Lo straniero o l'unione nella differenza
(Transizioni) [Libro in brossura]EAN 9788834318256
M. De Certeau (1925-1986) è una delle figure più importanti della Compagnia di Gesù francese del secolo scorso. Nel corso della sua vita si è interessato di storia, psicoanalisi, filosofia, scienze sociali e mistica. Questo testo è una delle sue prime opere, e in esso troviamo molti dei temi fondamentali che caratterizzeranno il suo pensiero successivo. Suddivisa in due parti, la prima dedicata agli “incontri” e la seconda al “movimento della fede”, l’opera intende ripercorrere i luoghi, gli attori e le modalità dell’esperienza cristiana e indicare altresì cosa la contraddistingue. La figura dello “straniero” rappresenta il typos e l’eidos dell’evento del Dio-uomo.
Lo straniero non è omologabile al contesto in cui viene a trovarsi ed è altro dal “noi”. Così è del Dio-uomo e ancor più della verità che mai ci lascia indifferenti, in quanto ci pone - o meglio ci espone - ed espropria del nostro “proprio” sé, coinvolgendoci nell’alterità del “vero”. Analoga alla figura dello “straniero” è quella del “ladro”, a cui De Certeau dedica la conclusione del suo libro. Sia lo straniero che il ladro sorprendono con la loro differenza e capacità d’interrompere le tautologie del vivere e dell’essere. Per introdurre le due parti del libro De Certeau riflette su ciò che è l’essenza dell’esperienza spirituale. Chi già conosce il De Certeau sa bene che il suo periodare e il suo linguaggio non sono puramente argomentativi.
L’A. procede per intuizioni, squarci speculativi e ripetizioni meditative. Il lettore è chiamato a seguire le immagini, gli abbozzi e gli orientamenti che il De Certeau disegna man mano. In questa prima sezione del libro, infatti, l’A. abbozza i temi che poi riprenderà e svilupperà in seguito: il Dio nascosto e sempre più grande (la mistica); il viaggio del desiderio in cui l’uomo da sempre è collocato e daccapo lo rimette in cammino; il tempo presente che è interrotto dalla Presenza. L’Eterno, infatti, è presenza dell’Inizio (cf 20). È una presenza che produce “spaesamento” (xeniteia). Già qui troviamo la categoria portante del pensiero di De Certeau: il “non senza” che indica una differenza - per esempio tra Gesù e il Padre suo - e un’identità sempre maggiore. Questa differenza si articola e si esprime in vari modi: nel conflitto e nella pace, nelle tensioni dentro la Chiesa e nella società. È una differenza che struttura il linguaggio e il dialogo, la tradizione e la comunicazione. L’A. scrive pagine molto profonde sul senso della “missione” oggi. La Chiesa è attraversata da un’inevitabile dialettica: tra adattamento all’oggi - fino ad appiattirsi allo spirito del tempo - e fedeltà alla tradizione - fino a un attaccamento rigido al passato. De Certeau smaschera queste facili soluzioni e rimette in cammino il testimone che vuole essere fedele al Dio “straniero”.
Nella seconda parte del libro, dedicato al movimento della fede, l’A. si interroga su come possa essere trasmessa la fede alle nuove generazioni. C’è un bisogno di autenticità nell’uomo contemporaneo: un’esigenza di appropriarsi dell’annuncio di fede. Non si può prescindere da questa autenticità nell’annuncio di fede, pena il parlare “nel vuoto” alle nuove generazioni, ripetendo così solo formule religiose vecchie, benché ortodosse; allo stesso tempo presumere di voler adattarsi al linguaggio e alle mode del momento comporta il rischio di non aver niente da dire e quindi di parlare “a vuoto” (cf 144). L’annuncio di fede, che è fondamentalmente l’annuncio di Cristo che è una persona, e questa persona una nella differenza (Dio e uomo), esige certamente un adattamento all’oggi, ma ancor più un’intelligenza del mistero capace di sorprendere chi l’ascolta. La verità non può che essere mia, ma inevitabilmente va oltre me; la verità ha bisogno di una verifica personale (nella coscienza), ma questa verifica avviene in quel coinvolgimento di sorpresa che es-pone e fa stare fuori di sé (ek-stasi) la stessa mia coscienza. «La differenza designa questo penetrare dell’altro nello stesso, questo indefinito risorgere dell’irriducibile nell’omogeneo» (158). “Non senza”; “unione nella differenza”; “relazione”; “se stessi come altro”. Sono queste le parole chiavi di questa opera iniziale di De Certeau. Pubblicato per la prima volta nel 1969, il libro conserva ancora oggi la sua forza e la sua profezia.
In un’epoca in cui le identità religiose e culturali rischiano di chiudersi su se stesse e di escludere gli altri (cf gli stranieri), riproporre una comprensione dell’identità che è essenzialmente nella differenza, che mai si lascia sedurre dalla soluzione e dalla spiegazione immobilizzatrice, non può che sorprendere. «Una verità interiore appare solo con l’irruzione di un altro. Perché si desti e si riveli, occorre sempre l’indiscrezione dello straniero o l’urto di una sorpresa. Bisogna essere sorpresi per diventare veri» (204).
Tratto dalla rivista "Rassegna di Teologia" n. 3/2012
(www.rassegnaditeologia.it)
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Don Carlo Bellini il 8 novembre 2024 alle 14:21 ha scritto:
Testo difficile ma di altissima riflessione