Piena di vitalità, sportiva, sempre circondata da amici: è Chiara Badano, un'adolescente cresciuta a Sassello, piccolo paesino dell'entroterra ligure, in una famiglia che, nella libertà, le comunica grandi valori. All'età di nove anni in un incontro fortuito Dio irrompe nella sua vita: da allora nelle parole ma soprattutto nei gesti emerge il desiderio pressante di essere una persona integra, totalitaria, che comunica agli altri con la propria vita la sua scoperta di Dio amore.
Verso i diciassette anni un forte dolore alla spalla durante una partita di tennis apre un nuovo, ultimo capitolo della sua esistenza. La grave malattia, vissuta "con il sorriso sulle labbra", lascia intravedere una maturità insospettabile per la sua età. L'interesse nato attorno alla sua storia attira l'attenzione della Chiesa che avvia il processo di beatificazione. Oggi in occasione della proclamazione a beata, Michele Zanzucchi ne ripercorre la vita.
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Occhi che hanno un perché
Va bene, Giovanni Paolo II ha beatificato un'insolita quantità di uomini e donne, molto più dei predecessori, e Benedetto XVI non ha interrotto questa tradizione, semmai rallentandola appena un po'. Va bene, dall'ultimo Concilio il concetto stesso di santità si è fatto più accessibile, come testimonia il numero non indifferente di nuovi beati laici, madri e padri di famiglia. Va bene, casi come quelli recenti di Madre Teresa e Padre Pio dimostrano che la gente non è refrattaria ai modelli di perfezione cristiana, come si tenderebbe a credere.
Va bene tutto; ma perché una ragazza apparentemente normale è riuscita a «scardinare le porte del cielo» in pochi mesi? Come ha potuto rifiutare la morfina che i medici volevano somministrarle per lenire i dolori atroci delle metastasi? Voleva avere ancora «qualche cosa da offrire»... Dove trovava la forza? Un'esistenza — altrimenti archiviata con qualche lacrima, un trafiletto sul giornale locale e un coro di «povera ragazza... così giovane...» — continua a essere ricordata e imitata. Insomma, c'è la curiosità di capire come una ragazza abbia raggiunto in un niente, in pochi anni, vette di alta spiritualità.
Scrivo queste righe dinanzi a una delle sue ultime fotografie, un primissimo piano ripreso mentre giaceva ormai paralizzata nel letto della sua stanzetta di Sassello. Una federa a trama scozzese, azzurra, gialla, rosa e bianca, e lei, che guarda verso il suo interlocutore, col braccio reclinato dietro il capo. Una peluria scura le ricopre il cuoio capelluto; non certo un taglio di capelli all'ultima moda, ma la testimonianza spudorata di una recente chemioterapia. Eppure i tratti del volto non sono quelli di un'ammalata in punto di morte, quanto di una ragazzina maturata in poco tempo. Sorride. Proprio così: sorride di un sorriso che tanti avevano amato. Con lei nella stanza, in quel momento, c'erano tre amici di Genova; avevano scambiato quattro chiacchiere con l'ammalata, avevano vissuto un altro di quei momenti di Vangelo "in atto" che la ragazza prediligeva. «Momenti di unità», li chiamava.
Il cielo era sceso tra loro: quel sorriso lo testimonia. Ma soprattutto lo testimoniano quei due occhi grandi che non posso non fissare. Hanno un perché, sono sereni, sinceri. Sanno che «la medicina ha deposto le sue armi», ma anche che «tutto vince l'amore».
Ecco Chiara Badano, diciottenne. Anzi, Chiara Luce Badano.
Come scriveva l'Abbé Pierre: «I santi non si limitano a un catalogo, e noi ne incrociamo certamente tutti i giorni». La giovane di Sassello era probabilmente una di questi.
