Come Gesù divenne Dio
-La problematica storica della venerazione più antica di Gesù
(Biblioteca di cultura religiosa)EAN 9788839407764
Come iniziò quella storia per cui un uomo vissuto più di 2.000 anni fa in Israele venne considerato Dio? Con quali termini storici Gesù si è conquistato tale titolo tra i primi cristiani suscitando lo sdegno del mondo ebraico? Come accadde che i primi seguaci dell’uomo di Nazaret, morto sulla croce, riconobbero in quest’ultimo il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe risorto dopo il suo seppellimento? Sono queste le problematiche di fondo che fanno da filo conduttore all’interessante vol. edito ora anche in Italia; questioni in cui l’a., nella potente ispirazione religiosa che sottende la nascita del cristianesimo, scorge la genesi di un evento unico e irripetibile per tutta la storia umana.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2010 n. 18
(http://www.ilregno.it)
Da quasi un trentennio, Larry W. Hurtado, professore di lingua, lettera- tura e teologia del Nuovo Testamento all’università di Edimburgo in Scozia, è impegnato nella ricerca storico-fenomenologica e teologica incentrata sul- la prima “venerazione” di Gesù, come “figura divina” emergente nel proto- cristianesimo. Il suo tomo magistrale, Lord Jesus Christ: Devotion to Jesus in Earliest Christianity, Grand Rapids - Cambridge 2003 (già tradotto in italiano con il titolo, Signore Gesù Cristo. La venerazione di Gesù nel cristianesimo più antico, I-II, Brescia 2006-2007), è considerato dagli studiosi una lettura essenziale su questo argomento.
Il presente lavoro (testo originale inglese: How on Earth did Jesus become a God? Historical Questions About Earliest Devotion to Jesus, Grand Rapids 2005), più breve, è composto da due metà strettamente correlate. La prima parte (capp. 1-4) riprende gli aspetti salienti della ricerca di Hurtado contenuti in Lord Jesus Christ (2003) e rappresenta il corpus delle sue lezioni tenute presso l’Università Ben Gurion del Negev in Israele, in apertura del ciclo annuale di conferenze (progetto Deichmann) per lo studio accademico della letteratura giudaica e cristiana di età ellenistico-romana. I primi capitoli del testo in esame evidenziano, in particolar modo, le implicazioni di quest’argomento per le relazioni ebraico-cristiane. La seconda parte del libro (capp. 5-8), che presenta versioni leggermente modificate di quattro articoli dello stesso autore pubblicati in precedenza (dal 1998 al 2003) su argomenti correlati, considera più da vicino le questioni esegetico-teologiche e mette in luce l’apporto specifico della ricerca di altri studiosi: A. E. Harvey, J. D. G. Dunn, P. M. Casey, R. Bauckham, N. T. Wright, L. T. Stuckenbruck, A. F. Segal, C. C. Newman.
Questa combinazione di “pezzi” tematici affini, in origine distinti, danno luogo però ad alcune “sovrapposizioni” tra le due metà del libro, in quanto gli articoli ristampati nei capp. 4-8 sono spesso in riferimento e citati parzialmente nelle note della prima parte; pur tuttavia, è utile avere questi scritti insieme in un unico volume a carattere divulgativo e di facile accesso a un va- sto pubblico.
Il libro, in apertura, introduce subito la questione del doppio senso del ti- tolo e dà un’anticipazione dei punti principali della trattazione tematica. Nel primo capitolo, in contrasto con il poderoso e influente lavoro di Wilhelm Bousset (Kyrios Christos, 1913), Hurtado sostiene che la “devozione” a Gesù non si è sviluppata solo gradualmente tra i cristiani ellenistici, ma deve aver avuto un inizio “più esplosivo” (p. 38) tra i primi circoli cristiani della Giudea. Inoltre, questa “devozione” non è derivata da nuove intuizioni teologi- che su Gesù, ma è nata come conseguenza di qualche potente esperienza di rivelazione divina ai suoi seguaci: «Affermo che la venerazione di Gesù come figura divina sia stata un passo tanto nuovo e importante, e inoltre comparso tanto presto, da potersi spiegare soltanto come risposta alla profonda convinzione delle prime cerchie cristiane che l’unico Dio della tradizione biblica vo- leva che Gesù fosse venerato in tal modo […]. Per quanto sorprendente possa sembrare, le fonti documentarie mostrano che a Gesù il genere di venera- zione che associamo a una divinità venne riconosciuto per la prima volta tra le cerchie di giudei osservanti costituite dai primissimi aderenti al nuovo movimento cristiano. All’inizio Gesù fu considerato degno di onore divino perché i cristiani erano convinti che farlo significava obbedire all’unico Dio» (pp. 42-43). Nel secondo capitolo, l’autore considera il rapporto tra la venerazione di Gesù e la religiosità monoteistica giudaica nell’età del secondo Tempio. Hurtado, a partire dai dati desumibili dal Nuovo Testamento, mostra che l’attribuzione di prerogative divine a Gesù iniziò nei primi circoli pre-paolini del giudeo-cristianesimo, non successivamente con Paolo o con i neofiti provenienti dal paganesimo. Inoltre, questo sviluppo non è stato una “apoteosi” (Gesù diventa un secondo dio), ma piuttosto quello che Hurtado chiama monoteismo binitario, in cui l’unico Dio è adorato “in” e “attraverso” Gesù, suo unico e “principale agente”; ciò differisce dal diteismo, forma di culto politeista, a cui i primi cristiani (ebrei e gentili) rimasero fortemente contrari.
