Gesù di Nazaret
EAN 9788826314488
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DETTAGLI DI «Gesù di Nazaret»
Tipo
Libro
Titolo
Gesù di Nazaret
Autore
Schlosser Jacques
Traduttore
Valentino C.
Editore
Borla Edizioni
EAN
9788826314488
Pagine
320
Data
2002
Peso
313 grammi
Dimensioni
12.5 x 21 cm
COMMENTI DEI LETTORI A «Gesù di Nazaret»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Gesù di Nazaret»
Recensione di Giuseppe Segalla della rivista Studia Patavina
“Rifiutando gli approcci sensazionalistici e scegliendo di non avvalersi della luce fornita dalla fede cristiana, J. Schlosser traccia il ritratto del Gesú della storia come lo comprende oggi la ricerca scientifica. Attraverso un’analisi critica dei testi e una considerazione chiara e minuziosa del contesto dell’epoca, l’autore dissocia Gesú, personaggio storico, dal Cristo della fede”. Così presenta il libro la quarta di copertina, includendolo praticamente nella prima ricerca, positivista o neopositivista. L’intenzione del professore di Strasbourg, un esegeta ben noto per la sua serietà scientifica, è ottima. Egli intende presentare la persona storica di Gesú a un laico studioso di storia, prescindendo dalla fede, in maniera da creare un ponte fra studiosi credenti e non credenti (Introduzione). La trattazione è vivace e si legge volentieri perché accompagna il lettore nella sua ricerca; si vede che l’a. domina sovranamente le fonti primarie come anche la letteratura secondaria con equilibrio critico e ricorrendo ad una scelta bibliografica essenziale. La bibliografia finale, generale e per capitoli (301-306) come anche il breve glossario didattico (pp. 307-313) sono ulteriormente volti ad aiutare il lettore colto, ma non specialista.
E tuttavia avrei due osservazioni critiche generali da muovere. Anzitutto l’impressione che ha il lettore è di camminare su sabbie mobili ove tutto o quasi è incerto e ci si chiede alla fine cosa rimane della figura storica di Gesú; in altre parole mi sembra prevalga la tendenza ad un minimismo storico, giustificato quasi solo dalla Tendenzkritik (tutto ciò che proviene dalla fede è storicamente sospetto). E qui muoverei una seconda obiezione, più radicale. Il libro si conclude con questa affermazione di principio “Lo storico non è qualificato per (meglio sarebbe “a”) pronunciarsi sulle scelte da fare tra l’incredulità e la fede” (p. 300). In realtà l’a. esclude la fede e con ciò tende all’incredulità, non nel senso di rifiuto della fede, ma nel senso di uno scetticismo radicale nei confronti della fede. Mi chiedo se tale posizione rispetta la natura dei testi, che sono insieme documenti di storia e testimonianze di fede. Come si possono interpretare, anche a livello storico, senza tener conto della fede, che è pure un dato storico? Si può prescindere dal giudizio di fede che ha selezionato i fatti e li ha raccontati così? Si può separare il fatto dalla sua interpretazione? L’alternativa è quella di includere la fede, non nostra, ma dei testimoni, sia pure criticamente. La fede dei testimoni non crea necessariamente la storia che raccontano. Raccontano una storia accaduta, ma la raccontano perché per loro questa storia era di una importanza straordinaria. Tolta da questo contesto, la vicenda di Gesú si impoverisce proprio di quell’elemento che l’ha resa degna di essere raccontata. Come includere la fede dei testimoni nella memoria e tradizione di Gesú in forma critica rimane un problema aperto ovviamente. Vorrei solo segnalare una proposta diversa, che supera la critica letteraria (delle fonti scritte) su cui si fonda totalmente Schlosser, per riandare criticamente alla tradizione orale, che ha lasciato i suoi segni nel racconto evangelico e che ricupera in tal modo l’insieme di documento storico e testimonianza di fede che dà vita al documento, il quale senza la testimonianza rischia di morire o di evaporare in una congerie di ipotesi. Il libro cui alludo è quello recente di D.G. DUNN JAMES, Jesus remembered (Christianity in the Making, 1), Eerdmans Publ. Company, Gran Rapids, Michigan/Cambridge, U.K. 2003. Questo per dire che anche la critica più acuta e intelligente, come questa di Schlosser, non va mai considerata quasi un dogma scientifico, ma un risultato aperto a sua volta alla critica sia di chi ha fede sia di chi non l’ha.
Vorrei segnalare un banale errore di pagina in una prossima edizione: nell’indice il capitolo secondo “Gesú e il suo gruppo” inizia non a pag. 98, ma 97.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
E tuttavia avrei due osservazioni critiche generali da muovere. Anzitutto l’impressione che ha il lettore è di camminare su sabbie mobili ove tutto o quasi è incerto e ci si chiede alla fine cosa rimane della figura storica di Gesú; in altre parole mi sembra prevalga la tendenza ad un minimismo storico, giustificato quasi solo dalla Tendenzkritik (tutto ciò che proviene dalla fede è storicamente sospetto). E qui muoverei una seconda obiezione, più radicale. Il libro si conclude con questa affermazione di principio “Lo storico non è qualificato per (meglio sarebbe “a”) pronunciarsi sulle scelte da fare tra l’incredulità e la fede” (p. 300). In realtà l’a. esclude la fede e con ciò tende all’incredulità, non nel senso di rifiuto della fede, ma nel senso di uno scetticismo radicale nei confronti della fede. Mi chiedo se tale posizione rispetta la natura dei testi, che sono insieme documenti di storia e testimonianze di fede. Come si possono interpretare, anche a livello storico, senza tener conto della fede, che è pure un dato storico? Si può prescindere dal giudizio di fede che ha selezionato i fatti e li ha raccontati così? Si può separare il fatto dalla sua interpretazione? L’alternativa è quella di includere la fede, non nostra, ma dei testimoni, sia pure criticamente. La fede dei testimoni non crea necessariamente la storia che raccontano. Raccontano una storia accaduta, ma la raccontano perché per loro questa storia era di una importanza straordinaria. Tolta da questo contesto, la vicenda di Gesú si impoverisce proprio di quell’elemento che l’ha resa degna di essere raccontata. Come includere la fede dei testimoni nella memoria e tradizione di Gesú in forma critica rimane un problema aperto ovviamente. Vorrei solo segnalare una proposta diversa, che supera la critica letteraria (delle fonti scritte) su cui si fonda totalmente Schlosser, per riandare criticamente alla tradizione orale, che ha lasciato i suoi segni nel racconto evangelico e che ricupera in tal modo l’insieme di documento storico e testimonianza di fede che dà vita al documento, il quale senza la testimonianza rischia di morire o di evaporare in una congerie di ipotesi. Il libro cui alludo è quello recente di D.G. DUNN JAMES, Jesus remembered (Christianity in the Making, 1), Eerdmans Publ. Company, Gran Rapids, Michigan/Cambridge, U.K. 2003. Questo per dire che anche la critica più acuta e intelligente, come questa di Schlosser, non va mai considerata quasi un dogma scientifico, ma un risultato aperto a sua volta alla critica sia di chi ha fede sia di chi non l’ha.
Vorrei segnalare un banale errore di pagina in una prossima edizione: nell’indice il capitolo secondo “Gesú e il suo gruppo” inizia non a pag. 98, ma 97.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2004, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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