Platone e Aristotele. Dialettica e logica
(Filosofia. Nuova serie)EAN 9788837222376
Il confronto fra i due maggiori filosofi della tradizione greca classica si è spesso sclerotizzato nella contrapposizione espressa nel sottotitolo: fra dialettica platonica e logica aristotelica. I 17 saggi del vol., firmati da altrettanti filosofi (P. Accattino, E. Berti, E. Cattanei, M. Erler, S. Natoli, D. Sedley ecc.) mettono a capo una pluralità di scavi e riflessioni meno prevedibili e consuete. Emergono inaspettati intrecci fra dialettica e logica in ambedue gli aa. La dialettica platonica ha un suo rigore e la logica aristotelica non manca di procedure argomentative dialettiche. Una prospettiva ermeneutica utile allo storico della filosofia, ma anche al lettore curioso delle proprie radici.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2009 n. 16
(http://www.ilregno.it)
«Metodo»: l’etimologia di questo termine risale alla parola greca «(hodós), “via”, “percorso”: un “percorso attraverso” (metá) – presumibilmente attraverso gli intrichi e le difficoltà che si presentano a qualunque forma – pensiero o azione – del procedere attivo, e di cui meglio si acquista consapevolezza e padronanza se ci dotiamo di un metodo, appunto». Così S. Nonvel Pieri (Memoria di memoria. Strati della scrittura in Platone, pp. 323-342, qui p. 323) inizia il suo contributo presente in questo libro, che raccoglie gli Atti di due convegni tenutisi nel Dipartimento di filosofia e scienze umane dell’Università di Macerata rispettivamente nel febbraio del 2000 e nell’aprile del 2001. Il metodo è ciò che individua un modo di orientarsi nell’inesauribile vastità e nella irriducibile complessità dell’esperienza umana.
Su questo terreno sono maestri due grandi pensatori dell’antichità: Platone e Aristotele, per i quali la vera filosofia non può darsi senza l’intervento di un metodo capace di superare le aporie che di volta in volta si presentano. Proprio per questo la riflessione intorno al metodo può forse essere considerata una chiave di lettura utile per riuscire a presentare, con uno schema unitario, i tanti contributi contenuti in questo testo, che affrontano molti altri importanti temi del pensiero platonico e aristotelico che non potranno, in questa sede, essere adeguatamente presentati. Per quanto riguarda Platone, la Nonvel Pieri afferma che il suo «metodo è la messa in relazione dell’univoco con l’ambiguo; o la messa in relazione tout court di lógos e mýthos, di storia e leggenda, di mobilità e stabilità, di soggettivo e oggettivo, del molteplice con l’uno, del sistematico con l’occasionale» (p. 324). In questa prospettiva, il lógos, inteso in tutte le sue possibili accezioni – ragionamento, discorso, argomento, parola – deve rinunciare alla pretesa di essere sempre saldo, immobile ed epistemico.
«Errore è pretenderne l’assolutezza; suo compito è collegare, “porre in relazione” – le realtà individuali, le cose, con gli éide; il molteplice con l’uno – e prendere coscienza, mediante l’analisi, degli anelli che compongono la catena relazionale» (p. 330). In questo consiste la dialettica, mentre la logica, cioè il corretto uso del lógos, è – secondo la studiosa – lo svuotamento della mente dalle false convinzioni per sollecitare, attraverso la nostra memoria, particolare e storica, il risveglio di una memoria fondativa, che precede le memorie particolari e che attinge alle verità originarie presenti nell’anima. M. Erler (Conoscenza di sé e aiuto divino in Platone e nel Platonismo tardoantico, pp. 87-105) affronta la questione del metodo attraverso il quale l’uomo possa arrivare alla conoscenza della propria origine. Dal momento che «Platone ha riservato Verità e Essere a un campo accessibile soltanto al pensiero», ci si chiede «come si possa aprire la via ad essi alla limitata capacità dell’umana conoscenza» (p. 87), se sia sufficiente la ricerca autonoma oppure occorra un impulso dall’esterno. Anche se Platone talvolta ricorda che la contraddittorietà nel campo del divenire e la matematica possono stimolare alla ricerca coloro che sono già filosofi, un aiuto esterno, impersonato da un maestro, risulta, invece, assolutamente imprescindibile per i principianti (si pensi al mito della caverna della Repubblica). L’attività del maestro, individuato nella figura di Socrate, assume una forte connotazione religiosa e viene messa in stretto rapporto con la sfera divina; ciò costituisce un ponte verso la successiva elaborazione neoplatonica. Il vero filosofo, infatti, è una guida inviata dagli dèi ed è egli stesso “divino” per il fatto di aver avuto a che fare con le idee. Un potente strumento, ad uso del filosofo e del dialettico, capace di guidare la ricerca intorno alle idee, è l’etimologia. Il nome, infatti – come spiega bene D. Sedley (La tecnicità del metodo etimologico nel Cratilo, pp. 357-367) –, se (e solo se) correttamente decifrato attraverso il metodo etimologico e riportato, così, all’originaria codificazione dei migliori onomaturghi, può svelare l’uso di un modello eterno, cioè l’idea, e la vera natura del nominatum. Due interessanti contributi sono interamente dedicati alla dialettica in àmbito platonico. G. Casertano (Definizione, dialettica e lógos.
