Dio dell'Europa. Il cristianesimo e l'Islam in un continente che cambia
(Paesi. Situazioni e problemi)EAN 9788830718678
Non è un testo di teologia il volume che segnaliamo, ma la sua lettura interesserà certamente molti tra coloro che praticano la teologia, nel momento in cui essi la comprendano anche come attenzione al nostro tempo ed alle dinamiche religiose che lo attraversano. Il tema è, in effetti, di grande rilevanza: comprendere il presente ed il futuro della fede in Dio in un‘Europa profondamente segnata dall’incontro di cristianesimo ed Islam.
Lo sguardo di Jenkins non si posa tanto sul confronto tra le dottrine delle due grandi religioni monoteiste, quanto piuttosto sulle dinamiche sociali che caratterizzano la loro evoluzione nel contesto europeo. Lo scopo del testo sembra essere soprattutto quello di andare aldilà di alcune letture semplicistiche del fenomeno - spesso purtroppo accolte in modo acritico dai media - per far emergere invece alcuni fondamentali problemi reali legati alla loro interazione. È quanto percepiamo nella lettura delle pagine dedicate al cristianesimo, che evitano di accogliere in modo acritico l’immagine di un suo preteso declino all’interno di un’Europa irreversibilmente destinata alla secolarizzazione. A renderne evidente la parzialità, basterebbe la considerazione delle dinamiche migratorie, che spesso vedono irrompere nel continente europeo presenze fortemente legate alla fede in Cristo, ma neppure sarebbe corretto sottovalutare le risorse spirituali di una tradizione (o di un insieme di tradizioni) che già in più di un’occasione ha saputo rigenerarsi profondamente ed in forme vitali.
Altrettanto superficiale – sottolinea l’A. – è, d’altra parte, lo spettro, anch’esso evocato con troppa facilità, di un’islamizzazione dell’Europa; si tratta di una prospettiva che può essere sostenuta solo sulla base di letture parziali o tendenziose dei dati disponibili. Difficilmente l’Islam potrà nei prossimi decenni superare la sua condizione di minoranza pur significativa, né sarebbe corretto ignorare i profondi mutamenti che esso ha incontrato - ed è destinato ad incontrare - nella sua interazione col complesso contesto socio-religioso europeo. Ci si può, anzi, chiedere se ed in che misura tali mutamenti possano innescare prospettive di cambiamento anche nel mondo musulmano nel suo insieme. Certo, questo non significa pensare ad un Islam che semplicemente si secolarizza, quasi mettendo tra parentesi gli elementi caratterizzanti della sua fede. La domanda riguarda piuttosto la forma che assumerà la sua identità, nel confronto in atto entro le comunità tra minoranze legate ad organizzazioni terroristiche e gruppi più disponibili ad un’interlocuzione più positiva con la realtà europea.
Il testo sostanzia le prospettive che possono orientare nelle due direzioni con una ricca documentazione, che evidenza la forza di ambedue le tendenze, ma anche la complessità del più ampio contesto musulmano in cui esse si collocano. Ma gli interrogativi più interessanti posti da Jenkins riguardano le scelte operate dalla società europee nel loro confronto con l’Islam, tra tentativi di integrazione e opzioni multiculturalistiche. L’una e l’altra prospettiva appaiono almeno in parte inadeguate; certo le modalità scelte per la gestione del cambiamento e di una presenza crescente ed assai variegata rivelano, in particolare, i limiti di un approccio che troppo spesso ha interpretato la laicità in termini di disattenzione per la dimensione religiosa, quasi espungendola dal vissuto sociale. Le stesse chiese cristiane della tradizione europea vedono messa in discussione le loro modalità di presenza sociale, troppo facilmente disponibili ad un’identificazione coi valori dell’Occidente, che non sempre riesce ad evidenziarne limiti ed aporie.
Non, dunque, la mera contrapposizione Islam-Occidente disegna Jenkins, ma piuttosto un gioco a tre, caratterizzato da un complesso gioco di azione-reazione tra le diverse forme dell’Islam e del cristianesimo con un contesto culturale secolare che non può essere identificato con nessuno degli altri due attori. Un libro, insomma, che si legge con interesse e che disegna prospettive e problemi di grande significato per chi voglia pensare il futuro del cristianesimo e della sua interazione in un contesto sempre più articolato. Il costante confronto col contesto statunitense da cui proviene l’A. aiuta a collocare in prospettiva la vicenda del nostro continente - anche se in alcuni casi il lettore europeo può sentirsi disorientato dalle prospettive evocate da Jenkins e magari vorrebbe rivolgere lui stesso alcuni interrogativi all’A..
Sarebbe interessante, ad esempio, esplorare in modo più approfondito il valore ed i limiti del possibile contributo che potrebbero apportare ad un’evoluzione positiva della situazione esaminata i processi di dialogo attivati dalle chiese cristiane – sia tra di loro, sia con le altre presenze religiose. Si ha l’impressione che l’approccio sociologico di Jenkins sottovaluti tale modalità di interazione, quasi vedesse in essa un mero elemento di indebolimento di identità che abbisognerebbero invece soprattutto di maggior vigore. Chi scrive non ritiene che il giusto richiamo ad una maggior attenzione per la specificità ed il valore del cristianesimo debba necessariamente tradursi in una sottovalutazione della rilevanza del dialogo, che, anzi, può offire contributi positivi anche in tal senso.
Tratto dalla rivista "Studi Ecumenici" n. 1/2011
(http://www.isevenezia.it)
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