Nome impossibile. Saggi di metafisica e di filosofia della religione (Il)
(Università/Filosofia) [Libro in brossura]EAN 9788834320310
Docente emerito dell’Università Cattolica di Milano, l’autore è una delle voci più autorevoli della filosofia teoretica italiana. Questa raccolta di saggi, elaborati nell’ultimo decennio, conferma la fecondità della sua linea teoretica, e cioè la persuasione che a proposito di qualunque tematica occorra cercare il fondamento assoluto, che è pensabile, ma non nominabile, alimento del dire, ma non suo oggetto.
È la passione paradossale del pensiero, abitato da un vitale movimento di trascendenza. In breve, pur riconoscendo l’assoluto alla radice delle indefinite manifestazioni dell’essere, il pensiero ne avverte l’indicibilità, anzi è portato a dargli ogni nome e insieme nessun nome. Ebbene, quest’ambivalenza non può che tradursi in un incessante esercizio ermeneutico nei molti campi del pensare e del vivere, dall’espressione artistica alla vita etica, all’esperienza mistica, «nella costante interrogazione delle sporgenze simboliche e del loro mai concluso rinvio» (p. IX). I venti saggi, che compongono il volume, sono divisi in percorsi teorici con tematiche che vanno dal bello, al divino, al desiderio, alla fenomenologia, alla religione; e in percorsi storici, dedicati a Kant, Kierkegaard, Husserl, Heidegger, gli uni e gli altri elaborati in occasione di convegni, oppure in onore o in memoria di significative personalità del mondo accademico.
Sono pagine intense, che mostrano come la ragione, nelle sue esplorazioni, faccia segno a una realtà da cui è sostenuta, che dunque non può negare e insieme che è incapace di qualificare in maniera conclusiva. È la logica dell’‘inglobante’, per cui non si può abbracciare colui da cui si è abbracciati. «La stessa ricerca del fondamento – nota l’autore – può iniziare solo se già sottende la realtà di ciò che si va cercando […] Siamo in definitiva al riconoscimento di una condizione di natura trascendentale: rinvio a un logos originario, a una radice di senso che accompagna sempre il pensare stesso dell’uomo» (p. VIII).
E’ ovvio che non si tratta di un discorso solo teorico, ma anche esistenziale. Infatti, se è reale il condizionato – il nostro essere e pensare – la sua condizione incondizionata non può essere meno reale. In linea con l’ispirazione ideale della Rivista, mi pare opportuno sottolineare l’indole più bonaventuriana che tomista (‘penso a Tommaso’, p. VIII) dell’impostazione teoretica. Si legga il luminoso passaggio dell’Itinerarium mentis in Deum (cap. III, n. 3): «Cum privationes et defectus nullatenus possint cognosci nisi per positiones…». Anzi, la ricerca pluriennale dell’illustre docente milanese mi pare converga con quella del Dottor Serafi co nel dissipare la «mira (sorprendente) caecitas intellectus qui non considerat illud quod prius videt et sine quo nihil potest cognoscere» (Ivi, cap. V, n. 4). Questo richiamo al pensare bonaventuriano mi sollecita un rilievo circa l’indole del ‘Nome Impossibile’ o anche circa il volto metafisico dell’infinito, che, nel definire negativamente il finito, si offre come l’Altro non adeguabile, sorgente di una tensione sempre in trascendenza.
Il pretesto è dato dal dialogo interreligioso, al quale sono dedicate pagine illuminanti (pp. 159-173), che esige una spia che segnali il sentiero da prendere e quello da evitare, ai fini di possibili convergenze, in vista di una qualche intesa davvero produttiva. Sullo sfondo dei molti simboli, di cui ogni fede storica si nutre – una molteplicità gerarchicamente orientata sulla base di un simbolo fondatore – il filosofo milanese invita a regolare il dialogo secondo l’ordine della sempre maggiore ricomprensione. Il che presuppone che ogni fede storica si senta provocata dagli itinerari delle altre fedi, ne colga le differenze, in vista di una «comunione in cui le diverse identità siano tutte salvaguardate e insieme superate nel luogo della più alta ricomprensione possibile» (p. 173).
Ma quale il volto di tale ricomprensione? E questa è in qualche modo controllabile? Sullo sfondo dell’impegno di salvaguardare i molti nell’unicum che li costituisce, lungo il percorso ascensivo e aperto, proprio dell’Itinerarium di Bonaventura, riterrei teoreticamente non illegittima né ecumenicamente infeconda la suggestione francescana secondo cui la ricomprensione può aver luogo all’insegna della ‘libertà creativa dell’essere’, interrogandosi sullo spazio e sulla qualità che le religioni riservano a tale libertà e alla sua traduzione effettuale sul campo della creatività. È quanto ho cercato di argomentare in Libertà creativa. La modernità del pensare francescano (Messaggero, Padova 2010).
Tratto dalla rivista "Miscellanea Francescana" n. III-IV/2011
(www.seraphicum.com)
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