La ragione della storia. Per una filosofia della storia come scienza
(Nuova cultura. Introduzioni)EAN 9788833921662
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Che senso ha ciò che (mi) accade? È ragionevole ciò che succede nella storia? Vi è nella storia, la ragione in base alla quale io mi possa salvare. Sono le tre domande, la prima esistenziale, la seconda filosofica, l’ultima teologica che l’a. si è posto nel momento in cui si è proposto di scrivere il saggio. Una pretesa, però, sottende quella più prettamente teologica: tutto ciò che compio o mi accade ha un «senso», quello di salvarmi, e tutto nella storia è «ragionevole». Il «ragionevole» ruota attorno al vagito di un neonato che segna l’anno zero sia per il credente sia per l’ateo. Con un serrato e originalissimo confronto tra Hegel e il suo lettore cristiano, il teologo luterano contemporaneo Pannenberg, il vol. esplora l’inaudito nella storia, vale a dire quel «vagito» che ancora oggi non è stato esaustivamente ascoltato.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2011 n. 18
(http://www.ilregno.it)
In ragione dell’idea biblica della rivelazione positiva di Dio e soprattutto alla luce della fede nell’Incarnazione del Verbo, nel cristianesimo la storia non è vista come il regno dell’accidentalità e della ripetizione, ma viene concepita – riprendendo l’espressione di Melchior Cano – come un autentico locus theologicus.
La monografia di Gianluigi Pasquale ci riporta al cuore della visione cristiana della storia, mettendone in evidenza i due nuclei problematici fondamentali: (1) come la storia sia stata segnata in modo decisivo dall’evento Cristo e, proprio perché tale evento non è rinchiuso in un passato archeologico, ma ha aperto nell’oggi l’èra di un già e non ancora, (2) come la storia sia protesa verso il proprio compimento e attenda di ricevere da esso il suo significato piú pieno. Nel corso dell’esposizione l’autore svolge un confronto serrato con Hegel e Pannenberg intorno al tema della storicità, considerata nella sua accezione filosofica e nel suo rapporto con il cristianesimo. Due idee centrali attraversano lo studio. La prima è la concezione hegeliana di fine della storia (das Ende der Geschichte), secondo cui il senso della storia appare soltanto al suo termine, come riconciliazione (Versöhnung) definitiva di universale e particolare, che si raggiunge con l’avvento dello Spirito assoluto.
Pannenberg rielabora teologicamente quest’idea hegeliana attraverso la nozione di ontologia escatologica, secondo cui l’essenza degli avvenimenti storici potrà essere compresa solo alla luce del compimento finale della rivelazione di Dio. Sia Hegel che Pannenberg sostengono dunque la tesi per cui lo sviluppo storico è orientato non tanto dal passato verso il futuro, quanto piuttosto dal futuro verso il passato, cosicché la verità ultima della storia può apparire soltanto mediante uno sguardo retrospettivo che la abbracci nella sua totalità. La seconda idea è quella di anticipazione della fine, che Pannenberg riferisce al culmine della rivelazione cristiana verificatosi nella persona di Gesú Cristo. Nonostante ribadisca che il senso ultimo della storia apparirà solo al suo termine, il teologo tedesco individua in particolare nella risurrezione di Cristo – che, in quanto fatto, si colloca nella storia – l’evento prolettico che anticipa la fine della storia e ne disvela, nel tempo, il significato piú profondo. Lo studio di Pasquale si articola attorno a tre capitoli centrali, preceduti da un’ampia introduzione e seguiti da una serie di conclusioni. Nell’introduzione sono presentate le linee principali della concezione della storia in Hegel e in Pannenberg, evidenziandone i tratti comuni e soffermandosi in particolare su alcune figure del sistema del primo (come la «devozione» e la «coscienza infelice») che sono rilette in chiave teologica dal secondo.
