Un'anima per l'Europa
-Colloqui su Dio, ateismo e dintorni
(Libroteca Paoline) [Con risvolti di copertina]EAN 9788831540810
Presentazione del libro
Il titolo del testo di Lorenzo Fazzini bene interpreta il contenuto. Vi troviamo, infatti, una serie di colloqui su Dio tra l’autore e dieci personaggi autorevoli, appartenenti al mondo della cultura e della politica, chiamati a rispondere a incalzanti domande circa il rapporto tra Dio e l’uomo, la fede, l’ateismo e il ruolo del cristianesimo e delle religioni nel contesto europeo: Denis Alexander, Maurice Bellet, Tony Blair, Adriana Cavarero, László Földényi, Fabrice Hadjadj, Julia Kristeva, Jürgen Moltmann, Julien Ries, Roger Scruton. Spesso i colloqui terminano con un’ultima domanda circa l’operato di Benedetto XVI nell’impegno di un ritorno a Dio, considerato fondamentale per comprendere l’uomo e un giudizio in riferimento all’iniziativa della costituzione del Cortile dei gentili.
La questione di Dio, tornata alla ribalta in questi ultimi anni, dopo che sembrava essersi chiusa negli anni Settanta dello scorso secolo, interessa soprattutto l’Occidente e provoca un’inaspettata per quanto ambigua rinascita religiosa. Rendere presente Dio nel mondo è la missione prioritaria della chiesa. Benedetto XVI lo scrive nella Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei quattro vescovi consacrati dall’arcivescovo Lefebvre, nel 2009, e Fazzini aggiunge: «Due sono le prerogative che un credente pensante deve percorrere per rendere ragione della speranza che è in lui: attualizzare la trascendenza di Dio e trovare le piste, misteriose e dinamiche, con cui poter accompagnare gli uomini e le donne di quaggiù a contemplarne il volto» (p. 16).
Di là dei dualismi da sempre dibattuti tra mondo e chiesa, tra teologia e filosofia, la chiesa si sforza di rendere sempre più vivo e presente Dio nel percorso di «ominizzazione» (p. 13) dell’uomo. Il dibattito si fa più acceso quando si cerca di capire come contestualizzare questa presenza. Il filosofo Charles Taylor interpreta la fede come un fatto comunitario, percependo la presenza di Dio là dove s’incontrano gli uomini e non come un’àncora di salvezza personale. Bisogna cercare di capire in che modo si pensa a Dio, se legato solo alla chiesa o se la sua presenza condizioni realmente l’uomo, il suo pensare, il suo comportamento per generare il cambiamento.
L’attualizzazione di Dio non è cosa facile, soprattutto quando dilaga una cultura sempre più laicista, tendente a un orientamento a dir vero più ateo che laico, e che ripesca dagli anni Sessanta del secolo XX il motto “Cristo si, la chiesa no”. In seguito alla crisi religiosa islamica, si è portati a pensare, soprattutto quando sono i media a proporlo con insistenza, che le religioni portino di per sé alle guerre, che è meglio la vita senza Dio. In questo contesto, il riferimento nostalgico all’ateismo di Nietzsche diventa d’obbligo e trasforma il discorso fatto in “sogno” dal superuomo in un discorso sulla grazia di Dio che non può non intendersi che come il Dio cristiano.
In alcuni ambiti culturali si tende a estromettere la religione poiché accusata di condizionare negativamente il pensiero, ma al contrario proprio da paesi come la Francia, dichiaratamente laicista, ci giungono affermazioni forti, come quella del direttore del Centre National de la Recherche Sociale a Parigi, Oliver Roy, che afferma: «La religione sostiene pienamente il suo posto nei grandi dibattiti futuri» (p. 23); ciò in riferimento alla relazione uomo- donna, ai problemi della maternità, all’idea di libertà: «su tali questioni il religioso ha una voce da offrire, specialmente con i concetti fortissimi di trascendenza e di dignità» (ivi). Una voce, dello stesso parere, ci dice che le scienze danno molte risposte, annullano le spiegazioni precedenti, ma laddove non arrivano, è solo la religione a soddisfare quel «bisogno specifico dello spirito umano che nessun altro tipo di discorso è in grado di rimpiazzare » (p. 24).