Tra i gen partiti per il cielo
Ogni gruppo sociale ha i suoi modelli, talvolta i suoi santi, nei quali personifica speranze e aspirazioni. Il Movimento gen, i giovani del Movimento dei Focolari sin dagli anni Sessanta aveva accompagnato i suoi primi amici «partiti per il cielo», come loro sono soliti dire. C'era Franceschino Chiarati, un giovanissimo bresciano dal sorriso limpido; non mancava un giovane martire, Charles Moates "Charles dei Ghetti neri" di cui il gruppo del Gen Rosso ha raccontato la drammatica storia nel musical Streetlight; c'erano poi le ragazze di Pelotas, brasiliane, morte in un incidente stradale mentre si recavano a un loro congresso... Ogni stagione aveva i suol piccoli miti, quelli che lasciano un esempio alle generazioni successive. Eppure questi giovani "partiti per il Cielo" non erano lontani o idealizzati; non erano, come si dice oggi, trasformati in icona e da mettere sul comodino. Erano come un pezzo di quel Movimento di giovani che si trasferiva altrove, prima del ricongiungimento finale.
La Chiesa da sempre parla di «comunione dei santi», un termine forse un po' oscuro, che viene spesso interpretato come qualcosa di lontano, di riservato ai mistici, ai preti e alle sfere celesti. Tra i gen, la comunione dei santi era invece una realtà che avvicinava la terra al cielo.
Così e solo così può essere interpretato l'interesse che ha accompagnato le vicende di Chiara Badano ancor prima che lasciasse questa terra. Come per gli altri amici ammalati — ma forse un po' di più —, i gen seguivano le notizie sulla sua salute, ritrasmesse dal tamtam spontaneo e mille volte reinventato dei giovani. Si pregava anche, e molto. In lei avevano avvertito una sorta di predilezione di Dio, donata per tutti loro.
Poi la morte. La notizia circolò, qualche suo scritto cominciò a essere fotocopiato, delle sue foto vennero fatte copie su copie. Si racconta ancor oggi di un funerale definito da tanti «una festa di nozze». Quindi un articolo sul giornaletto dei gen, e un altro sulla rivista «Città nuova». Negli anni seguenti, senza un preciso disegno, la sua storia è tornata regolarmente sotto i riflettori, grazie agli amici, ai gen, al vescovo, grazie a una raccolta di scritti, a una biografia, a un video. Ogni anniversario della sua morte, poi, il piccolo cimitero in cui è stata sepolta è meta di centinaia di giovani e meno giovani, ogni anno più numerosi...
La piccola provincia
Da Savona si costeggia il golfo di Genova fino ad Albisola, e poi si sale nell'entroterra per una ventina di chilometri, tutta curve e brevi rettilinei. Non ci si eleva di molto, visto che la meta del viaggio è situata a 400 metri d'altezza. Ecco Sassello: nemmeno duemila abitanti, sessanta chilometri da Genova e trenta da Acqui Terme, della cui diocesi fa parte, pur essendo quest'ultima città già in territorio piemontese.
Il paese si spopola durante l'anno e si ripopola nei fine settimana e soprattutto d'estate, quando decuplica i suoi abitanti. I venti del nord e del sud s'incrociano proprio sopra le sue montagne, cosicché le precipitazioni piovose o nevose sono frequenti e abbondanti.
È grazioso, il borgo, con una storia antica. Il territorio comunale s'inerpica fino ai 1.287 metri del monte Beigua: 1.000 metri di dislivello, o quasi, che mostrano quanto il comune sia per sua natura montagnoso. Era rinomata per i suoi castagni, Sassello. Ma tra le due guerre un inarrestabile cancro del legno ha distrutto interi boschi, ora ricresciuti ma non ancora innestati. E poi crescono funghi su funghi, vera delizia dei declivi attorno al paese, porcini e fingerli in particolare. E ovoli, deliziosi.
Ma la notorietà del paese è dovuta in primo luogo agli amaretti, quelli morbidi, prodotti da sei fabbriche situate sul territorio comunale, in cui si tramandano di padre in figlio le ricette e i segreti del mestiere.
Insomma, se volete un luogo da "piccola provincia", gradevole e familiare, prendete Sassello. Qui è nata, cresciuta e morta Chiara Badano. Amava, prediligeva questo piccolo mondo; anche nel periodo in cui abitò a Savona vi tornava con malcelata gioia, come se il soggiorno nella città fosse un piccolo esilio a cui bisognava sottrarsi appena possibile.
