Non è mai semplice fare un’equilibrata disamina del rapporto tra i principi cristiani e i codici culturali delle varie compagini partitiche del panorama politico italiano, tra cui c’è chi si autoarroga (all’occorrenza!) il patentino di fedeltà ai valori evangelici. Il tentativo, poi, diventa arduo ma coraggioso quando la disamina viene applicata a un movimento politico, come quello della Lega Nord, i cui membri, almeno in una cospicua parte, si professano praticanti o quantomeno credenti. È ciò che si prefigge l’autore del testo, offrendo ai lettori un saggio che «non è scritto contro qualcuno, ma è scritto per chi, leghista, antileghista o menefreghista voglia cercare di capire ed agire per migliorare le cose esistenti» (p. 10).
I sei capitoli, intorno cui si articola lo studio, mirano a coinvolgere un pubblico certamente più vasto del semplice lettore appassionato della politica. Infatti, a beneficio di chi si considera leghista e credente, sollecita alla rivisitazione di molti aspetti del movimento padano in palese contraddizione con i principi del cristianesimo: da una parte, vi è sì la strenua difesa della presenza di crocifissi nei locali pubblici o dei cosiddetti valori non negoziabili, ma anche la tenace opposizione all’islam, allo straniero in quanto tale e al Sud del paese-Italia, quasi fossero dei nemici da abbattere. Inoltre, richiama la necessità di uno studio più attento di questo partito, se non altro in quanto il più longevo nell’attuale panorama partitico italiano. Infine, a beneficio di chi
– anche alla luce delle recenti e gravi vicissitudini interne – intendesse liquidare frettolosamente la Lega Nord come semplice movimento populista, ricorda che esso continua ad annoverare un numero considerevole di elettori e, per questo, meritevole di attenzione. È in questo contesto che il si può essere cattolici e votare Lega?, interrogativo posto come sottotitolo, vuole pro-vocare la riflessione su di un movimento che, in diverse circostanze e attraverso i suoi leaders, fa di tutto per distinguersi in fatto di dichiarazioni aggressive, minacce di secessionismo e una ben definita finalità: l’indipendenza di un territorio. Sì, perché la finalità precipua è proprio il «riconoscimento internazionale (della Padania) quale Repubblica Federale indipendente e sovrana» (Statuto art. 1).
E certamente non è accessorio l’ulteriore punto di domanda che l’autore, quasi a interpellare se stesso, pone all’attenzione del lettore: «Come è possibile che degli elettori, favorevoli ad una certa visione della società e della politica [la visione del mondo leghista], si professino sinceramente cattolici e, in alcuni casi, siano addirittura preti o vescovi?» (p. 10). Le numerose dichiarazioni dei leaders del movimento, riportate nei vari capitoli a supporto del ragionamento sviluppato dall’autore, fanno per davvero sorgere molti e seri dubbi sulla cattolicità della Lega Nord. Non solo. Le parole forti, che negli anni hanno prodotto consenso e si sono trasformate in modello culturale, suscitano un quantitativo abnorme di interrogativi sul come, questo movimento, possa adoperarsi per il principio che dovrebbe animare ogni azione politica: il bene comune. Il coacervo degli aspetti identitari della Lega è davvero impressionante: si va dai contenuti dell’opuscolo Io, giovane padano al malcelato desiderio di costruire più muri che ponti; dalle continue e pervicaci violenze verbali verso le persone (l’avversario politico di turno; l’extracomunitario in quanto tale; i preti e vescovi non leghisti…) all’idolatrato e indiscusso capo supremo; dall’uniformità di pensiero a quella del colore (le camicie verdi); dall’ossessione della ricerca del consenso sociale, giustificante la tanto sbandierata legittimazione, al riferimento costante al “popolo leghista”, che sollecita la salvaguardia delle radici padane e, quindi, una Padania libera, indipendente