Ciò è quanto viene sostenuto dallo storico Marcel Gauchet, professore all’Ecole des Hautes Études en Science Sociales di Parigi. Fazzini punta il dito contro un ateismo che non ha più fondamenta, che ha perso le menti illuminate di un tempo, l’inizio del secolo scorso, quando il dibattito si fece più acceso, voci capaci di produrre riflessioni intelligenti sulle quali davvero si è potuto dibattere a lungo. Oggi l’ateismo si è trasformato in un fenomeno di massa, svuotato di gran parte dei suoi contenuti, spesso sostenuto solo da un accanimento contro la figura del papa e della chiesa.
La riflessione contro un ateismo che considera la religione superata è un pregiudizio di cui bisogna liberarsi, sostiene l’autore, dovrebbe piuttosto convincersi che Dio non vuole schiacciare a terra la libertà umana, essendo come il presupposto stesso «della pienezza della persona, della storia, del cosmo» (p. 32). Piace qui sottolineare il colloquio con Julia Kristeva, una non credente, laica e umanista, il cui interesse professionale è rivolto alla semiologia, alla psicoanalisi e alla linguistica. A favore della creazione di un nuovo umanesimo, ella pone l’accento sull’importanza del cristianesimo e del dialogo tra cristiani ed agnostici per la risoluzione «della crisi economica, politica e naturale» (p. 52). Il cristianesimo è per sua natura la religione con la quale gli umanisti dialogano più facilmente, ciò deve spingerlo sempre più al colloquio con le altre religioni, non per semplice gesto di fraternità, ma per la «rifondazione di tutta una tradizione» (p. 53).
All’umanesimo necessita confrontarsi con la religione per arricchirsi nuovamente degli elementi dello spazio morale, per trovare una ricchezza più profonda al di là dell’individualismo, dell’estrema libertà, delle passioni senza limite. A sua volta, Maurice Bellet, filosofo, teologo e psicoanalista, è interpellato sulla sfida che la fede cristiana deve muovere contro la società moderna. L’impegno della religione è di puntare sull’amore, sulla giustizia e sulla verità per unire persone di fede e quanti non credono. Questi i presupposti per lavorare a favore dell’umanità. Il nodo cruciale per Bellet è l’agape, l’amore che «ci obbliga a rivedere il concetto di Dio perché ci spinge a prendere le mosse della comunione fra gli uomini per arrivare poi alla figura di Dio» (p. 142). Il cristianesimo deve ripulirsi da un linguaggio tradizionalista e superare il dottrinarismo se vuole davvero confrontarsi con la mentalità moderna e costruire un credo che parli alla società odierna. Interessante è, infine, il dialogo con l’ex primo ministro laburista inglese Tony Blair, convertitosi al cristianesimo e fondatore di una Fondazione interreligiosa per il dialogo tra le religioni e lo sviluppo delle fedi nella società globalizzata. La sua dedizione alla Fondazione nasce dal credere che le forze trainanti del mondo di oggi siano proprio la religione e la globalizzazione. È un politico che non sa interpretare la politica senza il fattore religioso, poiché cosciente che le ideologie politiche affermatesi nel Novecento, fascismo e comunismo, si sono trasformate in vere e propri drammi nati da movimenti che respingevano la religione.
La fede per Blair è una forza per la civiltà, è un bene in sé, da qui l’idea di un forte impegno nel dibattito pubblico da parte dei credenti per proporre soluzioni più vicine all’uomo e maggiormente condivise. Un libro che vuole dare speranza a chi crede e s’impegna nella realizzazione del dialogo interreligioso con intellettuali credenti o agnostici disposti a conversare di religione, convinti dell’importanza, per la vecchia Europa, che discorrere su Dio non è certo cosa superata.
Tratto dalla rivista "Asprenas" n. 1-4/2012
(http://www.pftim.it)
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12,00 €→ 11,40 € -
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cristianesimo, europa, ateismo, dialogo, testimonianze, credenti, dialogo interculturale, non credenti