Infanzia e memoria
(Fondazione Carlo Marchi. Quaderni)EAN 9788822255853
Il volume curato da Mimma Bresciani Califano pubblica il settimo ciclo di conferenze Sapere & Narrare, promosse dal Centro Fiorentino di Storia e Filosofia della Scienza, intorno al tema Infanzia e Memoria. L’iniziativa è sostenuta dalla Fondazione Carlo Marchi per la diffusione della cultura e si avvale della collaborazione della Società Italiana per lo studio dei rapporti tra Scienza e Letteratura il cui intento è favorire il dialogo tra discipline diverse. I contributi delle conferenze rappresentano aree di saperi letterari e scientifici, ciascuno dei quali ha una produttività rilevante sul tema dell’infanzia e gli influssi che essa esercita sulla vita individuale e sociale come fonte di esperienza, di immaginazione e di significati. Tra di essi due sono i contributi di genere psicologico. Il primo, presentato da Romana NEGRI, Personalità e memoria fetale, si riferisce agli studi che l’autrice conduce sulla vita intrauterina da più di venti anni, avvalendosi di sistematiche rilevazioni ecografiche a cominciare dalla 7a settimana di vita del feto.
Studi recenti di autori diversi concordano nel ritenere che movimenti e attività del feto sono indicativi della sua vitalità e anche delle disposizioni comportamentali postnatali. La «personalità fetale», di cui si parla a partire dalla 14a settimana, si organizzerebbe attraverso l’interazione tra fattori genetici ed esperienze sensoriali della vita intrauterina e sarebbe il nucleo protomentale della successiva personalità. A supporto di queste ipotesi, Romana Negri, tra le tante osservazioni registrate in lunghi anni di seguimento dei nascituri, riporta quelle condotte su tre coppie di gemelli dizigoti, cresciuti in due placente e sacchi totalmente separati. Le disposizioni più o meno vivaci di motilità, attività prensile, contatti con la placenta e con il corpo del gemello, registrate durante la loro rispettiva vita uterina, risultano in continuità con le successive disposizioni alla maggiore o minore estroversione, socievolezza, relazionalità e bisogno di apprendere osservati nei singoli gemelli nel percorso della loro crescita per oltre venti anni. Molti sono gli interrogativi senza risposta sollevati da queste osservazioni. Tuttavia, l’Autrice evidenzia in particolare le domande plausibili che confluiscono da due versanti di fattori concorrenti: l’ambiente che offre l’utero materno e le risorse legate al programma genetico del feto. «L’utero costituisce l’ambiente dove il bambino fruisce di esperienze che sono in qualche misura significative per il suo sviluppo mentale extrauterino e quindi anche condizionate da molti fattori materni che siano di carattere endocrino, metabolico, in rapporto alle peculiari condizioni fisiche ed emotive, ma anche in rapporto al modo con cui la madre sceglie di portare il prodotto durante la gestazione? ». D’altro lato, annota l’Autrice, «vi possono essere bambini “costituzionalmente” più forti riguardo al superamento di esperienze sfavorevoli già nella vita prenatale così come si disporranno ad esserlo nella vita postnatale, mentre vi sono bimbi costituzionalmente più fragili e quindi meno in grado di superare esperienze negative o vissute come tali già nella vita intrauterina»(p. 30). La relazione di Benedetta GUERRINI DEGL’INNOCENTI, Uno sguardo nel tempo.
Il bambino nella psicoanalisi, focalizza la considerazione data al bambino nelle teorie psicoanalitiche a partire da Sigmund Freud, attraverso Anna Freud, Melanie Klein, Donald Winnicott, Margaret Mahler fino a John Bowlby, vale a dire dalla focalizzazione della sessualità a quella della relazionalità e della sicurezza, dalla ricostruzione dell’infanzia a partire dalle narrazioni dei pazienti, alla relazione madre e bambino disturbato, all’osservazione dell’accudimento e della disponibilità emozionale offerti al bambino dalla madre/caregiver in situazioni comuni. Se la teoria di Bowlby, confermata da una vasta letteratura, evidenzia come «in primo luogo lo stile di attaccamento infantile dipenda dalla qualità delle cure materne ricevute e in secondo luogo che lo stile dei primi rapporti di attaccamento influenzi, in misura considerevole, l’organizzazione precoce della personalità, soprattutto il concetto che il bambino avrà di sé e degli altri »(p. 48), resta inconfutabile che non tutti i bambini prosperano o falliscono nel loro sviluppo secondo le attese prospettate. Quindi è indispensabile che nella terapia si presti attenzione all’una più che all’altra prospettiva teorica in quanto si presta meglio a comprendere le esperienze della persona in cerca di aiuto, mentre non deve accadere il contrario, cioè che la persona sia “incasellata” nei parametri della teoria del terapeuta. Il contributo di Massimo LIVI BACCI, Nascite e figli, tra scelta e costrizione, di genere socioculturale, evidenzia perplessità, problemi e bisogni che condizionano oggi i genitori a far nascere i figli; orientamenti assai diversi da quelli che guidavano le famiglie in culture di tempi e luoghi differenti dai nostri.