e sovrana: ciò lascia pensare che si è in presenza di un «movimento eversivo, razzista e tendenzialmente totalitario, che ha come unico obiettivo la conquista e la gestione del potere» (in nota a p. 15). Se poi, a tutto questo, si aggiungono sia la delirante idea di Borghezio di costituire una chiesa del Nord sia un farneticante tentativo di gemellaggio con “organizzazioni sorelle” e, cioè, movimenti ultranazionalisti presenti in altre nazioni europee, come pure l’organizzazione di un mondiale di calcio “parallelo”, non si può che essere preoccupati. L’invito dell’autore è, dunque, ad andare oltre le pittoresche dichiarazioni dei leaders, tese ad accarezzare le orecchie del plaudente partecipante alle varie adunanze di partito, ma che nascondono l’idea di razzismo, spacciata per rivendicazione di riappropriarsi della propria identità, storia, cultura, lingua. E finisce col tramutarsi in razzismo differenzialista laddove, in nome della diversità rispetto all’extracomunitario, vuole che ciascuno stia a casa sua; oppure laddove, nella consapevolezza di essere più ricchi (il Nord), ratifica l’esclusione di chi è in ritardo nella scala sociale (il Sud); oppure laddove auspica il federalismo (prospettiva intermedia), in vista della secessione (fine ultimo). È, dunque, ragionevole aspettarsi che, attraverso l’analisi delle idee politiche, dei principi etici, delle concezioni religiose della Lega Nord e degli aspetti del cattolicesimo recepiti o ritenuti come “indigeribili” dal movimento, non manchino pagine che, proprio per uno sguardo realistico, possono suscitare indignazione nell’animo del lettore leghista. Il primo capitolo ne è un esempio eloquente: l’autore affronta il delicato tema delle possibili affinità tra Lega Nord e mafia, sottolineandone, tuttavia, le relative differenze.
Come pure, nello sviluppare (ultimo capitolo) gli aspetti fondamentali della teologia che l’ambiente leghista – che si professa credente e praticante – dovrebbe riscoprire, il lettore può imbattersi in passaggi che potrebbero suscitare, almeno immediatamente, qualche perplessità in quanto ad esegesi biblica. Infatti, con l’aver opportunamente ripreso e specificato il significato di “cattolico” (cf. nota a p. 147), l’autore sottolinea il fatto che la parola di Dio va liberata da un’ottica micrologica: «Mosè, Platone, Buddha, Confucio, Gesù, Maometto… sono “luoghi” in cui l’Unico ha parlato e si è donato all’intero genere umano. Nessuno di questi “canali” è totalmente immune da parzialità e scorie» (pp. 141-142). Si potrebbe far rilevare all’autore che il racconto neotestamentario racconta di Gesù di Nazaret, Dio della e nella storia, non come un luogo, ma il luogo della piena manifestazione di Dio Padre. Dunque, non un canale come gli altri o una verità tra le tante, pur rispettabilissime, ma la Verità (Gv 14,6) e il canale che ricapitola tutti gli altri (cf. Ef 1,3-10). La Scrittura sacra va sicuramente liberata da schemi non al passo coi tempi: tuttavia, è pur vero che non si presta a forzate interpretazioni! Comunque, al di là della dialettica teologica su questioni che certamente meriterebbero gli opportuni approfondimenti, il saggio si propone al lettore con un’accurata quanto lucida analisi della “cultura leghista” (dal primo al terzo capitolo), nel raffronto con i principi della teologia cattolica (quarto e quinto capitolo) e con una parte finale (quinto e sesto capitolo) dove si procede a una sorta di screening medico (diagnosi e terapia) a beneficio del degenteLega. Per questo, risulta essere sia un’interessante inchiesta sul rapporto tra Lega Nord, cattolicesimo e chiesa sia un’ottima possibilità di ri-pensare la propria identità culturale e di fede (in particolare, per il lettore leghista)
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-2/2015
(http://www.pftim.it)
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