Tra giudaismo e cristianesimo
-Le differenze e le identità in prospettiva storica
(Antico e Nuovo Testamento) [Con risvolti di copertina]EAN 9788837223854
Il vol. è una raccolta di articoli (alcuni in lingua inglese) che l’a. – ordinario di Filologia biblica all’Università di Torino – ha rivisto e organizzato intorno a quattro temi fondamentali: riflessioni di metodo, formazione del giudaismo, letteratura segreta e di rivelazione, passaggio dal giudaismo al cristianesimo. Si tratta di una panoramica importante sull’opera di un a. che si è occupato a lungo e in modo originale delle origini del giudaismo, della letteratura giudaica apocalittica e segreta (o «apocrifa» secondo il senso originario del termine) e delle radici ebraiche del cristianesimo.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2011 n. 2
(http://www.ilregno.it)
L’editrice Morcelliana si è resa meritevole in Italia per aver deciso di pubblicare una collana di studi storici sull’Antico e Nuovo Testamento, in cui troviamo autori come G. Boccaccini, J. Barr, A. Schmitt, D. Tripaldi, F. Marcos e P. Sacchi. Quest’ultimo ha fondato la rivista Henoch, nel 1978, ed è considerato il decano degli studi italiani sul Secondo Tempio. Insieme a J.A. Soggin e a L. Moraldi, è stato il protagonista in Italia della rinascita degli studi storico-critici sul giudaismo antico, che agli inizi del Novecento avevano conosciuto un significativo sviluppo nel nostro Paese, prima che alcune ristrettezze del concordato del 1929 e le leggi razziali del 1938 ne ostruissero la crescita.
Un illustre suo discepolo così attesta: «La riscoperta del giudaismo enochico è il risultato di uno sforzo collettivo cui hanno contribuito specialisti di diverse scuole e di diverso orientamento critico. Un ruolo speciale nella ricerca contemporanea va riconosciuto a G. Nickelsburg e a P. Sacchi, i quali [...] hanno pubblicato a partire dalla fine degli anni Settanta una quantità impressionante di studi che hanno concorso a definire la teologia e la sociologia del movimento e hanno fatto da traino, rispettivamente negli Stati Uniti e in Europa, ad una nuova generazione di studiosi [..]. Che i testi enochici testimonino dell’esistenza di un gruppo ben definito è provato dal coerente crescere ed evolversi di una tradizione letteraria che nell’arco di svariati secoli (dal IV a.e.v. al I e.v.) costantemente reinterpreta se stessa attraverso un coerente sistema interno di richiami letterari, metafore, allusioni e citazioni. Il riconoscimento dell’esistenza del giudaismo enochico è oggi divenuto un elemento chiave per ogni ricostruzione generale degli sviluppi del pensiero giudaico nel periodo del Secondo Tempio e per la comprensione delle origini qumraniche e cristiane in particolare» (G. Boccaccini, I giudaismi del Secondo tempio. Da Ezechiele a Daniele, Morcelliana, Brescia 2008, 108-109).
Sacchi in questo libro raccoglie alcuni dei suoi articoli successivi al 1990 e li organizza intorno a quattro temi, ovvero le riflessioni di metodo, la formazione del giudaismo, l’altra cultura ebraica del Secondo Tempio: la letteratura segreta e di rivelazione, fra giudaismo e cristianesimo. Nello studio della formazione del giudaismo, egli riconosce che «fra l’ebraismo del preesilio e il giudaismo del postesilio vi sono differenze enormi» (94), e fa notare che l’esperienza dell’esilio «cambiò la visione del mondo di molti ebrei, che passarono da una concezione politeistica del divino a una concezione monoteistica. Questo cambiamento nella concezione del divino si collega a una diversa concezione del mondo» (ivi). Prima dell’esilio è impossibile parlare di una religione ebraica monoteistica; «l’esistenza di una pluralità di dèi doveva essere un fatto riconosciuto da tutti» (95). Non a caso la Bibbia ci parla apertamente di bamot, di culto a Baal, ad Ashera, al sole, alla luna, alle stelle e a tutta la milizia del cielo. Da fonti esterne, inoltre, è confermata la credenza in una dea femminile che stesse accanto al Signore: Anat di YHWH (97). La grande rivoluzione di mentalità avvenne solo durante l’esilio in Babilonia, dove personaggio di spicco fu il profeta Ezechiele. Di particolare interesse risultano gli articoli scritti sul Pentateuco del movimento enochico, sorto in Israele nel IV sec. a.C. e chiamato così dal nome del rivelatore Enoc, patriarca prediluviano (Gen 5,18-24). La prima opera di questo movimento è il Libro dei Vigilanti (= angeli) che fa parte di una raccolta di cinque libri con alcune appendici, a noi trasmessa dalla tradizione etiopica.
