Bisanzio e i turchi nella cultura del Rinascimento e del Barocco
-Tre saggi di Agostino Pertusi
(Università/Storia)EAN 9788834311790
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DETTAGLI DI «Bisanzio e i turchi nella cultura del Rinascimento e del Barocco»
Tipo
Libro
Titolo
Bisanzio e i turchi nella cultura del Rinascimento e del Barocco - Tre saggi di Agostino Pertusi
Autore
Agostino Pertusi
A cura di
Mazzucchi Carlo Maria
Editore
Vita e Pensiero Edizioni
EAN
9788834311790
Pagine
250
Data
gennaio 2004
Collana
Università/Storia
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Recensioni di riviste specialistiche su «Bisanzio e i turchi nella cultura del Rinascimento e del Barocco»
Recensione di Giorgio Fedalto della rivista Studia Patavina
A venticinque anni dalla morte del noto bizantinista Agostino Pertusi, già professore all’Università Cattolica del S. Cuore di Milano, vengono qui ristampati tre suoi scritti, per la difficoltà di trovarli pubblicati altrove e per l’attualità che essi conservano. Il curatore del volume sottolinea pure il loro interesse nelle discussioni che l’eventuale ingresso della Turchia nell’Unione Europea continua a suscitare, per cui è sempre opportuno guardare al futuro con un occhio aperto al passato. Per secoli infatti il Turco venne percepito come una minaccia, senza che ci potesse essere alcuna integrazione con l’Europa cristiana. Oggi la situazione è diversa, ma quale può essere la posizione della Turchia rispetto all’Europa? Questione elegante, ma non meno impegnativa dell’altra, alternativa, cioè che cosa farebbe la Turchia fuori dell’Europa.
Quando scriveva, il Pertusi non aveva presente la problematica attuale. Allora era attuale e significativo l’interesse per Storiografia umanistica e mondo bizantino. Era già abbastanza enucleare l’attenzione per quanto aveva significato l’acquisizione delle fonti storiche bizantine nella cultura bizantina del Quattro e del Cinquecento. Piuttosto scarsa, a dire il vero. Il problema predominante allora era Costantinopoli e il mito della sua riconquista, dal momento che il pericolo turco era gravissimo per tutta l’Europa dopo che le truppe di Solimano scorazzavano lungo il Danubio; senza dimenticare che i regnanti del tempo fecero poco o nulla per contrastare la marcia vittoriosa degli ottomani. Anche la Riforma ebbe allora un suo interesse per l’impero bizantino, richiamando piuttosto l’attenzione sull’elemento spirituale e religioso della chiesa ortodossa che era riuscita a mantenere la propria fede pur sotto il giogo islamico.
La riscoperta di Bisanzio e della sua storia va riconosciuta al movimento umanistico tedesco, che si interessò della pubblicazione delle fonti storiche, interesse editoriale che sarà ripreso più avanti dai francesi. Nello spirito della Controriforma, il Pertusi riconosce pure il merito dei Gesuiti alla ripresa dell’interesse per la storiografia bizantina, nell’ambito di una rivalutazione della teologia positiva. Su questa scia, oltre che di critica testuale applicata alla Sacra Scrittura, essa doveva occuparsi pure di patristica e di storia del dogma. Tutto ciò ha portato la bizantinistica europea del Cinque e Seicento ad un migliore livello, quale quello di fornire testi abbastanza sicuri da un punto di vista critico, con la conoscenza delle fonti storiche e dei punti dottrinali di accordo o meno tra le due chiese.
Però, parallelamente alla storia dell’interesse per il mondo bizantino in Occidente maturava la curiosità per i turchi (Premières études en Occident sur l’origine et la puissance des Turcs) . Nella prima metà del Quattrocento, dopo una serie di sconfitte che avevano segnato la sorte di Bisanzio, culminate con la sua caduta nel 1453, si era diffusa in Europa una grande paura. Informazioni precise non vi erano giunte circa prima della metà del secolo XV. Nel 1454 Nicola Segundino era convinto che Mehmed II avrebbe attaccato le coste dell’Italia meridionale, anche perché lo riteneva pronto a mettere sul piede di guerra un esercito di 300.000 uomini, composto da 140.000 cavalieri e da altri corpi speciali. Segundino aveva preparato una memoria per Enea Silvio Piccolomini, allora vescovo di Siena.