Il primo capitolo è dedicato alla «dialettica storico- escatologica dell’evento cristiano». In esso viene presentata dettagliatamente la posizione di Pannenberg e si sviluppano in particolare le sue implicazioni in ambito cristologico. Il secondo capitolo riprende la tematica pannenberghiana della «anticipazione della fine», analizzandola in rapporto alla struttura logica della dialettica di Hegel. Il terzo capitolo mette a tema il delicato rapporto tra la contingenza degli accadimenti storici, che si presentano come realtà frammentata e incompleta, e il senso definitivo che viene loro dato dal punto di vista della totalità, quale è attesa al termine del processo storico. Le conclusioni offrono interessanti applicazioni della dialettica di anticipazione e retroproiezione della fine della storia sul piano dell’ontologia e della metafisica, soffermandosi in particolare sulla relazione tra divenire ed essenza e tra finitezza e trascendenza. In sintesi, lo schema dell’opera può essere ricondotto alla dialettica instaurata attorno ai concetti di anticipazione e di compimento, che abbiamo visto essere, per cosí dire, i due poli fondamentali attorno a cui ruota la concezione cristiana della storia.
Da un lato, il senso ultimo della storia è stato già realizzato anticipatamente con l’entrata dell’eterno nel tempo, cioè con l’Incarnazione di Dio in Gesú di Nazareth, e trova il suo punto di manifestazione definitivo nella risurrezione di Cristo; dall’altro, l’oggi cristiano è orientato nell’attesa del compimento ultimo della storia, un compimento che non può essere previsto a partire dal corso degli eventi mondani, proprio perché esso si pone al di là di essi, nell’orizzonte della novità escatologica. Particolarmente interessante l’idea, posta in chiusura del lavoro, di un paradigma epigenetico della storia. Riprendendo Pannenberg, lo sviluppo degli accadimenti storici è paragonato a quanto avviene con la crescita di una pianta che matura progressivamente, fino a manifestare la propria identità in modo pieno, col giungere della fioritura. Pasquale sostiene infine il carattere narrativo dello sviluppo storico cosí inteso: come un racconto è formato dall’intreccio di parole che si susseguono l’una dopo l’altra, costruendo una narrazione il cui senso compiuto appare con l’approssimarsi della conclusione, cosí il succedersi degli eventi guadagna di senso nella misura in cui si avvicina al proprio termine e solo alla fine potrà essere giudicato nel suo significato piú pieno.
L’attesa del fine ultimo verso cui è orientato il presente determina allora una relativizzazione di ciò che accade nel momento attuale, e al contempo innesca una tensione dinamica dell’oggi verso il proprio compimento. Rispetto a queste ultime suggestioni, ci pare che Pasquale affronti in modo troppo indeterminato il modo in cui la concezione epigenetica della storia, che si colloca in una dimensione intrinsecamente evolutiva, possa rendere adeguatamente ragione dell’idea che la fine della storia sia già stata anticipata nel tempo, con la risurrezione di Cristo. La prospettiva assunta dall’autore, infatti, non mette abbastanza in luce la dimensione positiva della storia cristiana, che le deriva dall’Incarnazione. Questa mancanza si ripercuote sulla stessa escatologia, che risulta indebolita nella sua radice cristologica.
In seguito, passando dall’ambito della filosofia della storia a quello della teologia fondamentale, sarebbe interessante approfondire come, nella contingenza propria dell’orizzonte temporale, sia possibile fare esperienza di tale anticipazione del senso ultimo e definitivo della storia, e di come tale esperienza si differenzi dalle esperienze di senso, necessariamente parziali e provvisorie, che accompagnano l’esistenza umana. Pasquale propone al lettore un percorso speculativo di ampio respiro, impegnativo ed esigente. La logica interna della materia sembra piegare lo stile di scrittura dell’autore, determinando lo svolgersi dell’argomentazione con un andamento che potremmo definire a spirale, dove i concetti vengono dapprima enunciati e poi approfonditi a piú riprese.
Una certa fatica nella lettura del testo, derivante dall’architettura alquanto complessa e articolata dello studio e dalla presenza di alcuni passaggi piuttosto laboriosi e forse non sempre presupposti dalla linearità del ragionamento, è compensata dall’ampiezza della visione d’insieme. Va rilevata infine la ricchezza e la puntualità della bibliografia citata e discussa, che arricchisce l’opera di una fitta trama di riferimenti e rimandi alla letteratura specialistica.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 2/2012
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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