La credibilità di un’opera storica dipende molto dalla competenza di chi la scrive. Nel nostro caso si tratta di un esperto riconosciuto del pensiero cristiano delle origini, professore di storia del cristianesimo all’Università della Virginia (USA). A lui si deve un eccellente volume: Alla ricerca del volto di Dio, Vita e Pensiero, Milano 2007. L’argomento dell’autore è bene espresso dal titolo: come i cristiani sono stati capiti dai romani, qui rappresentati da grandi figure che ne hanno parlato, rovesciando, o meglio completando l’abituale schema d’indagine, di come cioè autori cristiani, apologeti, teologi, pastori hanno compreso il mondo dei romani.
È un punto di vista, quello scelto dall’A., che ha un duplice valore: far toccare con mano il paradosso storico secondo cui le parole negative su un avversario, in questo caso i cristiani, diventano in fondo attestazione di una presenza significativa; ma, ancora più, dalla ricerca constatiamo la non irrilevanza del fenomeno cristiano nell’ambiente pagano, per suscitare tanto interesse sia pur ostile, e dunque viene da chiedersi le ragioni di tale impatto. L’A. analizza attentamente la posizione di quattro eminenti autori di cui caratterizza la tipicità di comprensione: Plinio il giovane, qualificato come “un gentleman romano” che come tale tratta i cristiani; Galeno di cui si rileva “la curiosità di un filosofo”; Celso, si comporta invece come “un intellettuale conservatore”; Porfirio è “il critico più colto”, ma anche tra gli avversari più duri; Giuliano l’Apostata, il nostalgico, di cui fu proprio il tentativo di contrapporre “legge giudaica e verità cristiana”. La documentazione è ampia e dettagliata, il giudizio soprattutto appare imparziale, capace di evidenziare gli atteggiamenti anche onesti e positivi di questi avversari acerrimi della neonata religione, senza dimenticare di intercettare gli stereotipi che li guidavano, supportati da una diffidenza radicale di fronte ad una religione malcapita e vista nell’ottica di una superba ideologia della virtus romana. Era inevitabile che questa dialettica fosse così acerrima in quanto non era ancora maturato il tempo di una lettura provvidenziale dell’imperium nell’ordo cristiano. Traguardo tuttavia che non apparirà imposto totalmente dall’istanza della fede dall’esterno, ma in certo modo appare promosso dagli stessi avversari, per quel tanto che essi riconoscevano di valido nell’evento di Gesù Cristo o quanto meno per l’impegno di osservare le leggi entro un quadro di legalità.
L’A. nell’introduzione ricorda un giapponese che lo ringrazia per avergli dato, tramite questi personaggi romani studiati, nuove armi contro il cristianesimo! È buffo, ma non c’è da meravigliarsi: se la critica paludata da ragioni scientifiche continua lungo i secoli, non ha una certezza indiscutibile proprio per la precomprensione ideologica che ne tarpa le ali. La fede accetta la ragione e dunque presta attenzione a obiezioni di Celso e Porfirio, ma non può condividere il rigetto totale e ironico del dato cristiano, perché la ragione qui sconfina indebitamente nel razionalismo prevenuto.
Tratto dalla rivista "Salesianum" 72 (2010) 2, 365-366
(http://las.unisal.it)