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Descrizione
È giusto torturare una persona per scoprire un attentato? Fare esperimenti letali su un uomo per salvare le generazioni future? O clonare una persona per curarne altre? Uccidere un innocente per risparmiarne cento? A simili problemi l'utilitarismo consequenzialista risponde affermativamente, mentre il deontologismo e l'etica delle virtù danno una risposta negativa perché considerano tali atti intrinsecamente malvagi. In questa prospettiva, se è giusto considerare Kant e Aristotele come i numi tutelari dell'etica contemporanea, non bisognerebbe dimenticare il 'fondatore-sistematore' dell'utilitarismo classico, Jeremy Bentham, in quanto, nel panorama filosofico e nel senso comune, utilitarismo e consequenzialismo sono molto diffusi.
Il saggio di Giacomo Samek Lodovici propone una disamina dell'utilitarismo, di quello benthamiano in particolare, e sviluppa un dialogo-confronto con l'altro grande modello teleologico alternativo, quello dell'etica delle virtù di Aristotele, di Tommaso d'Aquino e degli autori che ad essi si ispirano. L'autore analizza le articolazioni fondamentali dell'etica di Bentham, la cui rigorosità e coerenza sono state ancora recentemente apprezzate: i temi del fine, del bene, della felicità e della virtù, e le revisioni dei successori di Bentham.
Assodato che tali revisioni difettano spesso della coerenza del paradigma benthamiano, quest'ultimo viene vagliato come una sorta di banco di prova complessivo della validità dell'etica utilitarista: esso è in grado di respingere buona parte delle critiche dei deontologi, che non colpiscono il suo nucleo fondamentale, cioè il consequenzialismo; risultano invece più efficaci alcune critiche dell'etica delle virtù, che consentono di riaffermare l'esistenza di atti intrinsecamente malvagi.
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Recensione di Giovanni De Marchi della rivista Il Timone
È giusto torturare un uomo per evitare un attentato? O fare su di lui esperimenti letali per salvare le generazioni future? O clonarlo per curarne molti altri? O punire un innocente per la salvezza di un popolo? L'autore risponde in modo convincente a queste e a simili cruciali domande di estrema attualità, con una decostruzione sistematica del consequenzialismo, l'etica che esclude l'esistenza di atti sempre malvagi. Samek esamina questa visione a partire dal suo capostipe, J. Bentham, e riguadagna un'etica (quella cristiana, difesa ultimamente nella Veritatis Splendor) dove alcuni atti (come quelli citati) non possono essere mai compiuti per nessun motivo. Proseguendo le riflessioni del suo La felicità del bene (Vita e Pensiero 2002), indica inoltre nell'amore la radice di ogni atto virtuoso e la via per il conseguimento della felicità.
Tratto da Il Timone n. 54 - anno 2006
(http://www.iltimone.org)
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