Il biocapitalismo. Verso lo sfruttamento integrale di corpi, cervelli ed emozioni
(Temi)EAN 9788833918785
Il testo, a un tempo agile e sostanzioso, si sofferma su un aspetto specifico della bioeconomia del mondo contemporaneo, quello che, dall’autore Vanni Codeluppi, è definito “biocapitalismo”. Per esso, come specificato fin dal sottotitolo dell’opera, si intende lo “sfruttamento integrale di corpi, cervelli ed emozioni”, ossia quella forma avanzata di capitalismo che non si limita a sfruttare la forza lavoro classicamente intesa, ma che, intrecciandosi in modo sempre più invasivo con le vite dei cittadini, produce valore economico estraendolo non solo dal corpo operante come strumento materiale di lavoro, ma dal corpo nella sua totalità, inteso come razionalità, creatività, emotività. In particolare, attraverso la sfera del consumo, il biocapitalismo invade la vita privata degli uomini, finendo col condizionare le componenti più intime della personalità umana, come emozioni e affetti.
Quest’“invasione” dell’intimità umana è resa possibile innanzitutto dalla progressiva astrazione della società in generale e del capitale in particolare: con drammatica attualità è sottolineata e ricostruita la progressiva smaterializzazione del denaro, che dapprima incorpora materialmente il proprio valore (monete d’oro o d’argento), poi assume un valore simbolico (denaro di carta e assegni), quindi, diviene moneta elettronica, circolante nelle reti telematiche. Nell’economia attuale non basta semplicemente produrre un bene, è importante un costante processo di invenzione e di rinnovamento, cosicchè risulta fondamentale sfruttare anche la vita privata dei lavoratori, nel senso che le esperienze e le emozioni che essi vivono nel tempo libero, inevitabilmente, hanno un importante influsso sulle loro capacità lavorative in senso stretto. Inoltre, nella società dell’informazione entrata nella fase cosiddetta “Web 2.0”, in cui chi naviga contribuisce anche a creare la rete riempendola di contenuti, ormai il consumatore è anche inevitabilmente creatore dei prodotti (prosumer, per dirla con Toffler). Siamo ormai in una Wikinomics, un’economia ad alta velocità, nella quale sono sempre più importanti operazioni di supervisione dei consumatori, attraverso strategie di marketing che tendono a coivolgere tutto il loro vissuto, anche in senso corporeo (si pensi al cosiddetto “marketing estetico”, ossia al coinvolgimento dei sensi nelle pubblicità).
Tutto ciò ha imponenti conseguenze sociali che Codeluppi analizza con grande lucidità, come per esempio il crescente desiderio di celebrità, ossia il desiderio di esseri visti ed esteticamente apprezzati dal maggior numero possibile di spettatori, con una crescente autoesposizione che sembra spazzare via ogni residuo senso del pudore. Le strategie del biocapitalismo vanno attuandosi in particolare attraverso la marca, alla cui analisi l’autore dedica il terzo capitolo, ma anche, in maniera più o meno subdola, attraverso il cinema, oggetto specifico di analisi del quarto capitolo. La conclusione cui Codeluppi giunge è questa: il biocapitalismo, da una parte, ha bisogno di alimentarsi della vita individuale, dall’altra tende, attraverso strategie di crescente astrazione e spersonalizzazione, a spegnerla. È questa una contraddizione insanabile? Staremo a vedere, anche se il testo non lascia molto spazio all’ottimismo, pur indicando in filigrana alcune possibili vie d’uscita. In particolare, un recupero del concetto di limite, come strumento reattivo per riaffermare la propria forma di vita di fronte a quella del biocapitalismo.
Tratto dalla rivista Asprenas n. 1-2/2010
(http://www.pftim.it)
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