Documentandosi con opportuni dati storici, sociali e culturali, l’Autore evidenzia come le trasformazioni demografiche indicano che il “valore” dei figli è collegato a determinate circostanze e necessità che impongono atteggiamenti e priorità nelle coppie. I tassi estremamente bassi di natalità, rilevati oggigiorno in alcune nazioni tra cui l’Italia dove si registra meno di un figlio per donna, impongono una riflessione sulle condizioni scatenanti. La riflessione è tanto più necessaria quando si considera un dato che compare in modo coerente nelle indagini empiriche: giovani uomini e giovani donne, indipendentemente dalle condizioni del reddito e dal livello socioculturale, desiderino mediamente più di due figli, mentre ne fanno nascere di meno. Il fatto indica che circostanze sociali ed economiche - che potrebbero essere rimosse - rendono molto alto il “costo” dei figli. Non meno inquietante la considerazione, peraltro inevitabile, che una società in cui il numero delle nascite decresce sistematicamente (il dato di meno di due figli per coppia non tende a calare) non può sostenersi e alla lunga il declino numerico porta alla sua involuzione. Gli altri contributi presenti nel libro sono di genere letterario. In essi, in rapporto al tema degli incontri - Infanzia e Memoria - torna il leitmotiv: l’infanzia è il tempo incantato del contatto magico con la realtà che, filtrata dagli occhi e dalla mente del bambino, appare serena e affascinante. L’età adulta perde questo contatto primitivo con il mondo; l’uomo si scontra con la durezza della realtà, con il disincanto della ragione, con le asprezze della storia.
Non per questo perde il ricordo dell’età felice, della mitica “età dell’oro”. L’infanzia ricercata nella memoria individuale e collettiva è presente soprattutto nelle opere letterarie, in cui finzione poetica e simboli narrativi trasfigurano la realtà. I saggi letterari presentati tornano sul tema rivestendolo con gli accenti particolari dell’opera che commentano. In sintesi i contenuti. Enrico GUIDETTI, nel contributo Infanzia, memoria e storia universale, mette in luce l’immagine dell’infanzia che Giacomo Leopardi sviluppa nella sua poetica analizzando diversi testi dello Zibaldone. Nel saggio che commenta L’isola di Arturo di Elsa Morante, Mimma BRESCIANI CALIFANO mostra come la visione infantile di un ragazzo, in cui sogno e realtà si confondono, lascia nella sua adolescenza drammaticamente il posto alla cruda realtà della storia, di cui gli uomini sono malamente responsabili. La vita adulta, marcata dalla corruzione e dal male, dissolve irrimediabilmente le illusioni e l’innocenza dell’infanzia. La memoria poetica di questo tempo irrevocabilmente perduto è l’unico sollievo a cui attingere per lenire i mali della vita. Riccardo DI DONATO, in Infanzia e memoria di Odisseo. Una lettura del canto di Euriclea, presenta il memoriale dell’infanzia di Ulisse. Il racconto della nutrice restituisce al fuggiasco la sua identità e gli permette di attuare il piano di riconquista dell’isola e di ricongiungersi alla sposa. Ancora una ricostruzione dell’infanzia è il saggio di Giovanni MANETTI, L’infanzia di Tarzan e la memoria dei bambini selvaggi. É la storia di un bambino selvaggio trasfigurata nel racconto letterario di Edgar Rice Burroughs, pertanto totalmente diversa dalle testimonianze scientifiche sui bambini selvaggi reali. Per concludere torno alla domanda che percorre tutto il volume.
Davvero la fanciullezza è l’età d’oro della nostra vita? Davvero «quello che furono gli antichi, siamo stati noi tutti»(Leopardi)? Paolo ROSSI nel saggio che apre il libro, Bambini e furori, guarda criticamente la prospettiva primitivistica che identifica «l’età infantile con un valore e la maturità un disvalore». Ogni valutazione realistica vede che il bambino ha la visione del mondo che gli viene mediata dagli adulti e che si muove nel mondo umano e fisico in base alle disposizioni che hanno contribuito a plasmare le esperienze emozionali scambiate con le persone adulte che gli sono state più vicine. Nel vissuto di certi bambini non ci sono solo i segni della sofferenza talora profonda, ma c’è anche malizia, aggressività e cattiveria. A conferma l’Autore riporta citazioni di pensatori e documentazioni storiche. Lo confermano altresì gli articoli di indole scientifica ospitati nel volume. Constatando che «le immagini del bambino sono state costruite e sono costruite dagli adulti e queste immagini variano molto, mentre i bambini nascono oggi con lo stesso patrimonio genetico di potenzialità con il quale nascevano molte centinaia di migliaia di anni fa» (p.17), Rossi invita a guardare dentro di noi con un occhio più lucido e responsabile. Se l’esperienza infantile, come constatiamo quotidianamente, racchiude il limite, il dolore e il male, è auspicabile che noi adulti, edotti da tante conoscenze che ci sono messe a disposizione dalla cultura e dall’esperienza, agiamo realisticamente e saggiamente per guidare i nostri bambini ad approdi adulti significativi, sereni, pacifici.
Tratto dalla Rivista di Scienze dell'Educazione n. 1/2009
(http://www.pfse-auxilium.org)
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