Ci furono poi tanti altri interventi sempre sullo stesso argomento e del medesimo tenore. Occorre però attendere la fine del Cinquecento per trovare due opere classiche, che segnano l’inizio di uno studio più scientifico sulla storia dei turchi e delle loro istituzioni: si tratta di due opere di Lowenklaw (Leunclavius) pubblicate a Francoforte nel 1588 e 1591 (Annales Sultanorum Othomanidarum e Historiae Musulmanae Turcorum de monumentis ipsorum exscriptae). Ma già tra il 1438 e il 1527 erano segnalati i primi tentativi di approfondire l’informazione diretta, frutto di esperienza personale o delle relazioni con persone sperimentate, coniugata con quella derivata dalla lettura e dalla frequentazione degli autori che si ponevano il problema. Intimoriva infatti la sua forte espansione e la difficoltà di arrestarne la diffusione. La grande paura, che era stata l’inizio dell’informazione, si era trasformata in una vera ricerca storica, sentita come necessità fondamentale per una coscienza più profonda della realtà.
Il terzo studio riguarda: I drammi di soggetto bizantino e turco nel teatro europeo a Venezia dalla fine del sec. XVI all’inizio del sec. XVIII. L’Autore sottolinea come la storiografia europea riguardo al mondo bizantino fino alla metà del secolo XVIII fosse ancora agli inizi, mentre l’attività erudita aveva invece fatto passi notevoli. Così era nel caso del teatro di soggetto storico turco o bizantino, che ebbe un peso notevole –almeno a Venezia- dal Seicento in poi. A Venezia v’era stata la guerra di Cipro (1568-1571) ad influire in senso negativo per quanto riguardava i turchi, con la capitolazione dell’isola e la morte crudele di Lorenzo Tiepolo e di Marcantonio Bragadin. Allora a Venezia non si parlava ancora di un teatro turco-bizantino che nascerà poco dopo: teatro, cioè dramma storico e non commedia. Le tematiche fondamentali sviluppate saranno appunto quelle turche e quelle bizantine. Già i Gesuiti avevano operato in quel settore con un intento didascalico, apologetico, a complemento della storia ecclesiastica. Altri problemi vi erano connessi, come quello della musica, che poteva accompagnare il dramma, o dell’arte barocca del Seicento che faceva da sfondo alle scene, o dei costumi. E’ il caso di parlarne –concludeva il Pertusi- in quanto il grosso pubblico europeo del Seicento e dei primi decenni del Settecento ebbe il suo primo contatto col problema turco-bizantino proprio attraverso quei melodrammi. Che abbiano poi influito pure sugli illuministi che gettarono discredito sulla storia bizantina, è problema interessante!
Non si può tralasciare l’approfondita analisi degli antefatti del problema bizantino e turco, senza ricordare alcune pagine iniziali del volume, di Chiara Pertusi, che con amore di figlia ha ripercorso il lavoro paterno da un inconsueto punto di vista. Ogni lavoro scientifico si alimenta infatti di un humus preparatorio, fatto di silenzio, di calore umano, di riflessione, di studio; anche di viaggi, per confrontare il mondo ideale dello studio con il vissuto. L’amore familiare indubbiamente alimenta ed aiuta le fatiche dello studioso.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Quando scriveva, il Pertusi non aveva presente la problematica attuale. Allora era attuale e significativo l’interesse per Storiografia umanistica e mondo bizantino. Era già abbastanza enucleare l’attenzione per quanto aveva significato l’acquisizione delle fonti storiche bizantine nella cultura bizantina del Quattro e del Cinquecento. Piuttosto scarsa, a dire il vero. Il problema predominante allora era Costantinopoli e il mito della sua riconquista, dal momento che il pericolo turco era gravissimo per tutta l’Europa dopo che le truppe di Solimano scorazzavano lungo il Danubio; senza dimenticare che i regnanti del tempo fecero poco o nulla per contrastare la marcia vittoriosa degli ottomani. Anche la Riforma ebbe allora un suo interesse per l’impero bizantino, richiamando piuttosto l’attenzione sull’elemento spirituale e religioso della chiesa ortodossa che era riuscita a mantenere la propria fede pur sotto il giogo islamico.
La riscoperta di Bisanzio e della sua storia va riconosciuta al movimento umanistico tedesco, che si interessò della pubblicazione delle fonti storiche, interesse editoriale che sarà ripreso più avanti dai francesi. Nello spirito della Controriforma, il Pertusi riconosce pure il merito dei Gesuiti alla ripresa dell’interesse per la storiografia bizantina, nell’ambito di una rivalutazione della teologia positiva. Su questa scia, oltre che di critica testuale applicata alla Sacra Scrittura, essa doveva occuparsi pure di patristica e di storia del dogma. Tutto ciò ha portato la bizantinistica europea del Cinque e Seicento ad un migliore livello, quale quello di fornire testi abbastanza sicuri da un punto di vista critico, con la conoscenza delle fonti storiche e dei punti dottrinali di accordo o meno tra le due chiese.
