Sulle rovine di noi. Parole e immagini per L'Aquila
(Dimensioni dello spirito)EAN 9788821566387
Aprile, scriveva Eliot all’inizio della sua Terra desolata, è il mese più crudele dell’anno. Giovanni D’Alessandro, tra i migliori narratori italiani del nostro tempo, cultore della poesia inglese del primo Novecento, riprende l’incipit del The Waste land per descrivere il terremoto che lo scorso 6 aprile ha distrutto, assieme al centro storico dell’Aquila, le vite di centinaia di vittime e l’esistenza di migliaia di sopravvissuti. Lo scrittore ripercorre, in tre racconti diversissimi tra loro, pur se sempre incentrati sulla città abruzzese, il rapporto con la città che fu e quella che potrebbe tornare a essere: nel primo rievoca un episodio autobiografico, una notte magica passata insonne nella meravigliosa città addormentata durante un agosto della sua giovinezza. Il vero protagonista della narrazione non è lo scrittore adolescente, bensì la città, la sua atmosfera incantata, le sue chiese romaniche, le sue strade lastricate, i suoi palazzi aristocratici – ma abitati anche da gente comune, non trasformati necessariamente in banche o negozi di moda all’ultimo grido: anche questa è una caratteristica del capoluogo abruzzese. Quindi dà voce ad una serie di personaggi che raccontano in prima persona la tragica esperienza: si sofferma tra l’altro sullo sciacallaggio di certo mondo giornalistico; sulla speranza, sostenuta dalla fede, di una vecchia che ha visto scomparire, assieme alla casa, la possibilità del ritorno – almeno d’estate – dei figli emigrati; sullo stupore dei volontari, spinti a paragonare i disastri del terremoto alle ferite che la guerra ha inferto a Beirut; chiude infine sull’innocente incoscienza di una bambina, addirittura divertita dall’esperienza di andare a vivere nelle tende (come gli indiani!)… Infine il romanziere che ha fatto il proprio meraviglioso esordio con Se un Dio pietoso, romanzo sulla bellezza e sull’arte ambientato nella Sulmona del primo Settecento, si cimenta con una immaginaria cronaca coeva di un evento, purtroppo, non immaginario: il terremoto che sconvolse l’Aquila nel 1703. Il Vicario dei Regolari indirizza al cardinale Ottoboni una lunga lettera in cui descrive il viaggio effettuato per recarsi nella città colpita dal sisma: l’epistola termina con il toccante intrecciarsi tra l’elegante descrizione settecentesca e il sintetico resoconto di alcuni cronisti del 2009 che commentano per il telegiornale regionale le parole rivolte dal Papa a tutti coloro che sono stati colpiti dall’evento, le esequie dei morti, la messa a Montesilvano degli sfollati, celebrata dal parroco della stessa chiesa abbattuta dal sisma di tre secoli prima. Due eventi diversi, due epoche diverse, una stessa volontà di riprendersi. I tre struggenti racconti di D’Alessandro sono accompagnati dalle fotografie di Stefano Schirato, fotografo abruzzese che ha avuto modo di essere apprezzato per il suo lavoro di fotogiornalismo ed è stato pubblicato anche sulle pagine di prestigiose riviste (Vanity Fair, Washington Post, Le Figaro Magazine). Le immagini di Schirato si fondono perfettamente con il testo dei racconti, in un volume dall’ampio formato e dalla particolare cura, che vuole rispondere alla furia del terremoto con un opera di bellezza che sembra il preludio alla ricostruzione di quelle magnificenze architettoniche che hanno per quasi un millennio fatto de L’Aquila e del suo motto («Immota manet») un simbolo dell’attaccamento ai valori della Tradizione.
Tratto dalla rivista Radici Cristiane n. 50 - Gennaio 2010
(http://www.radicicristiane.it)