Cristianesimo da esercitare. Una nuova educazione alla fede
(Coscienza/Studi)EAN 9788838240355
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Quel verbo "esercitare" con cui viene esigìto che il cristianesimo si coniughi nella storia e che dovrebbe aprire a una nuova educazione alla fede, è un verbo che meriterebbe molte considerazioni. Anche per liberarlo da alcuni significati, non autentici e non voluti dalla sua stessa natura, con cui la cultura diffusa contemporanea spesso pensa di intendere pur senza domandare.
Ed è quanto fa in modo magistrale mons. Franco Giulio BRAMBILLA nelle otto pagine di prefazione. Tra l'altro scrive: "L'espressione "esercizio del cristianesimo" ha una lunga tradizione spirituale ed ecclesiale. Essa allude al fatto che la sequela del discepolo è un"tirocinio", il rischio con cui la libertà del credente sottopone la speranza cristiana la prova del tempo, anzi della propria epoca. Per questo gli "esercizi spirituali" sono un'operazione guidata dallo Spirito, perchè Egli ci fa essere "contemporanei" di Gesù, senza sottrarci alle dinamiche e alle attese del nostro tempo. [...] La testimonianza come "esercizio" significa che la vita cristiana è un agire che sa assumere le forme della vita umana come un alfabeto in cui dirsi e in cui realizzarsi" (pp. 14-15)
L'Autore, con questa opera, intende contribuire una legittimazione magisteriale e teologica di questi esercizi della fede, costruendo un'architettura pianificata che tiene conto delle ultime sollecitazioni ecclesiali Congresso di Verona, Progetto culturale) e magisteriali (la Deus caritas) e le urgenze dell'uomo contemporaneo. Cercando in questo modo, almeno nelle intenzioni dichiarare, di contribuire a superare la dicotomia tra l'angelicità della teologia e la diabolicità della prassi, la scientificità del teologo e la condizione meramente esecutiva del pastoralista, per non separare il sapere della fede e la pratica nei ministeri ecclesiali. Per evitare che "la figura del pratico nella vita cristiana perda il contatto vivo con la dogmatica e la spiritualità, e si estenui in un'interminabile ricerca del compromesso per rendere praticabile l'esistenza cristiana" (BRAMBILLA, p. 13)
Sfogliando le pagine di questo volume, leggendo capitoli e paragrafi e lasciandosi prendere dai corsivi nel testo e dalle citazioni nelle note si rimane stupefatti della perfezione del dire e del parlare e dell'evocare e del citare e da quanta cultura teologica e altro siano invase queste pagine. Molte analisi, considerazioni, indicazioni, prospettive...: sono questi i tempi e i modi di quel verbo "esercitare" con cui dovevamo coniugare il cristianesimo?
Chi sono i destinatari di questo nuovo esercizio del cristianesimo? Da questo volume si deduce che debbano essere i teologi, i vescovi... o che anzi queste parole siano talmente fuori ogni destinatario che sono per tutti, al di sopra di tutti. E quindi per nessuno.
La postfazione di mons. Domenico GRAZIANI sembra percepire questo disagio? Quando scrive che "è necessaria una maggiore presa di coscienza, capace di trasformare i temi in un "sentire comune", in una consapevolezza ecclesiale condivisa". Ma poi continua a "riflettere sulle grandi mutazioni", ad esigere "l'obbligo di un'analisi di comunità libera da posizioni ideologiche...".. e a prevedere un qualche welfare state della pastorale che è la missione e a chiamare in causa (finalmente) la figura di laico credente.
Ma l'esercizio dov'è? Quali le testimonianze per esercitare questo cristianesimo e dare ragione della nostra fede? Quali le storie di queste testimonianze e di questi esercizi del credere? Quali pedagogie politiche, reali che ci rendono nella fede di fondazione contemporanei a Cristo e nel suo esercizio prossimi agli uomini di oggi con la carità?
Da questo volume si può imparare molto se si vuole conoscere quello che si sa nel modo migliore di presentarlo. E se questo apprendimento confermato riesce poi ad orientare l'esercizio del cristianesimo significa che abbiamo superato quella distanza che separava gli uomini reali dall'uomo dei teologi e che alcuni ci hanno aiutato a colmare, altrimenti dobbiamo ancora constatare come nel frattempo è ancor più aumenta la distanza e la teoria appartiene ad un 'secolo mentale' diverso da quello in cui gli uomini supplicano una terapia dell'esistere e un itinerarium mentis in Deum. Ed in tutto questo la liturgia è stata trascurata, impoverita, ridotta a qualche festa e lo Spirito che la vivifica è altrove dove una nuova ed inaspettata umanità si sta educando su esercizi di testimonianza del Vangelo e alla quale saremo debitori di nuove forme di esercizio del cristianesimo. Sperando che qualcuno dia voce alla loro voce e dignità alla loro testimonianza di fede e ci aiuti non solo a "intus-legere" (dinamica di flessione verso il proprio 'ombelico culturale') ma "ad occhi aperti" ex-surgere (dinamica di elevazione per andare verso gli ombelichi culturali degli altri, a farci tirare su, a lasciarsi salvare), ad e-ducarci a divenire adulti, riconoscendoci l'umano e condividendo in benedizione il dono della liberazione e della salvezza del Risorto. Perché farsi risorgere è un esercizio quotidiano della fede, come pregare. Il cristianesimo è il modus di questo esercizio che si può riflettere, sistematizzare, epistemologizzare, scientificizzare, ma senza il quale non ci sarebbe cristianesimo.
P. T.
(RL 2008)
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