Però, parallelamente alla storia dell’interesse per il mondo bizantino in Occidente maturava la curiosità per i turchi (Premières études en Occident sur l’origine et la puissance des Turcs) . Nella prima metà del Quattrocento, dopo una serie di sconfitte che avevano segnato la sorte di Bisanzio, culminate con la sua caduta nel 1453, si era diffusa in Europa una grande paura. Informazioni precise non vi erano giunte circa prima della metà del secolo XV. Nel 1454 Nicola Segundino era convinto che Mehmed II avrebbe attaccato le coste dell’Italia meridionale, anche perché lo riteneva pronto a mettere sul piede di guerra un esercito di 300.000 uomini, composto da 140.000 cavalieri e da altri corpi speciali. Segundino aveva preparato una memoria per Enea Silvio Piccolomini, allora vescovo di Siena.
Ci furono poi tanti altri interventi sempre sullo stesso argomento e del medesimo tenore. Occorre però attendere la fine del Cinquecento per trovare due opere classiche, che segnano l’inizio di uno studio più scientifico sulla storia dei turchi e delle loro istituzioni: si tratta di due opere di Lowenklaw (Leunclavius) pubblicate a Francoforte nel 1588 e 1591 (Annales Sultanorum Othomanidarum e Historiae Musulmanae Turcorum de monumentis ipsorum exscriptae). Ma già tra il 1438 e il 1527 erano segnalati i primi tentativi di approfondire l’informazione diretta, frutto di esperienza personale o delle relazioni con persone sperimentate, coniugata con quella derivata dalla lettura e dalla frequentazione degli autori che si ponevano il problema. Intimoriva infatti la sua forte espansione e la difficoltà di arrestarne la diffusione. La grande paura, che era stata l’inizio dell’informazione, si era trasformata in una vera ricerca storica, sentita come necessità fondamentale per una coscienza più profonda della realtà.
Il terzo studio riguarda: I drammi di soggetto bizantino e turco nel teatro europeo a Venezia dalla fine del sec. XVI all’inizio del sec. XVIII. L’Autore sottolinea come la storiografia europea riguardo al mondo bizantino fino alla metà del secolo XVIII fosse ancora agli inizi, mentre l’attività erudita aveva invece fatto passi notevoli. Così era nel caso del teatro di soggetto storico turco o bizantino, che ebbe un peso notevole –almeno a Venezia- dal Seicento in poi. A Venezia v’era stata la guerra di Cipro (1568-1571) ad influire in senso negativo per quanto riguardava i turchi, con la capitolazione dell’isola e la morte crudele di Lorenzo Tiepolo e di Marcantonio Bragadin. Allora a Venezia non si parlava ancora di un teatro turco-bizantino che nascerà poco dopo: teatro, cioè dramma storico e non commedia. Le tematiche fondamentali sviluppate saranno appunto quelle turche e quelle bizantine. Già i Gesuiti avevano operato in quel settore con un intento didascalico, apologetico, a complemento della storia ecclesiastica. Altri problemi vi erano connessi, come quello della musica, che poteva accompagnare il dramma, o dell’arte barocca del Seicento che faceva da sfondo alle scene, o dei costumi. E’ il caso di parlarne –concludeva il Pertusi- in quanto il grosso pubblico europeo del Seicento e dei primi decenni del Settecento ebbe il suo primo contatto col problema turco-bizantino proprio attraverso quei melodrammi. Che abbiano poi influito pure sugli illuministi che gettarono discredito sulla storia bizantina, è problema interessante!
Non si può tralasciare l’approfondita analisi degli antefatti del problema bizantino e turco, senza ricordare alcune pagine iniziali del volume, di Chiara Pertusi, che con amore di figlia ha ripercorso il lavoro paterno da un inconsueto punto di vista. Ogni lavoro scientifico si alimenta infatti di un humus preparatorio, fatto di silenzio, di calore umano, di riflessione, di studio; anche di viaggi, per confrontare il mondo ideale dello studio con il vissuto. L’amore familiare indubbiamente alimenta ed aiuta le fatiche dello studioso.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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