Il padre Fedele da Fanna dei frati minori 1838-1881
EAN 9788827006894
È un atto meritorio delle Edizioni Porziuncola, con la collaborazione della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani e della Provincia Veneta OFM, l'aver riproposto la biografia del padre Fedele da Fanna scritta dal padre Vittorino Meneghin e pubblicata a Vicenza nel 1940. Si tratta di una ristampa anastatica, priva, rispetto all'originale, della sezione delle Lettere, con un'introduzione e aggiornamento bibliografico della curatrice Barbara Faes, che ne illustra il valore storico e l'opportunità di riproporla a distanza di settant'anni.
Dopo averlo letto con piacere, grazie anche allo stile dell'autore, si può comprendere la fatica «sovrumana» condotta dal padre Fedele da Fanna (1838-1881) nel preparare l'edizione critica degli scritti di san Bonaventura, consumando la propria vita nell'incessante peregrinare per l'Europa del tempo, morendo di tisi, appena quarantaduenne nel 1881, senza vedere compiuta la sua opera. Non un sacrificio per un'inutile erudizione, ma un impegno per ritrovare le autentiche radici di una teologia e di una spiritualità con cui riformare e formare il francescanesimo. Un'impresa che si affiancherà alla riscoperta del san Francesco della storia e delle sue fonti, come avvenuto grazie alla celebrazione del centenario francescano del 1881.
Il testo procede con una classica chiarezza, snodandosi in una serie di dodici capitoli che offrono il quadro globale, a cui si aggiungono tre appendici che danno conto (e idea!) dell'itinerario dei viaggi per l'Europa del tempo di padre Fedele; dei vari personaggi e collaboratori scientifici incontrati nella realizzazione del progetto e, terza, il Catalogo delle biblioteche visitate nella ricerca di codici bonaventuriani. L'esistenza di Giorgio Maddalena, in religione padre Fedele da Fanna (oggi in provincia di Pordenone), secondo l'uso dei Riformati, prende avvio nel Friuli ancora asburgico; gli anni della formazione sono a Venezia, dove incontra la figura che ebbe un ruolo fondamentale nella sua esistenza e nella rinascita del francescanesimo dopo le turbolenze napoleoniche e piemontesi, padre Bernardino Dal Vago da Portogruaro (1822-1895: imprescindibile lo studio su di lui di G. BUFFON, Il tempo di Bernardino da Portogruaro, S. Maria degli Angeli - Assisi 1997). Gli fu docente di teologia e ministro provinciale nel 1855. Il progetto di un'edizione critica degli scritti bonaventuriani scaturiva nel contesto di un recupero delle fonti e di una teologia francescana, a fianco della tradizione tomista, consacrata dall'enciclica Aeterni Patris di Leone XIII (1879).
Un progetto che il padre Bernardino volle affidare al suo antico allievo e che questi porterà avanti con una sorprendente tenacia e determinazione, girando per moltissime biblioteche italiane ed europee, dal 1871 al 1880, trovando appoggio e incoraggiamento più dai dotti del tempo che non dai confratelli, non sempre all'altezza di comprendere il valore scientifico e dei frutti che ne sarebbero scaturiti (cf. p. V). Una ricerca, che permise non solo la collazione di codici bonaventuriani, ma anche l'individuazione di una grande quantità di codici legati alla tradizione filosofica e teologica francescana, successivamente editi. Non venne mai meno l'appoggio del padre Bernardino, pur nei suoi molteplici impegni, anche se non mancarono momenti di difficoltà tra la fretta di questi, eletto ministro generale, di vedere i frutti dell'impresa, e la complessità della ricerca condotta meticolosamente dal protagonista del testo. I criteri della ricerca e gli obiettivi che il padre Fedele si proponeva furono da lui chiaramente esposti nella Ratio novae collectionis pubblicata nel 1874, anno centenario della morte del Dottore Serafico (testo che può considerarsi una specie di autobiografia «ed un solenne propileo della nuova edizione bonaventuriana», p. 85; cf. anche pp. 107-112).
Un progetto enorme per la mole, che non poteva essere condotto da solo, trovando l'aiuto (spesso difficoltoso e non continuativo) di altri frati, soprattutto tedeschi della Provincia della Santa Croce di Sassonia. Nello svilupparsi del piano di ricerca si avvertì la necessità, sempre più impellente, di trovare anche un luogo che potesse unire una comunità in un progetto unitario. Le varie ricerche condussero nel 1877 all'acquisto della Villa Rucellai, in zona Quaracchi, a sette chilometri da Firenze. Luogo ideale e centrale per muoversi, con una tipografia vicina, necessaria dopo la rottura dei rapporti con l'editore inizialmente contattato Marietti di Torino, e primo passo verso la realizzazione di una tipografia interna. Nel 1879, dopo la necessaria ristrutturazione della villa, prendeva vita la prima comunità stabile composta da otto frati, quattro italiani e quattro tedeschi, sotto la presidenza del padre Fedele, riuniti in «Collegio» con uno statuto particolare.
Quando tutto sembrava pronto per vedere, finalmente, l'avvio dell'edizione critica, la tisi venne a colpire il protagonista di tutto il progetto. Si preparò alla morte con grande fede, assistito nei momenti finali dal maestro e padre Bernardino da Portogruaro. La incontrò il 12 agosto 1881. Non ebbe la consolazione di vedere stampato il primo fascicolo che uscì solo nell'ottobre 1882, mentre tutta l'impresa editoriale arrivava a compimento nel 1902. Alla luce della storia attuale, con le sue non facili contingenze, dopo che si è potu„to conoscere anche la successiva gloriosa storia di Quaracchi (cf. Editori di Quaracchi 100 anni dopo. Bilancio e prospettive, a cura di A. Cacciotti e B. Faes de Mottoni, Roma 1997), hanno un suono amaro per noi le parole con cui il padre Meneghin chiudeva il suo lavoro sull'opera di padre Fedele: «Se l'edizione di S. Bonaventura [...] fu per la scienza un inestimabile acquisto, per p. Fedele e per quanti lo coadiuvarono un premio prezioso, e per le generazioni che a loro succedettero un incalcolabile vantaggio, ciò si avveri anche per le opere cui si continua ad attendere oggi in S. Bonaventura di Quaracchi. La nuova storia sia degna dell'antica. Le onorate e splendide tradizioni di questa casa non devono morire. E non morranno» (p. 248).
La storia ha le sue inevitabili durezze. Benvenuto allora questo testo che ci parla di un tempo che non è più e che ha almeno il merito – come afferma la curatrice – di mantenere una memoria perché i Francescani riscoprano un loro confratello e trovino in lui un esempio al quale ispirarsi, ma più in generale perché chi studia il pensiero di Bonaventura non sulle traduzioni ma sul testo critico di Quaracchi, sappia chi c'è stato in carne e ossa dietro di esso, quale genesi e vicissitudini ha avuto, il duro e lungo lavoro costato» (p. VII).
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" L, 2011, fasc. 1
(http://www.centrostudiantoniani.it)