo, soggetto e persona. In particolare, la prima dice la parziale autoreferenzialità dell’uomo che, se da una parte ha una strutturazione materiale propria, dall’altra, di necessità, si rapporta all’alterità; fin dalla propria struttura materiale l’uomo esibisce la capacità di trascendersi, sulla base della relazione (la sua è un’autopoiesi etero-relazionata). La soggettività, che dice coscienza e libertà, oggi è messa in questione soprattutto dal sapere neuroscientifico, le cui sfide sono necessariamente solo accennate nel testo.
In ultimo, della persona si forniscono tre semantizzazioni, dichiaratamente non definitive, che, riprendendo il pensiero di san Tommaso, sottolineano la natura complessa, olistica, relazionale, sociale, dinamica, originale dell’essere umano, sintetizzabile nell’affermazione che l’uomo è autosussistente, ma non autosufficiente. L’approccio alla persona è, dunque, ontologico, genetico e culturale, prospettive riprese e approfondite del capitolo settimo, Le categorie dell’esistenza vitale personale. L’ultimo capitolo, intitolato Vita-morte nell’era tecnologica, rilegge il tema della vita alla luce del suo contrario, o presunto tale, riprendendo le riflessioni sul tema di tradizione soprattutto tomista, tendenti a sottolineare l’intimo legame tra il fenomeno della vita e l’esito della morte, ovviamente inserito in una prospettiva teologica che allarga lo sguardo della razionalità teologica, proponendosi come feconda e valida alternativa alle subdole apocalissi ed escatologie tecnofile contemporanee.
A lettura ultimata rimane l’impressione che il testo lasci in eredità al lettore più problemi di quanti ne risolva, e questo, sia ben chiaro, filosoficamente parlando è più un pregio che un difetto, se è vero come è vero che dare risposte intelligenti è da persone intelligenti, mentre porre domande interessanti è da persone geniali. Il libro di Gallinaro pone non poche questioni interessanti, pur non essendo del tutto chiaro, a volte, il punto di vista specifico dell’autore su alcune di esse. Probabilmente, è questo un criterio metodologico adottato da Gallinaro, che, in una relazione quasi socratica, preferisce far maturare al lettore un proprio punto di vista sui temi trattati.
Il pregio principale del libro è il suo concentrarsi su tematiche di estrema attualità, non disdegnando, ma anzi assumendo come proprio specifico un continuo confronto con la razionalità scientifica, mirando al superamento dell’antica diatriba tra Geisteswissenschaften e Naturwissenschaften, tra cultura e natura: riuscirvi è forse chiedere troppo a qualsiasi libro, ma questo testo rappresenta comunque un interessante punto di passaggio.
Tratto dalla rivista "Asprenas" n. 1-4/2010
(http://www.pftim.it)
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