Stanze della metafisica
-Heidegger, Löwith, Carlini, Bontadini, Severino
[Con risvolti di copertina]Leonardo Messinese
EAN 9788837226183
Le "stanze della metafisica" sono i luoghi, individuati in cinque pensatori del Novecento, da cui osservare, in prospettive e con sviluppi diversi, sia la specificità della filosofia rispetto al sapere scientifico sia il posto riservato alla metafisica, oltre la tesi kantiana per cui l'Assoluto sarebbe pura aspirazione e la filosofia si ridurrebbe entro i confini della scienza. Un duplice assunto qui avanzato in momenti che scandiscono un'indagine unitaria: le prime stanze, premessa teoretica del libro, ripercorrono la presa di posizione della filosofia rispetto alla teologia filosofica classica - in Heidegger, l'artefice della critica alla metafisica occidentale e dell'opposizione tra fede e filosofia, in Löwith, che ha sviluppato con tratti diversi tale linea, e in Carlini, critico dell'idealismo gentiliano e fautore di un pensiero cristiano. Le ultime stanze sono doppiamente congiunte all'intento teoretico del libro, per il loro sfondo comune: in Bontadini il tema è la rigorizzazione della teologia filosofica con l'affermazione dell'essere trascendente la totalità dell'esperienza; di Severino è qui esaminato il nodo inerente al rapporto fra ontologia e teologia filosofica, cercando la determinazione dell'essere che trascende l'ambito dell'esperienza (qui chiamato Altro dall'esperienza). Conclude il volume un'offerta di domande che si annodano una all'altra nel passaggio da queste stanze: l'ammissione che, all'interno del sapere filosofico, la stessa metafisica non possa essere mero possesso quanto piuttosto un essere posseduti la cui forza è, da ultimo, unicamente il "pensiero".
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Umberto Masperi, masperi.umberto@yahoo.it il 12 luglio 2014 alle 10:36 ha scritto:
Un libro certamente impegnativo, per chi si “interessa” un po’ di filosofia.Utile per due ragioni,almeno: la competenza dell’autore ( che ha scritto molto sui filosofi presi in considerazione), l’importanza del discorso metafisico ( ed anti-metafisico) nel secolo scorso, ma che andrebbe riproposto anche negli anni che “scorrono”, inesorabilmente, agli inizi del NOSTRO terzo millennio. La mia lettura , devo ammetterlo subito, è stata condizionata dalla convinzione di fondo, che mi porta a non condividere le tesi dei due pensatori tedeschi e,per altro verso, dello spiritualista italiano, come continuo ad essere convinto della improponibilità della posizione severiniana ( al di là delle loro tesi- proposte, rimane il fatto che certe critiche alla metafisica classica ed al pensiero occidentale se questi fossero presentati ‘correttamente‘, e non viziate (le critiche) dalle lenti suoi propri occhi quando li si analizzi,risulterebbero fuori bersaglio). Due mie osservazioni: la scrittura è ‘alquanto’ pesante, a causa di troppe ripetizioni , ed enunciazioni sul modo di procedere dell’autore ( che,ripeto, ha notevole padronanza della materia, ma proprio per questo, al di là dell’origine dei singoli capitoli (alcuni da studi già pubblicati , e ora rivisti) potrebbe offrire al lettore pagine di uno stile più semplice e scorrevole); la proposta finale ( una rilettura della metafisica classica: Dio,creazione,”divenire”, che potrebbe conciliarsi con la critica di Severino contro il nichilismo del divenire) non mi convince ( le due posizioni Bontadini-Severino sono antitetiche REALMENTE. E nonostante la veneranda e terribile capacità di risposta alle critiche mossegli del filosofo bresciano la sua “interpretazione” del divenire va sempre puntualizzata e discussa; a mio modesto avviso non regge: quel ‘non-essere’ dell’ente che diviene è legittimamente criticabile come ‘nulla’ –assoluto ( per Severino), e quindi : il non-essere (dell’ente) identificato con l’essere, in contraddizione con l’assoluta verità dell’essere (parmenideo), la follia dell’Occidente? Atto,eterno, di creazione o apparire-scomparire degli “eterni”?).Se la mia ragione,coscienza, che non è eterna, da cui devo partire ed a cui devo sempre rimanere fedele, non è in grado di ‘vedere’ nell’ atto eterno di Dio creatore (ma solo quoad me) la verità (QUESTA) in modo adeguato, in sé, perché io che ho esperienza (cioè mi è “presente” come mi è “presente la verità dell’essere parmenideo)del non essere mio, nel mio divenire, devo rifiutare la verità, e non la follia-fede, dell’Occidente?