Che cosa sono i vangeli?
(Introduzione allo studio della Bibbia)EAN 9788839407481
Tesi di dottorato dei primi anni Novanta che qui viene ripresa e tradotta dalla seconda edizione (2004) inglese. Il nucleo argomentativo mira a superare l’assenso comune sull’idea che i Vangeli siano una pura riflessione sulla vita e la fede della Chiesa postpasquale. Per l’a. – e l’opinione è sempre più condivisa – i Vangeli furono letti invece come vere e proprie biografie. La lettura parallela di Isocrate, Senofonte, Tacito, Plutarco e Svetonio consente all’a. di mostrare l’inconsistenza dell’opinione diffusa secondo la quale i Vangeli sarebbero opere di genere letterario senza riscontri nell’antichità classica. Essi appartengono quindi al genere delle «vite», cosa che offre nuova comprensione alla cristologia che li ispira.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2009 n. 16
(http://www.ilregno.it)
Questo libro, nato come dottorato all’Università di Nottingham in Inghilterra, ha fatto parlare di sé perché ha affrontato un argomento vitale e sempre caldo, la natura dei Vangeli, offrendo una risposta che sta oggi attirando l’attenzione comune specie nell’area anglofona. In sostanza a chi toglieva ai quattro vangeli qualsiasi tipo di appartenenza a generi letterari somiglianti, facendone un unicum a sé, l’A. con uno studio serrato di comparazione tra i vangeli e le “vite” degli uomini illustri di scrittori del mondo greco romano, mostra che i vangeli vanno visti anche come testi del genere letterario “biografico”, con notevoli incidenze nella loro interpretazione teologica. Nella nuova edizione (2004) l’A. dà atto delle diverse difficoltà presentate contro questa visione, affinando ancora di più la sua proposta. Il lavoro si compone di 11 capitoli, due appendici, bibliografia scelta e indici vari.
L’espressione è nitida, utilissimi i paragrafi di “riepilogo”, la documentazione è ampia, dandoci uno spaccato di storia dell’esegesi dei vangeli. Nella prima parte si affronta “il problema” in quattro capitoli: panoramica storica sul genere vangelo (c. 1), il concetto di genere letterario nell’attuale ricerca (c. 2), il genere “bios” (vita) nella letteratura greco-romana (c. 3), un bilancio del dibattito recente sul vangelo compreso nel genere “bios” (“vita di Gesù”) (c. 4). La seconda parte ha per titolo “la soluzione proposta”, si svolge in altri quattro capitoli tutti intenti a specificare il genere letterario “bios”: caratteristiche di tale genere dal punto di vista esterno ed interno (c. 5), con una concreta applicazione, prendendo cinque esempi di biografia greco-romana prima dei vangeli (tra cui Senofonte, Cornelio Nepote, Filone) (c. 6) e ad altri cinque dopo i vangeli (tra cui Tacito, Plutarco, Svetonio) (c. 7). L’interesse si acutizza quando si fa l’analisi dei Sinottici con gli stessi criteri (c. 8) e segnatamente il confronto con il quarto vangelo (c. 9). Si leggono con interesse le conclusioni e implicazioni (c. 10) e le reazioni avutesi dagli studiosi, varie, fatte di sorpresa e critiche, ma anche consenzienti (c. 11). Non manca una riflessione teologica: riportare il vangelo nel genere letterario del “bios”, cioè come “vita di Gesù” significa riconoscere ancora di più la centralità della persona di Gesù Cristo come tale. Ma questo apre anche un problema se teniamo conto dell’attuale, intensa lettura di Cristo e dei vangeli secondo la Third Question, così radicata sul solco ebraico (rabbinico), privo di “bios”, come invece sono i vangeli.
L’A. se ne rende conto, invitando a riconoscere che proprio questa esaltazione di Cristo scrivendone la vita, è l’originalità della letteratura evangelica. In ogni caso il dibattito è aperto, mostrando in fondo ancora una volta come la conoscenza del contesto ebraico e classico insieme permette di capire meglio Gesù e i suoi vangeli. Un importante contributo ci viene offerto, forse una pietra miliare nella ricerca evangelica, ancor più da accogliere e da approfondire per la moderazione del giudizio. Scrive G. Stanton nella Prefazione: «Sebbene gli evangelisti ignorassero largamente la tradizione delle “vite” greche e romane, questo è il modo in cui i vangeli vennero recepiti e ascoltati nei primi decenni successivi alla loro composizione. È questa una conclusione di “prim’ordine”, poiché l’interpretazione di qualsiasi testo si fonda su una presa di posizione riguardo al suo genere letterario» (p. 10).
Tratto dalla rivista "Salesianum" 72 (2010) 3, 582-583
(http://las.unisal.it)