Il terzo capitolo, Vivere e morire per Gesù, considera le conseguenze socio- politiche della devozione a Gesù nel primo cristianesimo, in entrambi i con- testi sia ebraico che ellenistico. Fin dall’inizio, i cristiani non hanno solo tensioni relazionali nell’ambito familiare ma anche situazioni di conflittualità riscontrabile in più ampi contesti sociali e politici. Mentre gli ebrei non-cristiani avrebbero considerato l’adorazione di Gesù come minaccia alla loro religione e blasfemia a Dio, i gentili-pagani non sarebbero riusciti a capire perché i cristiani non partecipassero più ai culti politeisti, diffusi nelle famiglie e nel- la vita pubblica. Sebbene violente persecuzioni sono state rivolte più frequentemente contro i leaders del nuovo movimento, anche i cristiani “ordinari” a volte hanno incontrato gravi difficoltà, soprattutto mogli e schiavi cristiani nei confronti di mariti o padroni non cristiani.
Per concludere la prima parte, viene presentato il noto “inno” pre-paolino di Fil 2,6-11 come un caso emblematico di venerazione antica di Gesù (cap. 4). Mentre la maggior parte degli studiosi si concentra sulla “spoliazione” di Gesù (vv. 6-8), Hurtado sottolinea la sua “esaltazione” (vv. 9-11) e la rilegge come midrash cristologico in riferimento a Is 45,23 e ad altri brani dell’Anti- co Testamento, poiché l’onore divino precedentemente riconosciuto solo a Dio ora è applicato a Gesù. Inoltre, egli suggerisce che tale interpretazione avrebbe caratterizzato, in particolare, gli ambienti giudeocristiani «in cui si studiavano le scritture tradizionali allo scopo di comprendere i piani di Dio per Gesù e in cui si cercava una giustificazione scritturistica alle convinzioni che si nutrivano riguardo al suo significato e al suo status» (p. 107).
La seconda parte inizia prendendo in esame il monoteismo giudaico del I secolo (cap. 5). In risposta agli addebiti mossi da alcuni studiosi a uno dei suoi libri precedenti – One God, One Lord (1988) –, Hurtado sottolinea che non si deve adottare un approccio deduttivo (iniziando con una definizione moderna di “monoteismo puro” e, quindi, trovandolo “imperfetto” in alcuni testi antichi ebraici), ma piuttosto utilizzare un approccio induttivo che prenda sul serio la varietà delle antiche credenze e pratiche ebraiche, seguendone il cambiamento e lo sviluppo nel tempo; in questo modo, si pone l’attenzione al “vissuto” della fede nelle pratiche cultuali e liturgiche, non so- lo ai concetti teologici e dottrinali.
Così, egli mostra come la maggioranza degli ebrei del I secolo sono stati indubbiamente monoteisti, non solo nelle loro professioni verbali, ma soprattutto nelle loro pratiche di culto; inoltre, anche se alcune frange di ebrei ascrivono attributi divini ad agenti di Dio o ad altre figure celesti, nessun tipo di culto è stato mai offerto a tali esseri. Solo due principali gruppi ebraici, cioè cristiani e gnostici, sembrano essere andati troppo oltre l’ortodossia, e ciò alla fine ha prodotto «un irrigidimento del monoteismo rabbinico nel senso dell’abbandono di un monoteismo accomodante e monarchico a vantaggio di una posizione più rigorosamente “monistica”» (p. 148). Pertanto, le pratiche di preghiera e di culto dei primi cristiani rivolte a Gesù, non solo a Dio, sono state «un’evidente e importante innovazione rispetto alla prece- dente prassi religiosa monoteistica giudaica» (p. 149).