Appunti per uno studio sulla dialettica platonica, pp. 45-59) individua tre grandi nuclei della dialettica: 1. La scienza dell’interrogare e del rispondere, che è ricerca del vero, ma anche correttezza dell’argomentazione; 2. La dialettica come vera e propria scienza, che «non solo costituisce un metodo, ma si costituisce anche come un processo di apprendimento che culmina nel riuscire a possedere il lógos, la ragione, di tutte le cose» (p. 46); 3. La dialettica nel suo aspetto accentuatamente metodologico e nell’autonomia del suo valore euristico ed ermeneutico, «il saper distinguere e unificare per generi, e cioè la capacità di relazionare, e di fare del lógos l’unico strumento di questa capacità. Essa è anche il fine di tutte le scienze, ma nel senso che solo col suo metodo si può, quando si può, raggiungere la conoscenza più vera; da questo punto di vista essa si assimila alla filosofia stessa, per cui o si è dialettici o non si è filosofi [...] e filosofia e dialettica qui sono appunto la capacità non solo di usare le idee, ma di indagarne i modi e i limiti attraverso cui il loro uso ci permette di parlare, di pensare, di costruire conoscenze» (pp. 46-47). Anche nel lungo contributo di M. Migliori (Pervasività e complessità della dialettica platonica, pp. 187-241) vengono analizzati diversi aspetti della dialettica, la quale assume in Platone un ruolo di fondamentale importanza. In particolare, Migliori approfondisce, da una parte, le questioni del metodo diairetico e, dall’altra, esamina, attraverso un cospicuo supporto testuale, la dialettica intesa come scienza della struttura uni-molteplice della realtà, fino ad affermare che «il procedimento platonico è sia metodico, sia dialettico, sia dialogico, cioè Platone non propone un metodo, ma indica diversi procedimenti, diverse “vie” per avvicinarsi all’oggetto, vie che non sono affatto alternative» (p. 241).
Un contributo di grande ricchezza è rappresentato dall’intervento di C. Rowe (Modelli di ermeneutica platonica nei secoli XIX e XX, pp. 343-356), un agile studio sintetico che non analizza direttamente il metodo di Platone, ma presenta, in maniera magistrale, i principali metodi – tra gli altri, il dogmatista sistematizzante e lo scettico atomizzante, il geneticista e l’antigeneticista – attraverso i quali il corpus platonicum è stato interpretato negli ultimi due secoli. Specularmente a questo intervento su Platone, un interessante contributo di E. Berti (Modelli di ermeneutica filosofica tra Ottocento e Novecento, pp. 23-44) presenta le opere fondamentali su Aristotele pubblicate nei due ultimi secoli, soprattutto quelle concernenti la metafisica. Sul versante aristotelico, gli interventi offrono un mirabile quadro della polivalenza metodologica, sia sul piano epistemologico sia sul piano argomentativo-comunicativo, presente nelle opere dello Stagirita. Come lo stesso Aristotele segnala nei suoi scritti, il rigore matematico non può essere esigito in tutte le scienze, poiché la diversità degli oggetti di ricerca implica diversi statuti epistemologici e diversi metodi argomentativi di indagine e/o di comunicazione. S. Natoli (Aristotele e la scientificità della filosofia. In genere o per lo più (aèi è hos epì tò polý), pp. 295-321) lo ricorda bene evidenziando che «non vi sono princìpi da cui si può dedurre tutto e perciò neppure una teoria che valga per tutto, ma àmbiti teorici esplicabili ognuno per conto proprio. Per Aristotele, infatti, la fisica non è l’etica, la politica non è la retorica, la logica non è la poetica e tuttavia vi sono termini generali che permettono di porre questi domini in relazione» (p. 309): si tratta di “transconcetti”, che trovano la loro applicazione nell’uso ampio e metodico dell’analogia.
