Il giardiniere di Tibhirine
(Il pozzo. Seconda serie) [Con sovraccoperta]EAN 9788821570728
Imonaci algerini di Tibhirine rapiti e poi assassinati nel 1996 «non erano eroi e non avrebbero gradito questo epiteto (...). Ciò che (...) costituisce il valore inestimabile della loro testimonianza fa riferimento a due elementi: questi uomini avevano capito (...) che la vita comunitaria custodiva una forza non comune. Inoltre, e anche se la loro vocazione monastica non aveva all’origine questa dimensione “missionaria”, hanno amato profondamente la gente a cui “erano inviati”. Così la loro testimonianza non è inutile: (...) può fiorire ovunque. (...) Ecco ciò che ho avuto la gioia di scoprire, calpestando questa terra che ha accolto degli uomini di Dio, donati agli altri, profeti di una speranza che può diffondersi ben al di là dei contrafforti dell’Atlante». Sono le appassionate parole dell’a., sacerdote della Mission de France e agronomo che da una decina d’anni si prende cura del monastero su incarico dell’allora arcivescovo di Algeri, mons. H. Teissier, che firma la Postfazione.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2011 n. 8
(http://www.ilregno.it)
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Giuliano Magurano, gmagura@alice.it il 24 febbraio 2012 alle 14:34 ha scritto:
Il film "Uomini di Dio" che racconta per immagini la drammatica storia dei monaci di Tibhirine, vittime nel 1996 di un gruppo di estremisti islamici, si conclude, in maniera opportuna, non mostrando l'eccidio, ma con una lunga sequenza che mostra i monaci salire faticosamente nella neve, scortati dai loro carnefici, e quell'ascesa, nella luce ovattata della neve che fiocca lentamente, trasfigura il dramma imminente, in un cammino di ascesi, come quello di nostro Signore Gesù Cristo verso il Calvario. Il film ci ha mostrato come quei monaci non fossero affatto degli eroi, e non erano votati al sacrificio e al martirio, erano "martiri", questo sì, nel senso di testimoni della fede, servi fedeli della parola debole in un paese ostile in cui la Parola che testimoniavano era per forza minoritaria. Allora il loro servire si manifestava nella quotidianità, pregando il Signore nei tempi previsti dalla regola monastica e servendo fraternamente il prossimo, rappresentato dai vicini islamici, lavorando insieme la terra, curando e assistendo i malati. Per non venire meno a questo impegno quotidiano, umile e semplice, pienamente evangelico, alla fine invece di defilarsi e fuggire, come avrebbero potuto, sono rimasti, andando incontro a un martirio non cercato né voluto, che tuttavia ha amplificato, malgrado loro, il loro semplice messaggio d'amore per il prossimo, di servizio gratuito per l'altro, chiunque esso sia, e a qualsiasi fede appartenga. Ecco, chi si è fermato a quella scena finale del film, può avere la sensazione che qualcosa si sia irrimediabilmente inceppato e interrotto. Allora, per vincere la tentazione della rassegnazione, bisogna leggere il testamento spirituale di Padre Cherghé, pure opportunamente contenuto in questo libro, che da solo vale più di mille discorsi sull'ecumenismo, perché intriso di una testimonianza vera, vissuta pienamente giorno per giorno e suggellata con la propria vita; e bisogna leggere di questo sacerdote, Jean-Marie Lassausse, esperto agrario e con alle spalle molte esperienze missionarie, che si è assunto il compito, dopo qualche anno di silenzio, di riannodare i rapporti fra il monastero e la popolazione locale di fede islamica, lì dove si erano tragicamente interrotti. Questo libro è così un seme di speranza che può far comprendere come Dio, attraverso i suoi figli, non si stanca mai di seminare, e come anche dalle esperienze più terribili si possa far rifiorire l'amore e la speranza. In questo caso, la metafora della fioritura, cessa di essere metafora e diviene realtà perché il narratore del libro, sacerdote / contadino, fa proprio rifiorire il giardino del monastero che era rimasto incolto dopo la dipartita dei monaci, e insieme a questa fioritura, che non può fare da solo, ma deve avvalersi del lavoro manuale di collaboratori locali, rifioriscono anche i rapporti umani, che la violenza aveva brutalmente interrotto, vincendo le barriere della lingua, della cultura e della fede diversa, nello spirito di quello che è il contenuto autentico del messaggio lasciato dai monaci di Tibhirine.