Teologia francescana? Indagine storica e prospettive odierne di una questione aperta
(Convivium assisiense. Sez. Itinera franciscana)EAN 9788830810822
Il volume contiene gli atti di una settimana formativa tenuta ad Assisi nel settembre 2009, e vuol essere uno strumento scientifico-divulgativo diretto in particolare agli studenti del biennio di licenza in teologia e studi francescani dell’IstitutoTeologico di Assisi. Le cinque lezioni che compongono il libro dovevano rispondereal quesito del titolo circa il significato e la legittimita`stessa di una «teologia» o una«scuola» francescana.
Il curatore, PIETRO MARANESI, pone con molta lucidita` la questione centrale («E`esistita una scuola francescana? Lo status quaestionis», pp. 5-73) articolandola sutre livelli: una presentazione sintetica dei nuovi fermenti culturali che hanno interessato la societa`e la teologia del XIII secolo; un’analisi puntuale dell’«intentio»del fondatore della nuova fraternita`circa gli studi e l’impegno culturale; il tentativodi fissare le caratteristiche fondamentali dei maestri francescani del primo secolo,concludendo con una risposta problematica e piuttosto negativa.Diversamente da altri studiosi nettamente schierati per il s?` o per il no, la penetrante lettura dei testi sanfrancescani da parte del relatore coglie un aspetto di polarita`e ambiguita` nella posizione del Poverello di Assisi, che da un lato paventa e diffida i suoi frati dall’imparare «le lettere», in quanto occasione di vanita`e di orgoglionemici della fraternita`, e dall’altro loda e benedice i teologi che dispensano le parolesalutifere del Signore.
Francesco intendeva cos?`salvaguardare per i suoi frati il valore della minorita`tra la gente e insieme quello della cultura a servizio del vangelo,senza tuttavia assumere una posizione univoca ne´ indicare una modalita`risolutiva.Su questo dilemma la comunita` minoritica si e`spaccata fin dalle origini; ma gia` nelcruciale capitolo generale del 1230, su richiesta dello stesso pontefice Gregorio IX,il governo dell’Ordine imboccava la via degli studi teologici, rispondendo alla profonda esigenza di un rinnovamento pastorale della Chiesa del tempo.Da qui partono le prime due grandi scuole teologiche francescane di Parigi e diOxford, fondate pero` da maestri estranei all’esperienza del santo di Assisi, ispirati avisioni sistematiche divergenti della scienza divina: Alessandro di Hales e RobertoGrossatesta. La nutrita serie di dottori fioriti nelle due sedi, al dire di Maranesi,nel far teologia non si e` mai direttamente richiamata alla figura e alla spiritualita`del serafico padre; liberamente rielaborando la tradizione agostiniana con aperturepiu` o meno caute alle nuove dottrine aristoteliche, la scuola parigina si e` poi accentrata nella sintesi sapienziale di san Bonaventura, quella inglese invece nella proposta linguistico-scientifica di Ruggero Bacone, culminando infine nell’accentuazionedell’assoluta potenza e liberta` divine del pensiero di Duns Scoto, da Guglielmo di Ockham condotto fino a un rischioso estremismo.
Mentre presso i maestri domenicani prese presto vigore una chiara e unitariaispirazione al loro sommo dottore Tommaso d’Aquino, formando una vera scuolacompatta di pensiero, tra i francescani, al contrario, oltre all’indecisione del fondatore e all’estraneita` dei due capiscuola, e` mancata una proposta teologica comunitaria omogenea, dedotta dalla loro appartenenza alla spiritualita` minoritica. Nonostante questo, tuttavia, Maranesi stesso non puo` negare che tra i grandi picchi deipensatori francescani e` possibile rilevare sullo sfondo dei legami che li accomunano, alcuni temi e delle scelte recanti il timbro della vita e della «pietas» del padrefondatore, distinguendoli pertanto dai teologi di altre scuole.Le due lezioni che seguono non tematizzano esplicitamente l’interrogativo posto nel titolo del volume, tuttavia sembrano inclinare verso una risposta positivasull’identita`specifica del pensiero dei teologi francescani del primo secolo. LETTERIOMAURO, nell’ampia rassegna della discussione sul rapporto tra fede/ragione, o filosofia/teologia, da sant’Anselmo a Tommaso d’Aquino («Filosofia e teologia nei secoliXII e XIII: un rapporto difficile ma anche necessario?», pp. 75-115) annota che «lascuola francescana di Parigi sembra presentare sin dai suoi esordi una maggiorecompattezza rispetto alla prima generazione di maestri domenicani sia parigini siaoxoniensi, delineando con chiarezza una concezione della teologia come fusione divita e dottrina, tale cioe` da non rifiutare la solidita` delle argomentazioni filosofiche,pur fondandosi sulla solidita` della Rivelazione, e in grado di dialogare con le novita`» filosofiche» (pp. 97-98).
