Libertà religiosa e laicità tra cronaca, leggi e magistero
(Itinerari etici)EAN 9788831126779
Il testo di Casazza affronta temi e nodi problematici complessi ed oggetto di dibattiti accesi con un linguaggio accessibile e uno stile di scrittura attraente e piacevole. L’intento dell’autore è di scrivere un’opera di divulgazione: si tratta di alta divulgazione come appare anche dalla ricchezza delle note e dalla bibliografia finale. Viene usato un metodo interdisciplinare che attinge alle fonti del Magistero, della teologia, delle scienze storiche e giuridiche oltre che filosofiche e sociologiche. Esempi di cronaca e tratti dalla storia passata chiariscono i concetti e illuminano la loro importanza per la vita quotidiana. Il testo introduce la distinzione tra libertà di culto e libertà religiosa (cap. I) ed esamina la situazione italiana dal punto di vista legislativo (cap. II), passando poi a puntualizzare i concetti di laicità, laicismo e secolarizzazione (cap. III). La comparazione tra modelli e tradizioni culturali diverse come quello statunitense e quello francese rendono pregevole l’approfondimento della libertà religiosa (cap. IV). Approfondimento che viene poi portato avanti attraverso l’analisi di fatti di cronaca per illustrare l’inadeguatezza dell’approccio francese (cap. V).
A questo punto l’Autore presenta una proposta positiva di nuovi rapporti tra Stato e comunità religiose attraverso un ripensamento dei concetti di pubblico e di privato (cap. VI). Servendosi poi di recenti analisi sociologiche Casazza intraprende una ricognizione sul posto della religione nella società italiana ed in quelle europee (cap. VII). A questo scopo vengono anche analizzate le vicende relative all’ora di religione nelle scuole statali, alla visita in esse di ecclesiastici e all’esposizione del crocefisso nelle aule (cap. VIII). Il commento al Magistero recente (cap. IX), in particolare di Benedetto XVI (cap. X) conclude il testo di Casazza. La tesi centrale dell’autore viene espressa in questi termini: «eliminare l’apporto della fede dalla pubblica agorà significa depauperare sia i cittadini dal concorrere liberamente al progresso materiale e spirituale della nazione, sollecitato dalla costituzione italiana, sia la società intera da un apporto potenzialmente fecondo» (11). Si tratta invece di «creare una feconda interazione tra l’ambito spirituale e quello politico» (121). Certo le questioni poste stimolano ad ulteriori approfondimenti. Che cosa la libertà religiosa implica dipende da che cosa sia la religione. La religione include un’esplicita convinzione sul fondamento ultimo del valore e importanza della vita umana e poi i termini ultimi per la valutazione politica (cf. 54s.). La libertà politica di sostenere un’esplicita fede sul fondamento ultimo di valore è la necessaria condizione di democrazia ed è il significato appropriato politicamente della libertà religiosa.
Ridurre la libertà religiosa all’ambito privato ed escludere le argomentazioni religiose dal dibattito pubblico va contro lo stesso liberalismo e la libertà di espressione. Nella cultura dominante la sottrazione della dimensione etico-religiosa dalla sfera pubblica a motivo del predominio della razionalità funzionale, che esclude dalla sfera civile le questioni relative al senso del vivere e dell’agire sociale, porta a concepire l’idea di Dio come opzione legittima (o tollerata, 56s.) di un sentimento esclusivamente privato. Una questione del diritto, infine, non più del sapere. In questo modo, naturalmente, la religione esce definitivamente dalla sfera del discorso di pubblico interesse e il tema del “divino” è interamente assorbito dentro la sfera della subcultura ecclesiastica e del sentimento soggettivo: sottratte all’orizzonte della domanda generale di senso e iscritte nella sfera del sentimento di parte, le virtualità umanistiche della religione non hanno spazio di concorso alla qualità del legame sociale e all’arricchimento della cultura democratica. Lo stesso ritorno della religione si accompagna al deciso privilegio del nesso tra religione e coscienza soggettiva, e ulteriormente nasconde il nesso tra religione e società. La Chiesa non può accettare che il proprio spazio sia soltanto quello privatissimo della coscienza individuale, che il luogo del trascendente e dell’esperienza religiosa tenda ad essere identificato con la realtà dell’interiorità. Quando di fatto così accade, viene ulteriormente approfondita quella distanza della verità di Dio dalle forme della vita quotidiana e sociale, che poi fa apparire quella verità marginale e praticamente irrilevante per riferimento alle cose di questo mondo come gli impegni nella vita sociale.
La sfida per la testimonianza del cristiano non è di chiudersi in una fortezza culturale alternativa di fronte ad una società considerata come persa nel relativismo dei valori, ma di contribuire fermamente e umilmente al dibattito pubblico, misurandosi su quelle forme della cultura, che sembrano sequestrare la coscienza “privata” dalle forme “pubbliche” del vivere e del comunicare. Appunto un tale sequestro induce rappresentazioni del bene dell’uomo riduttivamente sociali, che impegnano la decisione collettiva, e non invece la libertà del singolo. Finché persista di fatto un tale sequestro, la missione della Chiesa dell’annuncio del vangelo di Dio, e quindi dell’invito alla conversione e alla fede apparirà per un lato impertinente, per altro lato ripetitiva e superflua in quanto ripetizione dei luoghi comuni quale dignità della persona, diritti dell’uomo, pace, libertà e giustizia, tutela del creato, e simili (cf. 80s.). A queste problematiche allude il testo di Casazza, che raccomandiamo come un buona introduzione allo status quaestionis della libertà religiosa e dalla laicità nelle società democratiche.
Tratto dalla rivista Lateranum n.2/2013
(http://www.pul.it)
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