La raccolta è nota col titolo Enoc Etiopico e comprende: Libro dei Vigilanti (IV sec. a.C.); Libro dell’Astronomia (quasi contemporaneo); Libro del Sogni (circa 160 a.C.); Epistola di Enoc (parte del II sec. a.C. e parte del I); Libro delle Parabole (di poco successivo al 40 a.C.). La riscoperta del Libro di Enoch avvenne nel 1773, dal viaggiatore scozzese J. Bruce che, di ritorno da un viaggio in Abissinia (attuale Etiopia), portò con sé in Europa tre copie di un libro scritto in lingua ge.ez. L’enochismo originario, quello che conosciamo dal Libro dei Vigilanti, si distingueva nettamente dal giudaismo di Gerusalemme o sadocita sotto molti aspetti. Tra i motivi più notevoli ricordiamo la mancanza della Legge mosaica e del Tempio; la fede nell’immortalità dell’anima destinata a essere giudicata da Dio dopo la morte; la credenza nell’inferno e nel paradiso. In questo libro si riportano rivelazioni segrete destinate solo agli adepti della comunità. L’autore conosce il nome degli angeli. Tra questi, gli angeli ribelli insegnano agli uomini le arti che sarebbero dovute restare segrete. Le scienze sono svelamento di segreti celesti: non è condannato il sapere, ma la sua diffusione. Il personaggio più importante di questi libri è Enoc che vive nascosto in una parte del cielo ignota a tutti. È lui che svela che il male del mondo non deriva dal peccato che commettono gli uomini, ma da un peccato molto più grave che fu commesso prima e che appare in due miti diversi: quello degli “angeli caduti” e quello delle “stelle fuori posto”.
Di innegabile interesse è constatare la molteplicità di influenze che il pensiero enochico ha avuto sul cristianesimo. Fu nell’enochismo che si formò, verso la fine del I sec. a.C., una teologia che dette il .primato alla misericordia divina. in maniera netta (243). Nel Libro delle Parabole emerge che il giudice finale non sarà Dio, ma un suo rappresentante, un suo .unto., cioè un suo Messia, figura celeste chiamata Giusto, Eletto, Figlio dell’Uomo. Il metro del giudizio sarà dato dall’amore per il prossimo, esteso anche agli animali, e dall’esercizio della pazienza e della dolcezza. Il giudizio del Figlio dell’Uomo sarà spietato solo contro i superbi. Colui che riconoscerà umilmente di essere un peccatore potrà salvarsi anche se il suo ravvedimento avviene all’ultimo giorno davanti al trono del giudice supremo. Esiste inoltre un “mondo di mezzo” pieno di figure angeliche di vario genere. Tra queste c’è anche un «unto dello spirito », un elohim: si chiama Melkisedeq, identificato col Principe della Luce. Melkisedeq è concepito come un essere angelico dotato di vastissimi poteri. Egli non è una figura che verrà, ma è una figura che esiste già in cielo col compito di governare i figli della Luce e di proteggerli dagli assalti dei demoni. A lui è dato il titolo di «unto dello spirito», che lo distingue dagli altri unti. Il suo compito supremo sarà quello di legare Satana.
Nel riconoscimento del valore di questa opera, confessiamo la nostra gratitudine all’A. e raccomandiamo la lettura a quanti sono interessati a conoscere meglio il pensiero dei vari giudaismi, tra cui il cristianesimo delle origini.
Tratto dalla rivista "Rassegna di Teologia" n. 2/2013
(www.rassegnaditeologia.it)
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