Il modello e`rappresentato dalle opere magisteriali eda altri opuscoli di Bonaventura, nei quali la finalita`essenzialmente pratica e contemplativa del far teologia viene scandita in un cammino scalare che, muovendodalle scienze empiriche, si avvale di quelle filosofiche e sfocia nella visione e fruizione della gloria divina; tutto questo a differenza dell’Aquinate, secondo il quale la ‘‘sacra doctrina’’ «e`eminentemente una scienza speculativa... che indirizza alla compiuta conoscenza di Dio, in cui consiste l’eterna beatitudine» (p. 115).FORTUNATO IOZZELLI («Aspetti dell’esegesi biblica francescana del XIII secolo»,pp. 117-175) documenta la formazione biblica di Francesco dalla fanciullezza nellescuole di Assisi, quindi rileva l’appassionato innamoramento e la continua presenzadella Bibbia nei suoi scritti, caratterizzata non da un’esegesi di tipo scientifico, secondo i quattro sensi, bens?` da un rapporto diretto «da credente che desidera scoprire in essa la volonta` di Dio per potervisi conformare» (p. 128). Iozzelli traccia poi l’evoluzione dell’esegesi biblica nelle scuole teologiche del XII e XIII secolo, esemplificando il loro metodo mediante l’analisi della parabola del buon samaritano (Luca10,25-37) nel commento al vangelo di Luca di san Bonaventura (1248) e in quellodi Pietro di Giovanni Olivi (1280-1295); nell’espressione del samaritano «qui fecitmisericordiam in illum», l’Olivi sembra scorgere una reminiscenza del Testamentodi san Francesco che inizio` la sua conversione appunto «facendo misericordia»con i lebbrosi.
Una certa diffidenza circa una «teologia francescana» si nota anche nella lezione di PIETRO MESSA («E`esistita una teologia francescana? Sondaggi su alcuni temiteologici», 177-210), il quale rinvia agli studi in questione di Leonardo Sileo e di Pietro Maranesi. Da parte sua egli vede nel primo cinquantennio dell’Ordine una rapida pervasione di spirito gioachimita in alcuni gruppi di frati minori della Toscana edella Provenza, intaccando persino il ministro generale Giovanni da Parma, nellapersuasione che la nuova comunita` minoritica rappresentasse l’inveramento escatologico del regno dello Spirito, subentrato a quello di Cristo. Provvidenzialmentela profondita` biblica e la saggezza pratica del successore, san Bonaventura, poterono rettificare le devianti interpretazioni della figura e della missione di Francesco, che brilla s?` nella Chiesa come l’angelo del sesto sigillo e in quanto stigamtizzatoquale «alter Christus», ma cio`«proprio perche´ plasmato dallo Spirito Santo e`statoconformato a Cristo, l’uomo nuovo, il nuovo Adamo» (p. 193).
Questa sintesi bonaventuriana, continua l’autore, motivera` per secoli i francescani, immergendoli neltessuto vivo della storia per plasmarla secondo il progetto dell’Incarnazione del Verbo, come si evince anche dalla loro innovativa teologia dei beni economici, in nomedi un uso delle ricchezze che congiunge eticamente la scelta della poverta`evangelica con una sollecita attenzione al bene comune, concretamente messa in opera daifrati minori mediante una rete istitutiva di «monti di pieta`» in tante citta` italiane.I quattro studi precedenti hanno interpretato il passato, nell’ultima lezione invece ORLANDO TODISCO si interroga sulla forza propositiva della tradizione francescana nel presente e nel futuro della Chiesa e dell’umanita`(«Il pensare filosofico-teologico francescano ha un futuro?», pp. 211-301). Con grande impegno, raccogliendoquanto da qualche decennio egli va meditando e scrivendo sul tema, l’autore presenta qui una «summa» del suo pensiero, proponendo una sua visione filosoficoteologica dell’Intero (su Dio, il mondo, l’uomo, la storia, il destino dell’universo) allaluce di alcuni principi selettivamente attinti alla tradizione agostiniano-francescanadi Bonaventura, Duns Scoto, Guglielmo di Ockham.