Una famiglia unita
A Sassello metà paese si fregia del medesimo cognome: Badano. E sulla strada che sale dal mare verso il borgo, l'ultima frazione si chiama, guarda caso, Badani. Ruggero è così un Badano che abita in via... G. Badano. Dapprima ragazzo di bottega nel negozio di tessuti di famiglia, quindi camionista, «ma sempre in proprio», come tiene a precisare, quasi per riaffermare il suo desiderio di libertà. Cominciò trasportando carbone dal porto di Savona verso tutto il Nord Italia. Quindi per vent'anni lavorò al servizio della Ferrania: due volte a settimana trasportava le pellicole da Savona a Roma, per lo sviluppo che veniva fatto solo nella capitale: a quel tempo non c'erano autostrade e superstrade, e l'Aurelia fino a La Spezia non era certo priva di insidie, specie d'inverno...
Maria Teresa Caviglia, invece, veniva da una famiglia numerosa, rallegrata dalle grida e dalle gesta di ben otto figli, con un padre poliedrico e dalle mani d'oro. Erano poveri, e lo furono ancora di più dopo che la casa nella quale abitavano s'incendiò per un camino mal ripulito dalla fuliggine: il fuoco venne alimentato dalla legna che papà aveva stipato in soffitta in previsione del rigido inverno... Fu la carità dei vicini a permettere loro di sopravvivere alla stagione inclemente.
Avevano frequentato l'asilo assieme, Maria Teresa e Ruggero. Poi le loro strade per un certo periodo erano avanzate in parallelo, senza troppi incontri, salvo quelli in chiesa, alle feste comandate. «A lei piaceva ballare — spiega Ruggero —, ma a me no; così scelsi una compagnia diversa dalla sua». Lei si fidanzò con un bravo ragazzo del paese e sembrava che la cosa dovesse andare in porto. Ma ciò significava non fare i conti con Ruggero: «Maria Teresa — racconta — è stata la prima ragazza del mio cuore. E lo è rimasta. Ma a quel tempo non riuscivo ancora a manifestarle il mio affetto. Finché l'evidenza dei sentimenti, di quelli profondi, convinse anche lei...».
Insomma, lui era di poche parole, ma con una fede solida. Era certamente severo, ma con un che di dolce nello sguardo che lo rendeva amico di tutti. Lei, invece, era affabile ed estroversa, tenera ma risoluta.
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Armando Cassini il 15 novembre 2017 alle 01:45 ha scritto:
Biografia sintentetica, ma efficace nel presentare Chiara Luce testimone di come si può portare la propria croce, piccola o grande che sia, con gioia. Il libro è scritto bene, ti coinvolge e dona emozioni fino all'ultima pagina. Ho apprezzato inoltre l'inserimento di una breve antologia degli scritti della Beata al termine del libro.
maria ignazia sesuru il 10 dicembre 2017 alle 15:28 ha scritto:
bellissimo libro in cui emerge la bontà e la bellezza dell'animo di questa splendida ragazza. Un esempio per i ragazzi e per tutti noi. Le sue parole fanno emergere molti dubbi sul nostro vivere e sul nostro rincorrere cose futili e senza vero valore.
Tiziana Vallecchi il 24 luglio 2019 alle 21:14 ha scritto:
Puntualissimo nella consegna. Libro bellissimo di facile lettura, la vita di Chiara è descritta bene. mi sarebbe piaciuto avere illustrazioni in foto di chiara. Ne acquisterò altri! belli i suoi scritti.
Lara Munari il 13 settembre 2020 alle 14:04 ha scritto:
Dopo aver letto questo profilo biografico non si può non ringraziare il Signore: i testimoni della tempra di Chiara Badano sono uno stimolo sempre vivo ed efficace per ogni battezzato, dei validi compagni di viaggio per affrontare la vita nella consapevolezza di averli accanto, punti di riferimento che ci aiutano a verificarci nella nostra fede e nel nostro rapporto con il Signore. Il libro è ben scritto, semplice e molto scorrevole, in cui l'Autrice fedelmente riporta dati cronologici e lo sviluppo interiore/spirituale di questa ragazza, che ha affrontato la malattia e la morte prematura con la certezza di avere Gesù a fianco. Da leggere e meditare per la vita.
silvana casa il 21 gennaio 2021 alle 10:47 ha scritto:
Molto bello, lo consiglierei ai ragazzi, è la testimonianza di una vita "normale" di una ragazza che però ha saputo renderla speciale nel suo rapporto di amore con Gesù. Bellooooo