La possibilità di applicare uno stesso concetto a enti e àmbiti diversi viene riproposta da L. Seminara (Aristotele sul dirsi in molti modi, pp. 369-385), che mostra come la dottrina del pollachôs léghesthai pròs hén («dirsi in molti modi, ma in rapporto ad uno»), considerata come una teoria della predicazione di una stessa proprietà attribuita ad enti diversi, serva ad Aristotele «per spiegare gli aspetti comuni degli enti di cui si può predicare lo stesso universale salvando tuttavia l’eterogeneità del mondo sensibile» (p. 384). A. Fermani (Aristotele e la felicità. Flessibilità metodologica e versatilità esistenziale, pp. 107-149), concentrandosi sull’àmbito pratico, mette chiaramente in luce che «il metodo dell’etica, così come i suoi oggetti, non potrà essere rigido e inflessibile [...], ma sarà duttile e aperto. Il che significa anche che non ci sarà un metodo, ma più metodi, tanti quanti saranno necessari a condurre l’indagine nel modo migliore» (p. 113). A questa flessibilità, individuata sul piano metodologico, corrisponde una pluralità di vie di accesso alla felicità – non un percorso obbligato – che tiene conto sia della complessità della natura umana in generale sia delle preferenze individuali. Ad ulteriore conferma della grande flessibilità metodologica di Aristotele, E. Cattanei (Aristotele e i calcoli dell’uomo saggio, pp. 61-86) mostra come, nonostante la suddetta lontananza tra lo statuto epistemologico della matematica e quello dell’etica, Aristotele tragga «con grande libertà dalle matematiche termini, concetti e procedimenti, che sfrutta in alcuni momenti della sua riflessione etico-politica, non solo come bagaglio di esempi, similitudini e metafore, ma anche come elementi intrinseci e strutturali del suo discorso» (p. 68). S. Gastaldi (Le immagini dell’anima. Procedimenti metaforici nelle Etiche di Aristotele, pp. 151-170) chiarisce la funzione svolta dalle strutture metaforiche nell’economia argomentativa dei trattati etici, in particolare sul tema specifico della configurazione dell’anima.
La metafora, capace di costruire e suggerire nuovi nessi tra le cose, rendendoli icasticamente presenti alla mente dell’interlocutore, si presenta come un ottimo strumento di comunicazione e di apprendimento dall’efficacia esplicativa e persuasiva. Sempre in àmbito etico, L. Napolitano Valditara (Querelles dialettiche sulla vita più felice. Platone, Repubblica IX; Aristotele, Etica Nicomachea I, 4 e 5, pp. 265-293), attraverso un interessante confronto tra la trattazione platonica della felicità, contenuta in Repubblica IX, e quella aristotelica (Etica Nicomachea I, 4-5), presenta il metodo che, secondo Aristotele, deve essere usato in sede morale: «posti tà phainómena, cioè dopo aver considerato quanto, al riguardo di uno specifico problema morale, appaia ai più, o ciò che essi ne dicono (tà legómena, I, 8, 1098 b 10), occorre – articolate quelle opinioni in coppie fra loro contrapposte a costituire delle aporìe – esaminare le conseguenze derivanti da ogni opinione, cioè da ogni corno delle opposizioni così costituite. Di tali conseguenze bisogna, nello specifico, sondare la tenuta rispetto agli éndoxa, cioè [...] rispetto a premesse condivise da tutti o dai più, o dai sapienti» (pp. 289-290). Passando all’àmbito fisico, M. Vegetti (Ontologia e metodo. La critica aristotelica alla dicotomia in De partibus animalium I, 2-4, pp. 387-397) spiega come la critica aristotelica alle metodologie diairetico-tassonomiche di stampo platonico sia giustificata da elaborazioni ontologiche: la procedura dicotomica, infatti, viola «la primarietà ontologica ed epistemologica dell’êidos/ousía con raggruppamenti “artificiali” che includono éide diversi oppure spezzano l’unità dello stesso êidos» (p. 395). Questa visione ontologica, tuttavia, non influisce sul metodo comunicativo delle opere biologiche mature di Aristotele, in cui si continua ad assumere il livello del “genere” e non dell’êidos, dal momento che qui l’approccio è motivato da ragioni di economia espositiva e non di carattere onto-epistemico.
G.A. Lucchetta (Un problematico impiego di diagrammi matematici e di modelli analogici in Aristotele. De memoria et reminiscentia 2, 452 b 7-23, pp. 171- 185) mostra come Aristotele si serva di un modello matematico-geometrico, che spiega il problema fisico delle proporzioni tra figure e distanze nella percezione visiva, per chiarire il problema delle proporzioni tra le dimensioni delle immagini mentali nella memoria e le effettive distanze temporali. P. Accattino (Metodi di ricerca sulle costituzioni nella Politica di Aristotele, pp. 9-21) offre un saggio tecnico di come Aristotele procedesse per impostare e risolvere un problema in àmbito politico, nello specifico la questione della pluralità delle costituzioni e della migliore costituzione, giungendo a rintracciare diverse vie di ricerca esplorate dal Filosofo. Per quanto concerne, infine, le proposte metodologiche di Aristotele in àmbito specificatamente logico, M. Mignucci (Il sillogismo aristotelico, pp. 243-264) propone un’indagine tecnica, molto articolata e puntuale, volta a dimostrare che la definizione aristotelica di sylloghismós si riferisce non al concetto generico di argomento logicamente corretto, ma a un ben preciso tipo di inferenze che noi chiamiamo, appunto, “sillogismo”.
Tratto dalla rivista Humanitas 65 (2/2010) 346-350
(http://www.morcelliana.it/ita/MENU/Le_Riviste/Humanitas)
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