Non e` possibile rendere contodi quanto in circa un centinaio di pagine ne ha dedotto; si tratta senza dubbio diuna ricostruzione quasi «ab imis fundamentis» di tutto il pensiero occidentale nellaquale viene dato il benservito a parecchie venerande categorie della tradizione filosofica classica (verita`, ragione, sostanza, identita`, causalita`e altro), tutte a uo direperversamente imparentate con la violenza del potere, e viene impostato un nuovomodo di concepire l’essere, inteso essenzialmente come dono («l’essere e` un ex-sistere, uno stare fuori, sicche´si e` in se´se si e`fuori di se´», p. 213); la verita`come forma delle diverse attuazioni cosmico-storiche del darsi trinitario; il soggetto non piu`«res cogitans», bens?` un «cogitatum», un «volitum» dell’amore liberamente creantedi Dio, e pertanto lui stesso una sovrana liberta` creatrice che a sua volta si realizzain quanto si relaziona e si dona agli altri; il mondo, le sue creature e la storia umanacome un «altare di Dio» significanti «il volto che assume il desiderio di Dio di offrirsi all’uomo, come l’amante all’amato» (p. 294), ecc.
Dopo aver discusso e riorientata nel senso indicato la soluzione di alcuni problemi gnoseologico-ontologici ed etico-sociali che affliggono la modernita` a motivodel suo razionalismo individualistico e dominatorio, acuito dalla controspinta dellaglobalizzazione, nell’ultina ventina di pagine Todisco tratteggia una sua reinterpretazione anche delle maggiori verita` della fede rivelata, contrapponendosi alle degenerazioni della teologia razionalistica che ha dominato sino ai nostri tempi, dellaquale, secondo l’autore, portano la maggiore responsabilita`soprattutto sant’Anselmo e la sintesi inficiata dal pensiero aristotelico-averroistico di Tommaso d’Aquino.
Nelle sue evidenti linee strutturali postmoderne, questa innovativa propostafrancescana, facilitata da uno stile piano con sottostanti tracce heideggeriane e levinasiane, esercita indubbiamente un notevole fascino, tuttavia non sono poche leperplessita`che suscita quando – in nome dell’amore, della liberta`creativa, della relazione, ecc. – sembra esigere il sacrificio dell’intelletto che ragiona, con il rischio diricadere in una forma speculare di un altro soggettivismo arbitrario e relativistico, econtraddittoriamente voler oltrepassare la ragione per mezzo della stessa ragione.Ovviamente, l’affermazione che l’uomo e` un essere pensato e voluto da un puroatto di amore di Dio, suppone una rivelazione d’indole religiosa che oltrepassa leforze della ragione: piu` precisamente una verita`su Dio come padre, quale quella rivelata da Cristo; sennonche´ per il non credente essa appare molto favolosa, frutto piu`che altro di una pia e fideistica aspirazione, estranea alle esigenze di un ragionare uiversalmente accoglibile, cauto e prudente nell’area della trascendenza.
Pertanto, invece dell’opposizione, talvolta gratuita, tra essere e liberta`, esigenze della razionalita` e dell’amore, varrebbe meglio anche qui declinare il pensiero nell’aureometodo della sintesi dell’et, et; del resto, pure la liberta`si da` ontologizzata nell’essere, ne´ potra` mai contraddire la verita` dell’essere senza elidere se stessa. (Stranamente, l’indice dei nomi degli autori – pp. 303-307 – compare sotto il titolo «Indice analitico»).
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LII, 2012, fasc. 3
(http://www.centrostudiantoniani.it)