Comunicare l'impresa sociale
(Le bussole)EAN 9788843048830
Le realtà del terzo settore e le associazioni più varie che punteggiano la Chiesa e la società italiana hanno spesso il problema di comunicare la propria presenza e le proprie attività. È un settore molto affollato che conta in Italia 221.000 istituti non profit, di cui solo il 6% ha una presenza significativa in più regioni. Ha 4,5 milioni di addetti, ma in grandissima parte volontari, perché i dipendenti non superano le 620.000 unità. Trovare la via per giungere ai media e per entrare nel mercato dell’informazione non è facile, né immediato. Il volume di Fabrizio Mastrofini e Girolamo Rossi rappresenta un piccolo e prezioso strumento per orientarsi e decidere in merito. Nelle funzioni generali della comunicazione d’impresa un primo compito è quello di favorire l’identificazione (marchio o logo).
Fino a che la propria immagine non emerge è difficile andare oltre la cerchia dei conoscenti diretti. Non tutte le associazioni, ma molte realtà del terzo settore sono anche interessate alla comunicazione commerciale, alla possibilità di vendere prodotti o servizi. Hanno molto da attendersi anche dalla comunicazione di appartenenza, da quella comunicazione, cioè, che coinvolge i propri addetti, i propri utenti e il proprio territorio, presentandosi ai media come presenza positiva all’interno della società civile e come significativa in ordine alla comunicazione di senso e di significato. Sono realtà interessate anche alla comunicazione di ascolto e controllo, cioè all’informazione di ritorno rispetto alle iniziative mediali, a quanto la gente recepisce del proprio esporsi nei media. Il mercato è saturo, ma lo sono soprattutto i cittadini. Ogni giorno una persona riceve qualcosa come 3.000 messaggi pubblicitari fra radio, TV, carta stampata, affissioni, volantini, SMS e web. Di comunicazione ce n’è troppa e ovunque. Per questo ciascuno di noi decodifica il messaggio secondo un processo di metabolismo mentale che privilegia alcuni e rimuove gli altri. Abbiamo tutti la percezione di una comunicazione in eccesso, per cui il sistema comunicativo non riesce più a istituire quelle differenze e quelle opposizioni di senso che creano significato. Per un’associazione, una cooperativa o un’iniziativa produttiva del terzo settore riuscire a far passare il proprio «marchio» significa anche risanare la qualità della comunicazione.
Tutto questo comporta la capacità di lavorare in équipe, di comunicare il senso positivo del proprio lavoro, di saper utilizzare le competenze professionali che s’incontrano. E conseguentemente curare gli strumenti essenziali: portavoce, ufficio stampa, mailing list, sito web, sistema di archiviazione e rassegna stampa, grafica della comunicazione. È importante in particolare capire quando un fatto o un’iniziativa può diventare notizia. Comunicare costa. Le industrie vi destinano il 5% delle spese. Le iniziative del terzo settore non lo possono fare, ma una comunicazione «povera» non significa inefficiente. La sua qualità morale può favorire l’efficacia informativa. I cinque brevi capitoli si concludono con una dozzina di stringati suggerimenti che vale la pena riprendere. Il comunicatore deve: conoscere la propria organizzazione; consolidare i rapporti con i canali comunicativi disponibili; evitare d’immaginare un ruolo nazionale mentre è locale; evitare ridondanze; non essere presente tutti i giorni sui giornali; usare non la pubblicità, ma l’intervista o la comunicazione informale; puntare sulla semplicità della comunicazione e l’aggiornamento continuo; accrescere le proprie competenze di comunicatore; organizzare iniziative spendibili sul piano comunicativo; produrre un’informazione facile in arrivo; investire sugli operatori; comunicare in forma etica, non aggressiva, non ridondante, non inutile.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2009 n. 16
(http://www.ilregno.it)