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Descrizione
Il tema della nuova definizione della morte su base neurologica, e in connessione a ciò quello del trapianto di organi da soggetti in stato di morte cerebrale dichiarati cadaveri, è tornato negli ultimi tempi all'attenzione anche in Italia. Quantunque - a quarant'anni dall'introduzione, con il Rapporto di Harvard, di quella nuova definizione - le voci di dissenso stiano crescendo anche in ambito medico, vogliamo qui riproporre la prima grande critica fatta a quella definizione da un classico del pensiero filosofico del Novecento, nonché uno dei protagonisti dell'attuale dibattito bioetico: Hans Jonas. Quella critica, infatti, contiene in nuce tutti i problemi che sono ancora in discussione e li affronta con un linguaggio rigoroso, ma accessibile anche al pubblico di non specialisti, ed è significativo che essa stia al centro dell'attenzione nel recente documento del Council on Bioethics americano che riapre ufficialmente il dibattito sulla morte cerebrale.
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L’espressione «morte cerebrale» così come definita dal Rapporto di Harvard nel 1968 viene oggi messa in discussione in campo etico e bioetico. La domanda che soggiace è in qualche modo semplice: qual è il confine tra vita e morte? Ma difficile è la risposta, soprattutto a causa dei progressi della tecnica, che hanno raggiunto risultati fino a poco tempo fa insperati nel mantenere in vita persone con funzioni essenziali altamente compromesse. Nel vol. viene riproposta la critica che Hans Jonas fece per primo a questo rapporto. Ancora attuale e scritta con linguaggio accessibile.
Tratto dalla rivista Il Regno 2010 n. 10
(http://www.ilregno.it)
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