Nel sesto capitolo, Omaggio al Gesù storico e venerazione protocristiana, Hurtado ritiene possibili connessioni tra il culto “post-pasquale” cristiano e il Gesù “storico”. Analizzando le varie espressioni in lingua greca dei vangeli come «cadere in ginocchio», «cadere in avanti» e in particolare «rendere omaggio, riverire/venerare», Hurtado conclude che tale lessico riflette principalmente i gesti comuni, in diverse culture tradizionali, per esprimere omaggio o rispetto verso figure considerate superiori (umane o divine), soprattutto se si richiedono favori o benefici. Le descrizioni di persone nell’atto di “adorare” Gesù durante il suo ministero pubblico, in particolare nei racconti matteani, sono spiegate come il tentativo dell’evangelista di rendere certe storie «“accessibili all’assemblea credente”, il contesto usuale in cui i primi lettori avrebbero venerato il Gesù risorto come Signore» (p. 165). Così,
«la venerazione molto più profonda per Gesù tipica delle prime cerchie cristiane in tempi tanto sorprendentemente precoci non era semplicemente il prolungamento del tipo di omaggio riconosciuto al Gesù storico, e non può spiegarsi adeguatamente rifacendosi al suo ministero» (p. 166).
Considerato che l’opposizione dei primi ebrei alla “devozione a Gesù” è ben nota dal vangelo di Giovanni, nel settimo capitolo si punta lo sguardo sugli elementi di prova riscontrabili nei vangeli sinottici e nelle lettere di Paolo. Fin dalle prime fasi, l’opposizione ebraica non era soltanto contro le affermazioni dottrinali su Gesù (i titoli cristologici), ma più decisamente contro le pratiche devozionali in cui i cristiani hanno invocato il nome di Gesù riconoscendogli atti di riverenza ritenuti appropriati solo per Dio. Lo studioso britannico sottolinea che «nei primissimi decenni l’ostilità giudaica fosse dettata da più e diversi motivi» (p. 195), che vanno dall’indignazione, poiché i cristiani hanno esaltato Gesù sopra le grandi figure bibliche del passato come Mosè, all’accusa di «bestemmia» per la condizione divina accordata a Gesù. In conclusione, «è possibile che gli avversari religiosi giudei abbiano intuito prima e più chiaramente degli stessi devoti giudei di Gesù che la loro venerazione era una “mutazione” non da poco nella pratica monoteistica giudaica» (p. 195).
Infine, nell’ottavo capitolo, Esperienza religiosa e innovazione religiosa nel Nuovo Testamento, Hurtado afferma che la ricerca neotestamentaria ha largamente ignorato o svalutato il ruolo dell’esperienza religiosa, concentrando invece l’interesse sugli sviluppi teologici e dottrinali. Al contrario, egli riassume vari studi socio-scientifici che hanno dimostrato quanto sono state importanti le “esperienze religiose di rivelazione” per lo sviluppo innovativo di altri movimenti religiosi nel corso della storia. Hurtado poi guarda da vicino alcuni testi-chiave del Nuovo Testamento per evidenziare l’influenza delle esperienze religiose, spesso descritte come visioni e rivelazioni: «[…] fin dai primissimi anni del movimento cristiano, ci fu chi ebbe a sperimentare quel- le che erano considerate rivelazioni inviate da Dio, dalle quali si traeva la sensazione che la risposta e l’obbedienza che si dovevano a Dio richiedevano che Gesù fosse venerato cultualmente» (p. 216).
Il libro si conclude con un breve epilogo, indici dettagliati, e due appendici: Osservazioni preliminari alla prima serie annuale di conferenze Deich- mann di Heinz-Horst Deichmann (pp. 227-234), e C’è qualche buon motivo per studiare la letteratura cristiana antica all’Università Ben Gurion? di Roland Deines (pp. 235-236).
Come in tutte le sue pubblicazioni, la scrittura di Hurtado è cristallina, le sue argomentazioni solidamente sostenute, e le sue conclusioni abbastanza convincenti. È da rilevare nel testo di Hurtado l’omissione del ruolo dello Spirito santo, solo raramente e brevemente menzionato (pp. 40, 69, 101, 196, 199); eppure, un’ulteriore attenzione alle complesse interrelazioni tra lo Spirito, Gesù e il Padre porterebbe a un quadro ancora più completo delle prime fasi di sviluppo delle credenze e delle pratiche di devozione cristiana.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-2/2011
(http://www.pftim.it)
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