Dio ha ancora un posto in un mondo disincantato come il nostro, in una cultura in cui la fede, quando ancora suscita qualche interesse, è considerata un segno di immaturità emotiva e intellettuale? E se quel posto esiste, come trovarlo? Come vedere le tracce del volto di Dio nell'esperienza umana?In questo suo ultimo saggio, Roger Scruton, filosofo inglese che ama parlare all'uomo contemporaneo, vuole rispondere all'indifferenza religiosa che ormai permea l'Occidente, guidandoci nella scoperta di quello che perdiamo appiattendoci su un mondo di oggetti, chiuso da un orizzonte ristretto e privo di senso, quando non calpestato e sfigurato. Attraverso una lettura colta e insieme appassionante del pensiero filosofico e scientifico così come dell'espressione artistica dell'Occidente, prendendo esempi suggestivi dalla pittura, dalla musica, dall'architettura e dai più popolari capolavori letterari, Scruton ci fa trovare le tracce del divino nel nostro mondo. Non il Dio remoto e inarrivabile dei filosofi, non l'insieme di cause senza finalità dell'universo scientifico, ma la «presenza reale» nella nostra vita quotidiana di una realtà irriducibile al mondo degli oggetti, qualcosa che riconosciamo con sicurezza come nostra esperienza fondamentale. È la percezione del nostro essere ?io' di fronte a un ?tu', l'incontro tra soggetti che si riconoscono come qualcosa di più che esseri viventi inseriti nel ciclo naturale descritto dalla scienza. Questa esperienza così comune e preziosa si esprime con nitida evidenza nel volto umano, vero e proprio paradigma di senso a partire dal quale plasmiamo il volto del mondo e intravediamo il volto di Dio. Lì stanno le tracce della nostra libertà e il segno della nostra autoconsapevolezza, del nostro essere persone e non oggetti. Per questo, per paura di questo, la società contemporanea tende a sfigurare il volto dell'uomo e del mondo nel godimento senza limiti, nel consumismo che non conosce più l'altro da sé. Ma di fronte a questa desolazione, Scruton non si tira indietro, e ci guida invece a ritrovare - nelle relazioni umane, nell'esperienza dell'arte, nel rapporto con il territorio in cui prendiamo dimora - il sacro come custodia della bellezza del mondo, e la visione religiosa della vita come salvaguardia dell'umano oggi messo alla prova.