Gesù e la verità. Agostino e Tommaso interpreti del Vangelo di Giovanni
(Teologia)EAN 9788831133647
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 8
(http://www.ilregno.it)
Il testo di Riccardo Ferri, docente presso la Pontificia Università Lateranense, si segnala per l’accuratezza del metodo teologico-sistematico seguito dall’autore per lo studio dell’esegesi e della riflessione di Agostino e di Tommaso sulla verità rivelata. Il punto di partenza su cui verte l’indagine di Ferri è rappresentato dai commenti al Vangelo di Giovanni (14,6) e alcuni testi in cui il tema della verità è significativamente trattato. Relativamente ad Agostino, prende in esame solo alcune opere: il De beata vita, il De vera religione, il De diversis quaestionibus 83 e il De Trinitate. Per quanto concerne Tommaso, confronta ciò che emerge dalla lettura della Summa theologiae, senza trascurare qualche riferimento anche allo Scriptum super libros Sententiarum, alla Summa contra Gentiles e al De Veritate, q. 1. Il fine che si pone il nostro autore è quello di capire, attraverso un’analisi dei testi in questione, se la comprensione della verità di Cristo da parte dei due dottori sia il risultato di una semplice trasposizione in ambito teologico di un’idea di verità aprioristicamente desunta dai sistemi filosofici antichi (neoplatonismo e aristotelismo), oppure esprima quel novum che la rivelazione, culminante in Cristo, ha introdotto nella storia. Il testo è strutturato in cinque capitoli: due su Agostino e tre su Tommaso.
Il primo capitolo (pp. 23-49) è centrato sul Tractatus 69 in Iohannis Evangelium di Agostino, dedicato all’esegesi di Gv 14,6. Nel capitolo secondo (pp. 50- 113), contestualizzando i risultati raggiunti, e insieme, confrontandoli con le altre opere, è tracciato un quadro globale della posizione di Agostino riguardo al tema cristologico-trinitario della verità. Il terzo capitolo (pp. 114-142) verte sulla lectio di Tommaso su Gv 14,6: a partire dalla conclusione della lectura, la nozione teologica di verità è amplificata sulla più vasta speculazione dell’Aquinate. Nel quarto capitolo (pp. 143-201) è esaminata la riflessione di Tommaso su Dio summa et prima veritas: da una comprensione filosofica della verità, si passa a una nozione di veritas attribuita a Dio. Nell’ultimo capitolo (pp. 202-269), l’autore studia in quale senso Cristo, Verbo incarnato, sia la Verità. Nella prima parte del testo (i primi due capitoli) l’autore considera sempre i diversi contesti in cui ogni opera di Agostino si colloca, il genere letterario a cui appartiene e i destinatari a cui è rivolta. L’idea che Cristo sia la verità è presente nel pensiero del Dottore d’Ippona. Il problema è stabilire se e quanto questo dato di fede sia stato tematicamente elaborato al fine di indagare la portata cristologica della verità, o se sia stato interpretato per mezzo di categorie estrinseche.
Secondo alcune letture, Agostino ridurrebbe l’umanità di Cristo semplicemente a una via attraverso cui si potrebbe giungere alla verità, negando all’incarnazione e all’evento pasquale un valore veritativo e rivelativo. Se le cose stessero così, la verità potrebbe essere contemplata dall’uomo per via esclusivamente intellettuale, prescindendo dalla parole e dalle opere di Gesù Cristo. In realtà, Ferri individua nel Tractatus 69 elementi di novità e di discontinuità rispetto ai testi suddetti. In primo luogo, egli riscontra la considerazione del contesto evangelico del versetto in questione; la rilettura cristologica dei tre titoli di via, verità e vita; la duplice mediazione della carne di Cristo, cioè dell’umanità di Gesù, via per l’uomo perché possa tornare a Dio e, allo stesso modo, via per il Figlio di Dio per venire all’uomo. Dunque, il Tractatus 69 esprime la connotazione storico-salvifica del fondamento divino della nozione di verità. L’incarnazione diventa, allora, la massima espressione dell’agire misericordioso di Dio nei confronti dell’uomo. Quest’idea è presente anche negli altri scritti di Agostino, che aiutano a precisare il significato teologico del termine verità. Il Figlio di Dio, per Agostino, è verità perché Parola del Padre, sua piena misura, perfetta somiglianza, l’unico che può manifestarlo così come egli è. Il problema tra l’articolazione della verità come attributo divino e la verità come nome del Figlio divino, è risolta da Agostino nel De Trinitate, dove si opta per la seconda possibilità.
Per quanto riguarda il rapporto tra verità nella vita divina e la sua rivelazione nella storia, la nozione che permette di articolare i due aspetti è quella di missione, intesa come il far conoscere all’uomo da parte del Figlio la sua origine dal Padre e il suo autocomunicarsi al mondo. L’apice di questa autocomunicazione è l’evento incarnatorio-pasquale, il quale, oltre ad avere un senso redentivo, ha anche un valore rivelativo. La verità, Dio-Figlio, è resa accessibile all’uomo quando il Figlio assume la vera carne e subisce la morte, grazie alla quale vengono mostrate la veracità e la misericordia di Dio nei confronti dell’uomo. Continuando con l’analisi del De Trinitate, Ferri mostra la tensione presente all’interno dell’opera di Agostino quand’egli cerca di rendere ragione di tale dimensione rivelativa dell’incarnazione utilizzando categorie storico-temporali che caratterizzano la rivelazione nel suo realizzarsi: la verità è posta sul piano dell’eternità e il passaggio al piano della storia avviene per mezzo di modulazioni linguistiche che non riescono a sciogliere l’antitesi tra i termini (l’eternità sta alla mutabilità come la verità sta alla fede – cf. De Trinitate 4,18,24). È viva nella riflessione agostiniana la consapevolezza dell’unità della persona di Cristo: la verità è nata dalla terra e il Cristo è persona veritatis. Tuttavia, data la contrapposizione tra eternità e tempo, anche nel Cristo le due dimensioni sono giustapposte e non ricondotte a unità.
