I tre libri de "La dotta ignoranza", composti nel 1440 e incentrati su argomenti prettamente teologici, costituiscono un classico del pensiero medievale, la cui modernità risiede nella mondanizzazione del messaggio religioso e nella celebrazione della dignità dell'uomo, argomenti che fanno di Cusano un anticipatore dell'umanesimo.
INTRODUZIONE
Il pensiero di Nicolò da Cusa presenta un grande interesse ed è stimolo di riflessione e di meditazione: ma non solo per se stesso o per quanto ha saputo trasmetterci dell'eredità del passato, degli antichi filosofi, Platone, Aristotele, i Pitagorici, i neoplatonici greci, arabi e cristiani della grande tradizione della Patristica e della Scolastica medievale, o perché prelude in qualche modo ai grandi filosofi moderni, al leibiismo, all'hegelismo, al neokantismo, all'evoluzionismo cristiano di Teilhard de Chardin, a Jaspers e cosí via. Esso colpisce la nostra attenzione soprattutto per la presa di posizione su problemi, sia importanti che complessi, ai quali furono date, allora, altre soluzioni diverse dalla sua. Nel suo tempo, le sue conclusioni furono perdenti. Ma questi problemi riappaio-no di nuovo ora, forse, con una maggiore urgenza e gravità. Quelle altre soluzioni, allora date, diverse dalle sue, che non seppero evitare la terribile lacerazione del cristianesimo operata dalla riforma, possono sembrare insoddisfacenti.
Nicolò da Cusa è stato un pensatore cristiano, che non ha voluto sacrificare nulla del cristianesimo e che, nello stesso tempo, si è sentito ..ed ha voluto essere profondamente filosofo. Egli ci sembra che abbia saputo conciliare le due esigenze. In altre parole, ha dato larghissimo spazio all'elaborazione razionale impiegando tutti gli strumenti logici e speculativi della filosofia a sua disposizione, per cui non si può interpretare 'a sua dottrina, liquidandola, come pur è stato fatto, come quella di un (mistico», di un visionario cristiano, o di uno «scettico», come è accaduto nella storia della sua fortuna.
È stato così detto che Cusano scrive in un latino astruso, secondo più vulgate per noi della fine del Medioevo.
termini desueti e, per questo, alquanto incomprensibili che renderebbero ancora più complesso un pensiero che si dichiarava formulato nello «spectchio e nell'enigma», per tesi assurde e affermazioni contraddittorie. In realtà, la grande umiltà e la modestia di una mente elevatissima, che lo induceva a scusarsi del latino rozzo, concepito da un tedesco 2 e delle espressioni desuete, non devono trarre in inganno.
Le difficoltà della lettura e della comprensione dell'opera del Cusatno nascono più dalla nostra ignoranza che dalla sua scrittura: dalla nostra insufficiente conoscenza cioè degli ambienti e, soprattutto, delle dottrine in cui si formò, della problematica «reale», dell'armamentario logico e concettuale, della terminologia altamente tecnica, e sofisticata, di cui la sua straordinaria preparazione filosofica e religiosa si era nutrita, piuttosto che da oscurità o incongruenze a lui attribuibili.
In altri termini, le difficoltà di comprensione del suo pensiero sono riconducibili in parte alla incompleta conoscenza che noi ancora abbiamo di quella cultura e di quella problematica filosofica e teologica in cui il suo pensiero affonda le radici: e, cioè, quella della fine del secolo XIV e degli inizi del XV. Come è stato rilevato anche da altri studiosi, una storia della filosofia, della scienza e della teologia, attenta al trapasso del secolo XIV nel XV in Europa, ossia una storia della circolazione delle idee per singoli centri, scuole, dottrine e tradizioni, è ancora lungi dall'essere redatta. Cusano è pensatore straordinariamente moderno, e perciò aperto e fiducioso in un dialogo tra Dio, l'uomo e la dottrina rimane ancora profondamente radicata in una problematica legata all'insegnamento filosofico, scientifico teologico della fine del Medioevo, da cui mutua la sua originale e difficile terminologia.