L’umanità di Cristo costituisce, quindi, la mediazione discendete (la verità è rivelata agli uomini) e ascendente (il Figlio e con lui l’umanità ritornano al Padre). In questo senso, la “carne” non possiede valore veritativo: Cristo, Figlio di Dio, rende vera la carne umana e attraverso di essa rivela la sua presenza nella storia. Tale verità assume la sua espressione più alta nella risurrezione, dove l’umanità è esaltata ed eterizzata, anche se rimane sempre distinta dalla natura divina del Verbo. Nella seconda sezione del testo (ultimi tre capitoli), Ferri dimostra come Tommaso rielabora e sviluppa la riflessione di Agostino, dando ad essa un approfondimento speculativo grazie anche all’utilizzo di nuovi strumenti ermeneutici e di un rinnovato impianto epistemologico. Dato indiscutibile nella riflessione tommasiana, riguardo alla nozione teologica di verità, presente soprattutto nella Lectura super S. Ioannis Evangelium, è la considerazione della verità quale attributo dell’unica essenza divina. Tale impostazione, in primo luogo, tiene conto, come lo stesso Ferri ammette, del dato della Scrittura nel suo complesso: Tommaso non assolutizza una sola espressione, come in Gv 14,6, ma tiene conto anche di altri passi come Ef 4,1 e Col 1,15-20, i quali affermano che la verità è “in” Gesù Cristo, oppure fanno riferimento alla testimonianza di Gesù alla verità (Gv 18,37), nonché allo Spirito di verità (Gv 16,13).
In secondo luogo, la scelta di Tommaso mostra la sua intenzione di elaborare una speculazione teologica a partire dall’esegesi del dato rivelato, che cerca di rendere ragione di quanto accolto per fede. “Verità”, evitando un ingenuo cristomonismo, non può essere considerata un nome del Figlio, ma va riferita a Dio nella sua unità. Tale indagine da parte di Tommaso sul significato della verità mostra sia l’equilibrio nell’utilizzare l’analogia che la sapiente rielaborazione di categorie filosofiche: l’idea di adaequatio, tradizionale definizione di verità, di stampo aristotelico, subisce una trasposizione semantica, venendo ad assumere il significato di eguaglianza e identità tra intelletto ed essenza divina. Nello stesso tempo, data l’incomprensibilità dell’essenza divina da parte dell’uomo, l’indagine sulla verità è connotata da un apofatismo. Soltanto la rivelazione trinitaria di Dio in Cristo, getta luce sul significato della verità divina. La testimonianza giovannea di un Verbum in Dio costituisce, per Tommaso, la premessa per un’analogia con la parola umana, che permette di penetrare il mistero di Dio nella sua unità e distinzione. La verità divina può essere così correlata al Verbo attraverso l’appropriazione. In questo modo la verità divina si dischiude a una nuova intelligibilità, e assume nella propria nozione la dimensione rivelativa del Verbo. Se l’idea di “verità divina” indica l’uguaglianza tra intelletto ed essenza divina, la ratio della “verità divina appropriata” contiene in sé anche quel rapporto personale d’origine, per cui il Verbo è il procedente dal Dicente.
Essa implica, dunque, un rapporto di uguaglianza, ma, in quanto appropriata, esprime nello stesso tempo la distinzione tra il Verbo e il Padre. Su questo fondamento intradivino, il Verbo è la verità del Padre: si dispiega l’azione del Verbo-verità ad extra, in quanto esso è luce che si manifesta nella creazione e nella redenzione. La missione divina è il trait d’union tra la verità nella vita divina e la sua manifestazione nella storia: il Verbo è la verità generata, e proprio per questo motivo ha la missione di rivelare il Padre e ricondurre l’umanità a lui. Il culmine di tale missione è l’incarnazione, in cui il Figlio assume la natura umana nell’unità della sua persona. Ecco il motivo per cui l’uomo Gesù è, per Tommaso, la verità divina: verità che è perfetta eguaglianza, nell’unità divina, e che è procedente dal Padre e a lui riconducente in quanto verità generata. Al termine del nostro excursus, l’autore afferma che, nonostante i limiti dell’esegesi del tempo, Tommaso ha dato un serio contributo all’intelligenza del dato rivelato costituito dall’affermazione di Gesù: «Io sono la verità». L’accuratezza degli studi tommasiani da parte di Ferri ha fatto sì che si riscoprisse la nozione di verità in un orizzonte cristologico-trinitario. Nella prospettiva di Tommaso, la verità-rivelazione, il Verbo fatto carne, salvaguarda la trascendenza del mistero di Dio e, nello stesso tempo, costituisce trinitariamente l’unica via che permette all’uomo l’accesso al Padre.
Tratto dalla rivista Asprenas n. 4/2009
(http://www.pftim.it)
-
20,00 €→ 19,00 € -
11,90 €→ 11,30 € -
18,00 €→ 17,10 € -
18,00 €→ 17,10 €